Così, ormai, al paesaggio si unisce, nelle politiche dei territori, un'unica azione: "la conservazione".
Che però, nella pratica, è una non azione.
Perché non si può pensare di poter preservare il risultato di un'attività dinamica come quella della mezzadria poderale, che ha generato nel corso di secoli, un paesaggio che non era altro che il risultato visivo di pratiche agronomiche di gestione ed utilizzo del fondo agricolo, vocato mera alla sussistenza della famiglia mezzadrile e all'agio della famiglia padronale, con un semplice contenimento di azioni tendenti a modificarne i segni che ne identificano il profilo.
Parcellare agrario dalle forme geometriche con prevalenza di campi rettangolari posizionati a scacchiera delimitati da una fitta rete di canali e scoli campestri.
Colture promiscue su campi a seminativi, con filari di viti maritate agli alberi tutori o aceri campestri posti alle prode degli appezzamenti, con altre alberature lungo strade e canali, prevalentemente gelsi; alternate a seminativi nudi con colture cerealicole, foraggere e industriali anche irrigue.
Colture arboree specializzate di vigneti, oliveti e frutteti nell’alta pianura e nelle propaggini collinari. Praterie naturali e artificiali nella bassa pianura umida.
Forte presenza di pascoli per allevamento soprattutto bovino e suino.
Pioppete nella bassa pianura, lungo i canali e le residue zone umide.
Qualcuno vuol far forse credere che sia preservato nelle pertinenze di qualche agriturismo coperte da verdi prati all'inglese?
Prode costituite da filari di vitigni appoggiati ad alberi tutori, che delimitano stretti campi, oggi abbandonati all'erba.
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