A pochi chilometri da Pierino c'è la pista da motocross Santa Barbara.
Ieri vi si correva la prima della quattro tappe dei Campionati Internazionali d'Italia Motocross 2011.
Le prossime, tutte nel mese di marzo, si svolgeranno a Faenza (RA), Cingoli (MC) e Gazzane di Preseglie (BS)
Già dall'inizio della settimana gli organizzatori avevano allestito la cartellonistica con le indicazioni per raggiungere l'impianto sportivo, e la collocazione e relativo allestimento dei parcheggi, ricavati nei campi che si affacciano lungo la strada per il crossdromo.
Nei giorni scorsi, un pensierino sull'andare a vedere, ce l'avevo fatto.
Ma, ieri, già dalle 10 del mattino stava piovendo. Così ho pensato che non era il caso.
Oggi, sull'ora di pranzo, sono passato davanti alla pista, e mi sono fermato a curiosare.
C'era ancora qualche camion e qualche camper di piloti e scuderie straniere.
Non sono sceso neppure di macchina, dappertutto c'era una spessa coltre di fango, e pozze d'acqua.
Le aree parcheggio presentavano dei profondi solchi nel fango. Chissà come hanno fatto ad uscirne ieri, mi sono chiesto.
La pista, poi, appariva devastata.
Stasera mi sono messo a curiosare sul web se c'era qualche immagine della gara.
Ho trovato un filmato su di un blog (http://www.ruscibar.it/2011/02/28/video-e-classifiche-degli-internazionali-di-cross-2011-a-ponte-egola/).
Nel video, dal quale ho tratto queste immagini, si vede l'inferno di fango nel quale hanno gareggiato i concorrenti.
lunedì 28 febbraio 2011
domenica 27 febbraio 2011
la realizzazione della trincea drenante
Con Daniele ed Alessandro ci siamo messi nell'impresa di realizzare l'ormai famosa trincea drenante a difesa della scarpata, lungo la strada che porta da casa alla capanna.
Il progetto prevedeva la realizzazione di uno scavo profondo circa 3-3,5 metri, e lungo circa 20-25 metri, che avrebbe dovuto girare a monte della scarpata, e la posa di un tessuto drenante che ho acquistato direttamente dalla Harpo, società triestina specializzata in prodotti per l'edilizia, l'ingegneria civile ed ambientale, un materiale chiamato ENKADRAIN.
Dopo poche bennate di escavatore, a poco più di 2 metri di profondità, abbiamo intercettato la vena d'acqua che tiene instabile il ciglione. L'acqua la vedevamo scendere copiosa.
Proseguendo lo scavo, dopo pochi metri, la natura de terreno è mutata completamente. Inizialmente il terreno era principalmente costituito da un misto prevalentemente limoso, dalla struttura molto allentata, fessurato come una vera e propria spugna, con forte presenza organica. Alla profondità di circa 3 metri, era presente un banco prevalentemente argilloso.
Nel proseguire lo scavo, abbiamo trovato una formazione molto compatta costituita da sabbie tufacce che diventavano sempre più compatte nel proseguire lo scavo. E già dopo poco più di un metro di scavo all'interno di questa formazione, l'escavatore iniziava a fare molta fatica nell'operare.
Era chiaro che non aveva nessun senso continuare a scavare all'interno del blocco di tufo. Tanto più che la parte alta dello scavo, quella più immediatamente superficiale, denotava la presenza di un primo strato di terreno "mosso" misto con prevalenza limosa, separato dalla formazione tufacea da una serie ravvicinata di lamine di natura argillosa, che di fatto impermeabilizzavano il banco di tufo.
Abbiamo eseguito un saggio più a monte, lungo la direttrice di progetto dello scavo, e abbiamo trovato, alla stessa profondità, la medesima natura del terreno.
Ho così deciso di modificare il progetto e limitare la realizzazione della trincea drenate al primo tratto realizzato.
Nel frattempo, il primo tratto realizzato ha iniziato a franare. Le pareti, assolutamente destrutturate, appesantite dall'acqua, più venivano toccate, più crollavano.
Abbiamo faticato un po' a creare una trincia stabile.
Poi abbiamo montato la barriera drenante e l'abbiamo inserita nello scavo, e poi lo abbiamo riempito.
La base della trincea si è trovata ad essere al disotto del piano stradale, e quindi ho dovuto modificare anche il progetto dello scarico della trincea, che non poteva più avvenire nella fossa alla base della scarpata, ma dove essere realizzato a valle della strada stessa.
Ieri mattina abbiamo provveduto alla sistemazione della trincea, e questa mattina abbiamo realizzato l'attraversamento della strada e lo scarico della trincea.
Nella notte è avvenuto un fatto direi "strano".
Mentre ieri l'acqua usciva solo dalla vena presente nella trincea. Stamani si vedeva uscire acqua anche da uno scarico di un drenaggio presente a pochi metri, lungo il ciglione a monte della strada. Da quando sono qui a Pierino ho visto uscire acqua da quel tubo solo dopo l'ultimo smottamento avvenuto il 17 scorso. Prima non avevo visto uscire acqua da quel tubo, tanto che mi chiedevo cosa ci stava a fare.
Poco fa sono andato a controllare. Dallo scarico della trincea drenate esce un sottile filo d'acqua, mentre dal vecchio tubo esce molta più acqua.
Probabilmente già lo smottamento del 17 scorso aveva parzialmente interrotto la vena d'acqua presente nel corpo della scarpata, tanto che l'acqua fuoriusciva in parte da una frattura formatisi sulla scarpata, e in parte aveva ripreso ad uscire dal tubo di drenaggio probabilmente messo allo scopo di intercettare proprio quella vena.
La realizzazione della trincea, ed il suo riempimento dovrebbero aver di nuovo modificato il corso della vena, magari interrompendolo, o strozzandolo, tanto da riportare in funzione il vecchio drenaggio.
Mah...
Staremo a vedere, intanto ho lì fermi, 2/3 del materiale drenante che ho acquistato.
Comunque, la realizzazione della trincea è stata l'occasione per demolire la porzione di serra che non utilizzavo più come ricovero attrezzi.
Appena il tempo (atmosferico e lavorativo) me lo permetterà, nello spazio precedentemente occupato dalla serra realizzerò il mio orto.
Il progetto prevedeva la realizzazione di uno scavo profondo circa 3-3,5 metri, e lungo circa 20-25 metri, che avrebbe dovuto girare a monte della scarpata, e la posa di un tessuto drenante che ho acquistato direttamente dalla Harpo, società triestina specializzata in prodotti per l'edilizia, l'ingegneria civile ed ambientale, un materiale chiamato ENKADRAIN.
Dopo poche bennate di escavatore, a poco più di 2 metri di profondità, abbiamo intercettato la vena d'acqua che tiene instabile il ciglione. L'acqua la vedevamo scendere copiosa.
Proseguendo lo scavo, dopo pochi metri, la natura de terreno è mutata completamente. Inizialmente il terreno era principalmente costituito da un misto prevalentemente limoso, dalla struttura molto allentata, fessurato come una vera e propria spugna, con forte presenza organica. Alla profondità di circa 3 metri, era presente un banco prevalentemente argilloso.
Nel proseguire lo scavo, abbiamo trovato una formazione molto compatta costituita da sabbie tufacce che diventavano sempre più compatte nel proseguire lo scavo. E già dopo poco più di un metro di scavo all'interno di questa formazione, l'escavatore iniziava a fare molta fatica nell'operare.
Era chiaro che non aveva nessun senso continuare a scavare all'interno del blocco di tufo. Tanto più che la parte alta dello scavo, quella più immediatamente superficiale, denotava la presenza di un primo strato di terreno "mosso" misto con prevalenza limosa, separato dalla formazione tufacea da una serie ravvicinata di lamine di natura argillosa, che di fatto impermeabilizzavano il banco di tufo.
Abbiamo eseguito un saggio più a monte, lungo la direttrice di progetto dello scavo, e abbiamo trovato, alla stessa profondità, la medesima natura del terreno.
Ho così deciso di modificare il progetto e limitare la realizzazione della trincea drenate al primo tratto realizzato.
Nel frattempo, il primo tratto realizzato ha iniziato a franare. Le pareti, assolutamente destrutturate, appesantite dall'acqua, più venivano toccate, più crollavano.
Abbiamo faticato un po' a creare una trincia stabile.
Poi abbiamo montato la barriera drenante e l'abbiamo inserita nello scavo, e poi lo abbiamo riempito.
La base della trincea si è trovata ad essere al disotto del piano stradale, e quindi ho dovuto modificare anche il progetto dello scarico della trincea, che non poteva più avvenire nella fossa alla base della scarpata, ma dove essere realizzato a valle della strada stessa.
Ieri mattina abbiamo provveduto alla sistemazione della trincea, e questa mattina abbiamo realizzato l'attraversamento della strada e lo scarico della trincea.
Nella notte è avvenuto un fatto direi "strano".
Mentre ieri l'acqua usciva solo dalla vena presente nella trincea. Stamani si vedeva uscire acqua anche da uno scarico di un drenaggio presente a pochi metri, lungo il ciglione a monte della strada. Da quando sono qui a Pierino ho visto uscire acqua da quel tubo solo dopo l'ultimo smottamento avvenuto il 17 scorso. Prima non avevo visto uscire acqua da quel tubo, tanto che mi chiedevo cosa ci stava a fare.
Poco fa sono andato a controllare. Dallo scarico della trincea drenate esce un sottile filo d'acqua, mentre dal vecchio tubo esce molta più acqua.
Probabilmente già lo smottamento del 17 scorso aveva parzialmente interrotto la vena d'acqua presente nel corpo della scarpata, tanto che l'acqua fuoriusciva in parte da una frattura formatisi sulla scarpata, e in parte aveva ripreso ad uscire dal tubo di drenaggio probabilmente messo allo scopo di intercettare proprio quella vena.
La realizzazione della trincea, ed il suo riempimento dovrebbero aver di nuovo modificato il corso della vena, magari interrompendolo, o strozzandolo, tanto da riportare in funzione il vecchio drenaggio.
Mah...
Staremo a vedere, intanto ho lì fermi, 2/3 del materiale drenante che ho acquistato.
Comunque, la realizzazione della trincea è stata l'occasione per demolire la porzione di serra che non utilizzavo più come ricovero attrezzi.
Appena il tempo (atmosferico e lavorativo) me lo permetterà, nello spazio precedentemente occupato dalla serra realizzerò il mio orto.
sabato 26 febbraio 2011
la partita di pallavolo
Palazzetto dello sport di Ponte a Egola.
Stasera le ragazze di Paolo, la squadra di pallavolo femminile della Polisportiva Casa Culturale di San Miniato Basso, che disputano in campionato interprovinciale di serie D, hanno giocato contro il Pallavolo Fucecchio.
Una sorta di derby...
La partita è finita 3 a 1 per la squadra allenata da Paolo.
Stasera le ragazze di Paolo, la squadra di pallavolo femminile della Polisportiva Casa Culturale di San Miniato Basso, che disputano in campionato interprovinciale di serie D, hanno giocato contro il Pallavolo Fucecchio.
Una sorta di derby...
La partita è finita 3 a 1 per la squadra allenata da Paolo.
venerdì 25 febbraio 2011
la doppia via dell'allevamento
Mattinata nel bresciano.
C'era una volta un mondo particolare, che viveva chiuso dentro le corti delle cascine. Il padrone in villa, che aveva la facciata sulla via maestra, e una strada che girava di lato, lungo il lato della cascina che si allungava verso i campi, con le pareti che avevano solo finestre, senza neppure una porta. Nell'angolo opposto partiva la stalla, con sopra, spesso, il fienile. Girando ancora, voltando il terzo angolo, c'erano il granaio, e la porta che immetteva nella corte. Al centro c'era un'aia mattonata su cui si aprivano le logge e le porte delle cascine abitate dai coloni.
Stamani si sente una campana che rintocca, sorda, nel riverbero di sole radente, che taglia la foschia padana.
La corte della cascina è vuota e silenziosa. Il mattonato dell'aia è coperto da una coltre di fango.
Non si capisce per chi suona la campana, la villa padronale è scurita, le persiane corrose, la porta sbarrata.
Le logge sono ingombre di cose vecchie, coperte di polvere resa fango dall'umidità dell'inverno.
Le porte delle cascine dei coloni, alcune sono aperte, ma dentro è vuoto, buio.
Anche le vacche non vivono più in cascina. Si sono trasferite anche loro.
La loro stalla è appena fuori il cascinale, costruita in uno di quelli che erano i campi attorno.
Oggi, in epoca di quote latte, l'allevatore è pensieroso.
Ha vacche che sono autentiche macchine da latte, con mammelle gonfie da fare impressione, da cui escono decine di litri di latte due volte al giorno.
Guarda i suoi stallieri indiani, che incolonnano le vacche verso la sala mungitura.
Guarda le mangiatoie ricolme, e le vacche che mangiano il foraggio.
C'era una volta un mondo particolare, che viveva chiuso dentro le corti delle cascine. Il padrone in villa, che aveva la facciata sulla via maestra, e una strada che girava di lato, lungo il lato della cascina che si allungava verso i campi, con le pareti che avevano solo finestre, senza neppure una porta. Nell'angolo opposto partiva la stalla, con sopra, spesso, il fienile. Girando ancora, voltando il terzo angolo, c'erano il granaio, e la porta che immetteva nella corte. Al centro c'era un'aia mattonata su cui si aprivano le logge e le porte delle cascine abitate dai coloni.
Stamani si sente una campana che rintocca, sorda, nel riverbero di sole radente, che taglia la foschia padana.
La corte della cascina è vuota e silenziosa. Il mattonato dell'aia è coperto da una coltre di fango.
Non si capisce per chi suona la campana, la villa padronale è scurita, le persiane corrose, la porta sbarrata.
Le logge sono ingombre di cose vecchie, coperte di polvere resa fango dall'umidità dell'inverno.
Le porte delle cascine dei coloni, alcune sono aperte, ma dentro è vuoto, buio.
Anche le vacche non vivono più in cascina. Si sono trasferite anche loro.
La loro stalla è appena fuori il cascinale, costruita in uno di quelli che erano i campi attorno.
Oggi, in epoca di quote latte, l'allevatore è pensieroso.
Ha vacche che sono autentiche macchine da latte, con mammelle gonfie da fare impressione, da cui escono decine di litri di latte due volte al giorno.
Guarda i suoi stallieri indiani, che incolonnano le vacche verso la sala mungitura.
Guarda le mangiatoie ricolme, e le vacche che mangiano il foraggio.
Guarda i box ben impagliati.
Guarda il letame raschiato dalle lettiere, e il liquame scivolare verso la prevasca.
Lo vedo pensieroso l'allevatore.
Guarda il letame raschiato dalle lettiere, e il liquame scivolare verso la prevasca.
Lo vedo pensieroso l'allevatore.
Col pensiero è alle vacche che si incolonnano verso la sala di mungitura, ma l'occhio è lì, sul mucchio di letame.
E poi si volta. Getta lo sguardo alla tramoggia di alimentazione, ha sentito il motore azionarsi.
Il letame delle sue vacche sta entrando nel digestore, troverà dei batteri ben nutriti, che trasformeranno parte del carbonio organico volatile presente nel letame e nel liquame in un gas ricco di metano.
E con questo gas ricco di metano, chiamato biogas, fa funzionare dei motori che generano energia elettrica che vende alla rete.
E' la doppia via dell'allevamento. Fa impressione percorrere la statale da Orzinovi a Manerbio, a destra e sinistra della strada è un susseguirsi di stalle e cupole di biodigestori.
L'allevatore è pensieroso.
Oggi, con i costi attuali dei foraggi, producendo latte perde soldi, ma le vacche non producono solo latte, ma anche letame e liquame, fanno i loro naturali "bisogni".
Si ha l'impressione che è grazie alla merda della vacche che oggi l'allevatore sta in piedi.
E poi si volta. Getta lo sguardo alla tramoggia di alimentazione, ha sentito il motore azionarsi.
Il letame delle sue vacche sta entrando nel digestore, troverà dei batteri ben nutriti, che trasformeranno parte del carbonio organico volatile presente nel letame e nel liquame in un gas ricco di metano.
E con questo gas ricco di metano, chiamato biogas, fa funzionare dei motori che generano energia elettrica che vende alla rete.
E' la doppia via dell'allevamento. Fa impressione percorrere la statale da Orzinovi a Manerbio, a destra e sinistra della strada è un susseguirsi di stalle e cupole di biodigestori.
L'allevatore è pensieroso.
Oggi, con i costi attuali dei foraggi, producendo latte perde soldi, ma le vacche non producono solo latte, ma anche letame e liquame, fanno i loro naturali "bisogni".
Si ha l'impressione che è grazie alla merda della vacche che oggi l'allevatore sta in piedi.
E questo lo rende pensieroso...
giovedì 24 febbraio 2011
non ho dubbi in proposito, ma...
Su quanto sia importante produrre energia elettrica "anche" attraverso la tecnologia del solare fotovoltaico, non ho dubbi.
E lo dico cercando di usare tutta l'onestà intellettuale che mi è possibile.
Non ho dubbi sul fatto che il solare fotovoltaico non è "la" soluzione, ma può e deve essere una delle soluzioni praticabili.
Non ho dubbi sul fatto che oggi il solare fotovoltaico ha una buona maturità tecnologica, ma può e deve ancora migliorarsi.
Non ho dubbi sul fatto che si debba andare ad utilizzare le fonti energetiche, soprattutto quelle di natura rinnovabile, la dove sono presenti, e sfruttabili.
Non ho dubbi sul fatto che risorse energetiche rinnovabili più rare come l'acqua ed il vento, la dove sono presenti, vadano utilizzate pur richiedendo uno sforzo di accettazione maggiore.
Non ho dubbi sul fatto che risorse energetiche rinnovabili più disponibili, come il sole, vadano utilizzate con maggiore discrezione e con minore sforzo di accettazione.
Dato che il sole è ovunque, è bene utilizzarlo, intanto, la dove gli impianti interferiscono meno con il contesto comune.
Non sono contro gli impianti fotovoltaici a terra, anche in zona agricola, "ma" certi interventi ritengo che sia più opportuno farli utilizzando prima altre tipologie di aree.
A14, all'altezza di Cesena. Impianto fotovoltaico con moduli ad inseguimento, che si muovono cioè inseguendo la miglior inclinazione rispetto alla posizione del sole, durante la sua evoluzione diurna. Sono impianti che consentono una maggiore producibilità per unità di superficie impiegata. Ottima la soluzione tecnologica, infelice la collocazione di moduli alti circa 6 metri, in aperta campagna, tra le abitazioni dalle quali è irrimediabilmente compromessa la visione e la percezione del paesaggio, creando un ostacolo alla visuale.
Diversa la percezione di un impianto realizzato con pannelli posti in prossimità del suolo.
Uscita Poggibonsi Nord, sul raccordo autostradale Firenze-Siena. Pur in presenza di un impianto adagiato sul versante della collina, tra coltivazioni ed abitazioni sparse, ai margini di una zona industriale, la percezione visiva è molto poco interferita.
L'intervento può piacere o meno, ma non copre la visuale generale.
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