domenica 31 gennaio 2010
carnevale
Giornata in maschera per la mia bimba.
Agnese ha scoperto Michael Jackson grazie al grande battage mediatico seguito alla sua morte. Tanto che "This is it", è , per adesso, una delle sue canzoni preferite. Giorni indietro aveva comperato, con la sua mamma, un cappellino che poteva sembrare uno dei cappellini, a forma di piccola tuba, che Michael Jackson usava portare.
Rovistando nel suo armadio siamo riusciti ad improvvisare il resto della maschera. Un paio di pantaloni neri, delle scarpe dorate, una camicia bianca con delle perline sul colletto ed hai polsi, un bustino coperto di brillantini ed un giubbino di pelle. Il trucco del volto (bianco) e i capelli hanno rifinito la maschera.
Nel pomeriggio siamo andati al carnevale di San Miniato Basso. Lo fanno da 34 anni. E' una delle tante iniziative di socializzazione popolare che nascevano negli anni '70, all'interno delle Case del Popolo. Questa è andata oltre la fine del millennio, della caduta delle ideologie, della trasformazione delle Case del Popolo in circoli ricreative, ed andata oltre anche la scomparsa di molti degli ideatori, riuscendo anche in un ricambio generazionale.
Ci sono passato dentro anch'io. Dapprima come bimbo mascherato, poi come trattorista per i carri ed aiuto ai mastri carrai, e adesso come babbo che porta la figlia al corso mascherato.
Dapprima piccolina che fa i suoi giri sopra ai carri, seguendoli in processione, fino a quest'anno, con i suoi 10 anni compiuti, che appena arrivata, con la bomboletta delle stelle filanti in mano, si è infilata nel gruppo dei suoi amichetti, e si è fatta il carnevale assieme a loro, senza la mia presenza in processione.
Credo che come quest'anno non si era ancora divertita al carnevale...
sabato 30 gennaio 2010
a Pierino si sta caldi, davvero
Qualche giorno fa ho fatto una prova.
Ad ottobre dello scorso anno ho acceso la stufa a pellet, dopo che ormai i pannelli solari termici non erano più in grado di tenere caldi i 200 litri d'acqua presenti all'interno dell'accumulo, ad almeno 55°. Il sistema di riscaldamento all'interno della mia casa è fatto così: Gli ambienti sono riscaldati da una serpentina posata sotto al pavimento di piastrelle. All'interno della serpentina circola acqua calda prelevata da un serbatoio di accumulo da 200 litri, collocato nel sottoscala. Dallo stesso serbatoio viene prelevata l'acqua calda cosiddetta sanitaria, quella cioè che esce dai rubinetti e dalle docce di casa.
L'acqua del serbatoio viene riscaldata da due pannelli solari termici posti sul tetto, con un circuito chiuso separato, la cui circolazione si attiva con temperature al fluido, superiori ai 45°. Il serbatoio viene riscaldato nei mesi più freddi, di fatto da ottobre a quasi tutto aprile, attraverso un altro circuito chiuso separato, collegato ad una stufa a pellet Edilkamin Hidro da 11 kW. La stufa è dotata di una caldaia che riscalda l'acqua del circuito. L'accensione della stufa è comandata da un sensore di temperatura posto sul serbatoio di accumulo. Quando la temperatura dell'acqua all'interno del serbatoio scende di 3° rispetto alla temperatura impostata, la stufa si accende, cede i 3° al serbatoio e si spegne.
In casa ci sono poi due termostati ambiente, uno al piano terra, che solitamente tengo impostato sui 24°, e l'altro nel piano superiore, in una camera, che tengo impostato sui 23°. Quando il termostato invia il segnale di temperatura al di sotto di quella impostata, la pompa di circolazione del riscaldamento a pavimento si mette in moto, l'acqua circola e la temperatura del serbatoio scende, quindi si accende la stufa che riportato a temperatura il serbatoio, si spegne. L'acqua circola ancora, e quindi la stufa si riaccende. Ripristinata la temperatura impostata sul termostato, tutto si spegne.
Lunedì scorso ho spento i termostati alle 7,00 del mattino. Il termometro che ho in soggiorno segnava 23°. Martedì sera rientro in casa alle 21,00, controllo il termostato, che segnava 20°. In 38 ore la casa aveva disperso solo 3°. Ho riacceso i termostati. Non so' in quanto tempo in casa la temperatura è tornata quella di prima, al mattino i termostati erano comunque in stand-by, ma la stufa, quella notte, aveva consumato un intero sacchetto di pellet. Ed un sacchetto di pellet ogni due giorni è il consumo medio di questi mesi, che sono i più freddi dell'anno.
Morale, da lunedì mattina a mercoledì mattina ho di fatto consumato un solo sacchetto di pellet, tenendo i termostati staccati, e martedì sera ho trovato la casa più fredda. Se avessi tenuto i termostati in funzione, da lunedì mattina a mercoledì mattina avrei consumato lo stesso un solo sacchetto, con la differenza che martedì sera avrei trovato la casa calda come al solito.
Stasera la luna piena illumina Pierino. Le foto di questo post sono state scattate pochi minuti fa.
Ad ottobre dello scorso anno ho acceso la stufa a pellet, dopo che ormai i pannelli solari termici non erano più in grado di tenere caldi i 200 litri d'acqua presenti all'interno dell'accumulo, ad almeno 55°. Il sistema di riscaldamento all'interno della mia casa è fatto così: Gli ambienti sono riscaldati da una serpentina posata sotto al pavimento di piastrelle. All'interno della serpentina circola acqua calda prelevata da un serbatoio di accumulo da 200 litri, collocato nel sottoscala. Dallo stesso serbatoio viene prelevata l'acqua calda cosiddetta sanitaria, quella cioè che esce dai rubinetti e dalle docce di casa.
L'acqua del serbatoio viene riscaldata da due pannelli solari termici posti sul tetto, con un circuito chiuso separato, la cui circolazione si attiva con temperature al fluido, superiori ai 45°. Il serbatoio viene riscaldato nei mesi più freddi, di fatto da ottobre a quasi tutto aprile, attraverso un altro circuito chiuso separato, collegato ad una stufa a pellet Edilkamin Hidro da 11 kW. La stufa è dotata di una caldaia che riscalda l'acqua del circuito. L'accensione della stufa è comandata da un sensore di temperatura posto sul serbatoio di accumulo. Quando la temperatura dell'acqua all'interno del serbatoio scende di 3° rispetto alla temperatura impostata, la stufa si accende, cede i 3° al serbatoio e si spegne.
In casa ci sono poi due termostati ambiente, uno al piano terra, che solitamente tengo impostato sui 24°, e l'altro nel piano superiore, in una camera, che tengo impostato sui 23°. Quando il termostato invia il segnale di temperatura al di sotto di quella impostata, la pompa di circolazione del riscaldamento a pavimento si mette in moto, l'acqua circola e la temperatura del serbatoio scende, quindi si accende la stufa che riportato a temperatura il serbatoio, si spegne. L'acqua circola ancora, e quindi la stufa si riaccende. Ripristinata la temperatura impostata sul termostato, tutto si spegne.
Lunedì scorso ho spento i termostati alle 7,00 del mattino. Il termometro che ho in soggiorno segnava 23°. Martedì sera rientro in casa alle 21,00, controllo il termostato, che segnava 20°. In 38 ore la casa aveva disperso solo 3°. Ho riacceso i termostati. Non so' in quanto tempo in casa la temperatura è tornata quella di prima, al mattino i termostati erano comunque in stand-by, ma la stufa, quella notte, aveva consumato un intero sacchetto di pellet. Ed un sacchetto di pellet ogni due giorni è il consumo medio di questi mesi, che sono i più freddi dell'anno.
Morale, da lunedì mattina a mercoledì mattina ho di fatto consumato un solo sacchetto di pellet, tenendo i termostati staccati, e martedì sera ho trovato la casa più fredda. Se avessi tenuto i termostati in funzione, da lunedì mattina a mercoledì mattina avrei consumato lo stesso un solo sacchetto, con la differenza che martedì sera avrei trovato la casa calda come al solito.
Stasera la luna piena illumina Pierino. Le foto di questo post sono state scattate pochi minuti fa.
venerdì 29 gennaio 2010
un po' di storia di Pierino
Scopro Pierino all'inizio del mese di aprile del 2007, e nel giro di un mese mi accordo con il proprietario per un compresso d'acquisto condizionato all'approvazione di una richiesta di permesso permesso a costruire la mia nuova casa in bioedilizia.
Nella seconda di giugno consegniamo il progetto. Nella commissione edilizia di fine luglio, il progetto acquisisce un parere favorevole, ed il progetto è inviato alla sovrintendenza per il parere relativo al vincolo paesaggistico presente sul sito.
Il parere arriva in settembre, e così ad ottobre formalizzo l'acquisto di Pierino. Tra novembre e febbraio completo la documentazione per l'ottenimento della concessione edilizia.
All'inizio di marzo del 2008, pago gli oneri e ritiro la concessione edilizia.
In aprile demolisco il rudere, recuperando tutto il materiale possibile, mezzane, mattoni e blocchi di tufo. Li userò per realizzare alcuni muri di contenimento per il giardino.
Ai primi di maggio scavo la cassaforma per le fondamenta, ed in tutto il mese le getto.
Ai primi di giugno sul basamento di calcestruzzo viene stesa una pellicola isolante, per l'umidità.
La mattina di martedì 10 giugno 2008, arriva il primo camion con i primi pezzi della casa.
Parcheggia al crossdromo, e con un camion con gru, trasbordiamo due pareti alla volta, e le portiamo fino a Pierino.
Alle 13,00 viene posata la prima parete, alle 17,00 il piano terra è terminato.
Il mattino del giorno dopo iniziano subito a montare il ponteggio e a realizzare il solaio del primo piano.
Alle ore 14,00 il solaio è terminato e cominciano a montare le pareti del primo piano.
Alle ore 9,00 del 12 giugno, le pareti del primo piano sono montate. Alle 17,00 il solaio del tetto è ultimato.
Il 28 luglio dormiamo a Pierino.
giovedì 28 gennaio 2010
partita a bocce
Stasera grande serata di bocce.
Era tantissimo tempo che dicevo ad Alberto, il più grande dei miei due nipoti, che mi sarebbe piaciuto fare una partita a bocce con lui.
Quando abitavo a San Miniato Basso, in una porzione del giardino, avevo costruito una pista in terra battuta per giocare a bocce.
Con il mio babbo avevamo messo anche le luci, e d'estate, con gli amici, ci giocavamo molto. Accendevamo il forno e cuocevamo un numero spropositato di pizze.
Sono anni che non ci giochiamo più su quella pista, adesso è completamente coperta d'erba.
Stasera ce l'ho fatta. Quasi tutti i giovedì, il mio nipote va ad allenarsi alla bocciofila di Monsummano. Alberto è un campione di Raffa. Ma non per dire, è campione italiano disabili da tre anni consecutivi. Negli ultimi 5 anni ha vinto il titolo 4 volte, ed una volta si è classificato secondo. Come dire che negli ultimi 5 campionati nazionali assoluti ha perso una sola partita.
Si allena con i suoi amici, e guarda caso stasera erano in tre, quindi io ho avuto la fortuna di fare il quarto. Io ho fatto coppia con Simone, mentre Alberto ha giocato in coppia con Luigi. L'inizio della partita è stato favorevole per noi. Dopo i primi 4 lanci stavamo 4 a 1. Alberto doveva ancora scaldarsi. Quando è entrato in partita, con altri 6 lanci il punteggio è cambiato, e abbiamo perso 12 a 6.
Io e Simone abbiamo ottenuto di poter rigiocare, per la rivincita, ma non c'è stata storia. Ormai Alberto aveva raggiunto il suo consueto stato di concentrazione, e ci ha lasciato un solo punto: 12 a1.
In tutta la serata credo che abbia messo 3 o 4 delle sue bocce bianche con il tricolore, lontane più di un metro dal pallino, e nella seconda partita sono state pochissime le sue bocce a più di 50 cm dal pallino.
Con quel ritmo, alla lunga non può che vincere. Non solo è molto preciso a mettere a punto, ma è anche capace di bocciare, magari con non molta forza, ma non sbaglia.
Nella pista di fianco a quella dove giocavamo noi, stavano giocando quattro signori del circolo, erano molto bravi, ma Alberto avrebbe fatto la sua figura anche con loro.
Quando sono tornato a Pierino, una luna quasi piena, alta, sopra il ciliegio, illuminava nitidamente tutta la valle.
mercoledì 27 gennaio 2010
dalla finestra del sindaco
Il mio lavoro mi permette, spesso, di vedere il mondo da punti di vista particolari.
Uno di questi punti di vista sono le finestre degli uffici dei sindaci con cui mi trovo a dialogare.
Nel tempo ho raccolto una piccola collezione, che di fatto però è andata un po' dispersa nel trasloco che di fatto non ho mai compiuto.
Così un po' di foto le ho qui con me, nella memoria del pc, mentre altre, le più, le ho disseminate dentro al mia vecchia casa di San Miniato Basso.
Chissà che adesso questo blog non possa diventare il nuovo contenitore di questa collezione.
Tanto per cominciare voglio pubblicare la prima foto della collezione, e le tre più recenti.
Cortona AR, vista su piazza della repubblica, 28 aprile 2005.
Cagli PU, vista su piazza Matteotti, 9 settembre 2009
Pamparato CN, vista sul borgo, 14 gennaio 2010.
Castiglione d'Orcia, vista sulla vald'orcia, 27 gennaio 2010.
Uno di questi punti di vista sono le finestre degli uffici dei sindaci con cui mi trovo a dialogare.
Nel tempo ho raccolto una piccola collezione, che di fatto però è andata un po' dispersa nel trasloco che di fatto non ho mai compiuto.
Così un po' di foto le ho qui con me, nella memoria del pc, mentre altre, le più, le ho disseminate dentro al mia vecchia casa di San Miniato Basso.
Chissà che adesso questo blog non possa diventare il nuovo contenitore di questa collezione.
Tanto per cominciare voglio pubblicare la prima foto della collezione, e le tre più recenti.
Cortona AR, vista su piazza della repubblica, 28 aprile 2005.
Cagli PU, vista su piazza Matteotti, 9 settembre 2009
Pamparato CN, vista sul borgo, 14 gennaio 2010.
Castiglione d'Orcia, vista sulla vald'orcia, 27 gennaio 2010.
martedì 26 gennaio 2010
neve sulle onde del mare
Secondo giorno di lavoro lungo la costa marchigiana.
La notte è stata un po' tribolata. Ho sentito il mare per tutto il tempo, rumoreggiava sordo, costante.
Stamani la pioviggine c'era ancora, e la spiaggia di sassi, solitamente frequentata a quest'ora da numerosi passeggiatori, stamani era deserta. In mare, dondolante sopra ad onde lunghe, un peschereccio si muoveva, per un verso e poi per l'altro, davanti alla costa.
Verso le 9,00 lasciamo Fano per Pesaro, e lungo la statale adriatica, che corre tra le colline che arrivano fino a pochi metri dal mare, e la ferrovia, poggiata sui sassi della spiaggia, la pioggine si trasforma in neve, man mano più fitta.
Di tanto in tanto, oltre i binari, si riesce a vedere il mare, mosso da schiumose onde bianche. Faceva effetto vedere cadere la neve sulla schiuma della battigia.
Dopo Pesaro ridiscendiamo verso sud. Verso Ancona. La neve si trasforma di nuovo in pioggia. In città fa freddo, con gelide gocce d'acqua che mi si infilano nel collo, colando dai capelli fradici di pioggia.
Nel primo pomeriggio ripartiamo per la Toscana. Leggiamo che nevica da Pesaro a Imola, così decido di tagliare dall'appennino passando da Fabriano. Lungo la valle dell'Esino la pioggia muta di nuovo in neve, e man mano che saliamo il paesaggio si fa più bianco.
Superiamo la gola di Frasassi, e oltrepassato anche Fabriano, la situazione comincia a farsi critica.
La statale 76 non ha un vero e proprio valico, ma all'altezza con il confine tra Marche e Umbria, la strada comincia a scendere. Qui ci fermiamo, e poi iniziamo ad andare avanti a passo d'uomo, mentre dalla direzione opposta ci accorgiamo che non arriva più nessuno. Passano i mezzi spazzaneve. Qualche chilometro e incontriamo che camion, che stavano salendo senza catene, non riuscivano più ad andare avanti. Noi, invece, seppur molto lentamente, riusciamo a giungere fino a Osteria del Gatto, all'incrocio con la Flaminia. Qui la neve si fa subito acqua. Lungo la strada sentiamo la radio, che dice che la SS76 è bloccata nei due sensi.
C'è andata bene. Nevica da Calenzano e Milano, In tutta l'Emilia stava cadendo al neve. Forse avevamo scelto giusto, avendo evitato di fare l'A14 fino a Bologna, e poi la Bologna-Firenze.
Alle 20,30 ho lasciato Giacomo a San Miniato.
La notte è stata un po' tribolata. Ho sentito il mare per tutto il tempo, rumoreggiava sordo, costante.
Stamani la pioviggine c'era ancora, e la spiaggia di sassi, solitamente frequentata a quest'ora da numerosi passeggiatori, stamani era deserta. In mare, dondolante sopra ad onde lunghe, un peschereccio si muoveva, per un verso e poi per l'altro, davanti alla costa.
Verso le 9,00 lasciamo Fano per Pesaro, e lungo la statale adriatica, che corre tra le colline che arrivano fino a pochi metri dal mare, e la ferrovia, poggiata sui sassi della spiaggia, la pioggine si trasforma in neve, man mano più fitta.
Di tanto in tanto, oltre i binari, si riesce a vedere il mare, mosso da schiumose onde bianche. Faceva effetto vedere cadere la neve sulla schiuma della battigia.
Dopo Pesaro ridiscendiamo verso sud. Verso Ancona. La neve si trasforma di nuovo in pioggia. In città fa freddo, con gelide gocce d'acqua che mi si infilano nel collo, colando dai capelli fradici di pioggia.
Nel primo pomeriggio ripartiamo per la Toscana. Leggiamo che nevica da Pesaro a Imola, così decido di tagliare dall'appennino passando da Fabriano. Lungo la valle dell'Esino la pioggia muta di nuovo in neve, e man mano che saliamo il paesaggio si fa più bianco.
Superiamo la gola di Frasassi, e oltrepassato anche Fabriano, la situazione comincia a farsi critica.
La statale 76 non ha un vero e proprio valico, ma all'altezza con il confine tra Marche e Umbria, la strada comincia a scendere. Qui ci fermiamo, e poi iniziamo ad andare avanti a passo d'uomo, mentre dalla direzione opposta ci accorgiamo che non arriva più nessuno. Passano i mezzi spazzaneve. Qualche chilometro e incontriamo che camion, che stavano salendo senza catene, non riuscivano più ad andare avanti. Noi, invece, seppur molto lentamente, riusciamo a giungere fino a Osteria del Gatto, all'incrocio con la Flaminia. Qui la neve si fa subito acqua. Lungo la strada sentiamo la radio, che dice che la SS76 è bloccata nei due sensi.
C'è andata bene. Nevica da Calenzano e Milano, In tutta l'Emilia stava cadendo al neve. Forse avevamo scelto giusto, avendo evitato di fare l'A14 fino a Bologna, e poi la Bologna-Firenze.
Alle 20,30 ho lasciato Giacomo a San Miniato.
lunedì 25 gennaio 2010
nelle Marche per lavoro
I giorni della merla sono alla fine di questa settimana, ma io credo che siano arrivati in anticipo.
Oggi ha fatto freddo come ieri a Romena, o forse più.
Sono sul mare adriatico, a Fano. Se mi affacciassi alla finestra della mia camera d'albergo, potrei vedere il mare, se non fosse per il buio, e una leggera foschia, creata da una pioviggine sottilissima, che disegna aloni attorno alle luci dei lampioni lungo la banchina del molo.
Durante il sopralluogo di oggi, sulle colline dell'entroterra pesarese, nonostante erano le ore del mezzo giorno, quelle che dovrebbero essere le più calde della giornata, il freddo era pungente. L'aria era ricca di umidità, spostata da una leggere brezza che risaliva dal fondo valle, e sembrava gelare sulla fronte, e sulla punta delle orecchie.
Un pranzo, con un bel fuoco di un camino alle spalle, mi ha riconciliato col mio corpo. Gli agnolotti al fumé che ci hanno servito come primo piatto, sono stati gustosi e delicati, il resto però non è stato all'altezza del primo...
Siamo nelle Marche ma si parla romagnolo, in fondo ad ogni piccola valle capannoni e silos per la segatura. Il mobile lo danno in crisi profonda, ma i camini fumano, le finestre sono illuminate, per strada un traffico ordinato di macchine buone, sui marciapiedi persone che camminano serene, ben vestite.
Più passa il tempo, più giro l'Italia, e più mi convinco che è una crisi del troppo. E' una crisi di consumi, di cose che forse non si comprano più, o se ne comprano meno. Ma non è una crisi di cose che mancano, sembra più una crisi di cose che non si comprano più e basta. Di cose che a cui stiamo rinunciando, ma che non ci sono indispensabili, forse neppure ci servono.
Chissà, che sia in crisi in superfluo?
Oggi ha fatto freddo come ieri a Romena, o forse più.
Sono sul mare adriatico, a Fano. Se mi affacciassi alla finestra della mia camera d'albergo, potrei vedere il mare, se non fosse per il buio, e una leggera foschia, creata da una pioviggine sottilissima, che disegna aloni attorno alle luci dei lampioni lungo la banchina del molo.
Durante il sopralluogo di oggi, sulle colline dell'entroterra pesarese, nonostante erano le ore del mezzo giorno, quelle che dovrebbero essere le più calde della giornata, il freddo era pungente. L'aria era ricca di umidità, spostata da una leggere brezza che risaliva dal fondo valle, e sembrava gelare sulla fronte, e sulla punta delle orecchie.
Un pranzo, con un bel fuoco di un camino alle spalle, mi ha riconciliato col mio corpo. Gli agnolotti al fumé che ci hanno servito come primo piatto, sono stati gustosi e delicati, il resto però non è stato all'altezza del primo...
Siamo nelle Marche ma si parla romagnolo, in fondo ad ogni piccola valle capannoni e silos per la segatura. Il mobile lo danno in crisi profonda, ma i camini fumano, le finestre sono illuminate, per strada un traffico ordinato di macchine buone, sui marciapiedi persone che camminano serene, ben vestite.
Più passa il tempo, più giro l'Italia, e più mi convinco che è una crisi del troppo. E' una crisi di consumi, di cose che forse non si comprano più, o se ne comprano meno. Ma non è una crisi di cose che mancano, sembra più una crisi di cose che non si comprano più e basta. Di cose che a cui stiamo rinunciando, ma che non ci sono indispensabili, forse neppure ci servono.
Chissà, che sia in crisi in superfluo?
domenica 24 gennaio 2010
gita domenicale in casentino
Giornata freddissima, con un'aria gelida, tagliente seppur immobile.
Poteva venir fuori una gita senza meta, con l'idea di vedere il mondo dall'alto, dal passo della Consuma, con i suoi 1050 metri di altezza, e la neve ancora incollata nelle radure meno esposte. Invece si è risolta con un incontro fuori programma, con l'incontro con una realtà spirituale inconsueta.
Dall'alto della Consuma il panorama non era il massimo, con una leggera foschia che annullava le distanze, sbiadiva i colori peraltro già smorti per la stagione.
Scendo nel Casentino, verso il Castello di Romena.
Il castello appare oggi come uno dei più suggestivi del Casentino, visibile da lontano per le sue alte torri incorniciate dai cipressi. Le mura superstiti rendono perfettamente l'idea di quanto fosse imponente la fortezza all'epoca del suo massimo splendore. I primi del Trecento il castello aveva due cerchie di mura dello spessore di un metro, il primo circuito esterno era il più grande e comprendeva il villaggio e la Fontebranda, celebre per essere stata citata da Dante Alighieri nella Divina Commedia.
La fonte presso il castello di Romena, il cui ricordo, nell'Inferno di Dante, accresce al maestro Adamo l'arsura della sete ch'egli è costretto a soffrire per sua condanna, come falsario di moneta.
Li ruscelletti che d'i verdi colli
del Casentin discendon giuso in Arno,
faccendo i lor canali freddi e molli,
sempre mi stanno innanzi, e non indarno,
ché l'imagine lor vie più m'asciuga
che 'l male ond'io nel volto mi discarno.
La rigida giustizia che mi fruga
tragge cagion del loco ov'io peccai
a metter più li miei sospiri in fuga.
Ivi è Romena, là dov'io falsai
la lega suggellata del Batista;
per ch'io il corpo sù arso lasciai.
Ma s'io vedessi qui l'anima trista
di Guido o d'Alessandro o di lor frate,
per Fonte Branda non darei la vista.
(Inf. XXX, 64-78)
All'interno di questa cerchia esisteva, vicino a Fontebranda, lo spedale di Santa Maria Penitente. La seconda cerchia, più interna, comprendeva il cassero sulla vetta pianeggiante del colle, l'ancora esistente cisterna e la chiesa di Santa Maria Assunta, oggi scomparsa. L'ingresso attuale è settecentesco, ma in origine si accedeva al castello da quattro porte, due principali e due secondarie di cui resta in piedi la porta Gioiosa. Il complesso è molto bello, sia per le vestigia murarie, sia per le belle abitazioni che sono state ben ristrutturate tutto intorno al castello. La cappella che si vede è detta della Madonna del Pozzo, ristrutturata ed ampliata nel 1735, dal 1987 accoglie una cappella per le sepolture dei conti Goretti.
Purtroppo il castello, che è privato, non è facilmente visitabile, e spesso i visitatori vengono accolti con diffidenza. Specie oggi che fa un freddo micidiale, anche se manca ancora una settimana ai giorni della merla.
In basso verso Poppi, si trova la Pieve di Romena.
Come altre pievi casentinesi San Pietro è posta sul tracciato della romana via Maior ed insiste su un precedente edificio religioso la cui presenza è stata individuata durante i lavori di restauro del 1970. A causa dei sismi e dei dissesti geologici che hanno interessato la zona l'edificio appare parzialmente privo della sua parte anteriore. La chiesa, notevole esempio di architettura romanica, è divisa in tre navate, con quattro campate superstiti delle sei originarie, più una piccola campata di anomale dimensioni prima dell'abside, divise da colonne con splendidi capitelli decorati con motivi differenti, prevalentemente fitomorfi e figurati; quelli della attuale prima campata portano le iscrizioni relative alla costruzione, quello a sinistra la data 1152, quello di destra il nome del pievano Alberico committente, ed ha raffigurato nelle singole facce la Consegna delle chiavi a Pietro, la Pesca miracolosa di Pietro e Andrea e i simboli degli evangelisti suddivisi a coppie, Luca e Giovanni. Marco e Matteo. Il campanile, che sporge dalla parete che dà sulla strada, ha una base di origine antica e termina con una cella campanaria modificata nel XVIII secolo.
Dal 1991 la pieve è sede della Fraternità di Romena. Don Luigi, un sacerdote dai tratti e dai modi un po' improbabili, ha saputo ricreare intorno a questo luogo, con semplicità, lo spirito di accoglienza ed ospitalità che la storia gli assegna. Gli spazi e i silenzi di questo incantevole luogo sono a disposizione di chi vuole concedersi una sosta per trovare o ritrovare un contatto personale con Dio.
Don Luigi, prete dai capelli lunghi, la voce carismatica, i modi banali, accoglie persone in cerca, non solo di Dio, ma soprattutto anche di se stesse, anche perché, dice, se non sanno chi sono loro stessi, non saprebbero come riconoscere Dio.
La messa è stata molto particolare, il sacerdote l'ha officiata in piedi, sui gradini della scalinata che sale all'altare, tra la gente seduta su panche, sgabelli, o semplicemente in terra. Dopo aver letto il vangelo, si siede anche lui, sugli scalini, vicino ai fedeli, e lo spiega con parole semplici, dirette. Dice che la miglior ricetta per vivere, è "essere disposto sempre a ricominciare"
Così, cercando una meta per una gita domenicale, abbiamo trovato molto di più...
La Fraternità di Romena:
Siamo in viaggio, a volte con lo stomaco in gola, quando la tempesta è violenta; altre volte cullati dalle onde, quando la brezza accarezza il mare. Come tutti dipendiamo molto dal vento, dalle onde e dalla tempesta non prevista. La paura del nuovo ci rende prigionieri di realtà imperfette, stagnanti e svuota la vita del midollo che ci tiene in piedi. Dobbiamo tornare a navigare col coraggio di smarrirci e poi ritrovare la meta, raccapezzarci per non smarrirci di nuovo. Prendere il largo, consapevoli che, in viaggio, l’inatteso è sempre dietro l’angolo e che il non crederci ha il potere di farci trovare impreparati quando arriva. I nostri sogni e desideri di fraternità sono solo polline, che spesso non riesce a fiorire, ma è capace almeno di profumare l’aria.
Poteva venir fuori una gita senza meta, con l'idea di vedere il mondo dall'alto, dal passo della Consuma, con i suoi 1050 metri di altezza, e la neve ancora incollata nelle radure meno esposte. Invece si è risolta con un incontro fuori programma, con l'incontro con una realtà spirituale inconsueta.
Dall'alto della Consuma il panorama non era il massimo, con una leggera foschia che annullava le distanze, sbiadiva i colori peraltro già smorti per la stagione.
Scendo nel Casentino, verso il Castello di Romena.
Il castello appare oggi come uno dei più suggestivi del Casentino, visibile da lontano per le sue alte torri incorniciate dai cipressi. Le mura superstiti rendono perfettamente l'idea di quanto fosse imponente la fortezza all'epoca del suo massimo splendore. I primi del Trecento il castello aveva due cerchie di mura dello spessore di un metro, il primo circuito esterno era il più grande e comprendeva il villaggio e la Fontebranda, celebre per essere stata citata da Dante Alighieri nella Divina Commedia.
La fonte presso il castello di Romena, il cui ricordo, nell'Inferno di Dante, accresce al maestro Adamo l'arsura della sete ch'egli è costretto a soffrire per sua condanna, come falsario di moneta.
Li ruscelletti che d'i verdi colli
del Casentin discendon giuso in Arno,
faccendo i lor canali freddi e molli,
sempre mi stanno innanzi, e non indarno,
ché l'imagine lor vie più m'asciuga
che 'l male ond'io nel volto mi discarno.
La rigida giustizia che mi fruga
tragge cagion del loco ov'io peccai
a metter più li miei sospiri in fuga.
Ivi è Romena, là dov'io falsai
la lega suggellata del Batista;
per ch'io il corpo sù arso lasciai.
Ma s'io vedessi qui l'anima trista
di Guido o d'Alessandro o di lor frate,
per Fonte Branda non darei la vista.
(Inf. XXX, 64-78)
All'interno di questa cerchia esisteva, vicino a Fontebranda, lo spedale di Santa Maria Penitente. La seconda cerchia, più interna, comprendeva il cassero sulla vetta pianeggiante del colle, l'ancora esistente cisterna e la chiesa di Santa Maria Assunta, oggi scomparsa. L'ingresso attuale è settecentesco, ma in origine si accedeva al castello da quattro porte, due principali e due secondarie di cui resta in piedi la porta Gioiosa. Il complesso è molto bello, sia per le vestigia murarie, sia per le belle abitazioni che sono state ben ristrutturate tutto intorno al castello. La cappella che si vede è detta della Madonna del Pozzo, ristrutturata ed ampliata nel 1735, dal 1987 accoglie una cappella per le sepolture dei conti Goretti.
Purtroppo il castello, che è privato, non è facilmente visitabile, e spesso i visitatori vengono accolti con diffidenza. Specie oggi che fa un freddo micidiale, anche se manca ancora una settimana ai giorni della merla.
In basso verso Poppi, si trova la Pieve di Romena.
Come altre pievi casentinesi San Pietro è posta sul tracciato della romana via Maior ed insiste su un precedente edificio religioso la cui presenza è stata individuata durante i lavori di restauro del 1970. A causa dei sismi e dei dissesti geologici che hanno interessato la zona l'edificio appare parzialmente privo della sua parte anteriore. La chiesa, notevole esempio di architettura romanica, è divisa in tre navate, con quattro campate superstiti delle sei originarie, più una piccola campata di anomale dimensioni prima dell'abside, divise da colonne con splendidi capitelli decorati con motivi differenti, prevalentemente fitomorfi e figurati; quelli della attuale prima campata portano le iscrizioni relative alla costruzione, quello a sinistra la data 1152, quello di destra il nome del pievano Alberico committente, ed ha raffigurato nelle singole facce la Consegna delle chiavi a Pietro, la Pesca miracolosa di Pietro e Andrea e i simboli degli evangelisti suddivisi a coppie, Luca e Giovanni. Marco e Matteo. Il campanile, che sporge dalla parete che dà sulla strada, ha una base di origine antica e termina con una cella campanaria modificata nel XVIII secolo.
Dal 1991 la pieve è sede della Fraternità di Romena. Don Luigi, un sacerdote dai tratti e dai modi un po' improbabili, ha saputo ricreare intorno a questo luogo, con semplicità, lo spirito di accoglienza ed ospitalità che la storia gli assegna. Gli spazi e i silenzi di questo incantevole luogo sono a disposizione di chi vuole concedersi una sosta per trovare o ritrovare un contatto personale con Dio.
Don Luigi, prete dai capelli lunghi, la voce carismatica, i modi banali, accoglie persone in cerca, non solo di Dio, ma soprattutto anche di se stesse, anche perché, dice, se non sanno chi sono loro stessi, non saprebbero come riconoscere Dio.
La messa è stata molto particolare, il sacerdote l'ha officiata in piedi, sui gradini della scalinata che sale all'altare, tra la gente seduta su panche, sgabelli, o semplicemente in terra. Dopo aver letto il vangelo, si siede anche lui, sugli scalini, vicino ai fedeli, e lo spiega con parole semplici, dirette. Dice che la miglior ricetta per vivere, è "essere disposto sempre a ricominciare"
Così, cercando una meta per una gita domenicale, abbiamo trovato molto di più...
La Fraternità di Romena:
Siamo in viaggio, a volte con lo stomaco in gola, quando la tempesta è violenta; altre volte cullati dalle onde, quando la brezza accarezza il mare. Come tutti dipendiamo molto dal vento, dalle onde e dalla tempesta non prevista. La paura del nuovo ci rende prigionieri di realtà imperfette, stagnanti e svuota la vita del midollo che ci tiene in piedi. Dobbiamo tornare a navigare col coraggio di smarrirci e poi ritrovare la meta, raccapezzarci per non smarrirci di nuovo. Prendere il largo, consapevoli che, in viaggio, l’inatteso è sempre dietro l’angolo e che il non crederci ha il potere di farci trovare impreparati quando arriva. I nostri sogni e desideri di fraternità sono solo polline, che spesso non riesce a fiorire, ma è capace almeno di profumare l’aria.
il galoppatoio
Dopo 48 ininterrotti giorni di diario, con almeno un post al giorno, adesso, alle ore 00,34, siamo già a domenica 24, quindi nell'elenco dei post resterà vuoto il giorno sabato 23, peccato.
Comunque è stato un sabato pomeriggio dedicato al cavallo. Ho portato la bimba al maneggio, a Fauglia.
Al centro ippico La farnia hanno progetti, pensano di ammodernare il maneggio. Io invece sto pensando di iniziare a sistemare il campo grande, recintandolo con una staccionata.
Entro l'estate ho intenzione di costruire una stalla con almeno 3 box, con la stessa tecnologia costruttiva utilizzata per fare la baracca che ho appena finito.
Oggi ho guardato bene come sono fatti i pilieri delle barriere. Ho del legno adatto, presto inizierò a farli. Sono passati ormai due anni da quando, capitando a Brescia per lavoro, mi ritrovai vicino ad Ardesi, una nota ditta del settore equestre, specializzata in materiale da concorso ad ostacoli, e comperai un certo numero di aste forate da applicare ai pilieri, per sostenere le barriere.
Comunque è stato un sabato pomeriggio dedicato al cavallo. Ho portato la bimba al maneggio, a Fauglia.
Al centro ippico La farnia hanno progetti, pensano di ammodernare il maneggio. Io invece sto pensando di iniziare a sistemare il campo grande, recintandolo con una staccionata.
Entro l'estate ho intenzione di costruire una stalla con almeno 3 box, con la stessa tecnologia costruttiva utilizzata per fare la baracca che ho appena finito.
Oggi ho guardato bene come sono fatti i pilieri delle barriere. Ho del legno adatto, presto inizierò a farli. Sono passati ormai due anni da quando, capitando a Brescia per lavoro, mi ritrovai vicino ad Ardesi, una nota ditta del settore equestre, specializzata in materiale da concorso ad ostacoli, e comperai un certo numero di aste forate da applicare ai pilieri, per sostenere le barriere.
venerdì 22 gennaio 2010
il freddo tiene nascosti gli animali
La pioggia, dopo tanta intensità e ripetizione, sono diversi giorni che non si vede. Adesso è il gelo a fare da padrone, e con esso si sono diradati di molto gli avvistamenti degli animali.
Anche Casimiro, un gatto rosso, randagio, che frequentava ancora il rudere della casetta di Pierino, si è rifatto vedere dopo diversi giorni di assenza.
Si è mangiato la pasta al pomodoro che ci è avanzata oggi, che Gastone, il mio gatto rosso domestico, ha disdegnato, e se ne è subito andato nel bosco, verso Buecchio.
Ma i maggiori assenti sono i daini e i caprioli. C'era una famiglia di daini, due adulti ed un piccolo che passavano da Pierino fino alla tarda primavera scorsa, venivano fino a casa, ma poi non si sono più visti.
Alla fine dell'estate è apparsa una famiglia di caprioli, due adulti ed un piccolo, che era quello che più spesso incontravamo, giù in basso, vicino alla catena del confine di proprietà, ma dalla nevicata del 19 dicembre, non si sono più visti.
Anche i cinghiali non si vedono da un po' di tempo, ne tracce, ne buche. Tra pochi giorni termina anche il tempo della loro caccia...
Si riesce a vedere, di tanto in tanto, qualche lepre, ma giù in basso proprio all'inizio della valle.
In queste notti gelide, anche i gufi e le civette tacciono...
Anche Casimiro, un gatto rosso, randagio, che frequentava ancora il rudere della casetta di Pierino, si è rifatto vedere dopo diversi giorni di assenza.
Si è mangiato la pasta al pomodoro che ci è avanzata oggi, che Gastone, il mio gatto rosso domestico, ha disdegnato, e se ne è subito andato nel bosco, verso Buecchio.
Ma i maggiori assenti sono i daini e i caprioli. C'era una famiglia di daini, due adulti ed un piccolo che passavano da Pierino fino alla tarda primavera scorsa, venivano fino a casa, ma poi non si sono più visti.
Alla fine dell'estate è apparsa una famiglia di caprioli, due adulti ed un piccolo, che era quello che più spesso incontravamo, giù in basso, vicino alla catena del confine di proprietà, ma dalla nevicata del 19 dicembre, non si sono più visti.
Anche i cinghiali non si vedono da un po' di tempo, ne tracce, ne buche. Tra pochi giorni termina anche il tempo della loro caccia...
Si riesce a vedere, di tanto in tanto, qualche lepre, ma giù in basso proprio all'inizio della valle.
In queste notti gelide, anche i gufi e le civette tacciono...
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