domenica 1 aprile 2018
lunedì 19 marzo 2018
viaggiando sul treno
Mi sto lasciando dietro Milano,
con il suo gran freddo
ed il cielo grigio e pesante
che la ricopriva.
Adesso
il cielo sta schiarendo verso l'orizzonte.
Chissà
se avvicinandomi Bologna
troverò ancora la pianura
completamente imbiancata di neve,
come l'ho vista questa mattina.
martedì 13 marzo 2018
domenica 11 marzo 2018
lo scorrere dell'acqua
Eppure davanti a me
c'è sempre lo stesso
instabile,
incerto
e mutevole,
ma sempre e solo
un lento scorrere d’acqua.
venerdì 9 marzo 2018
il IX° premio donne sanminiatesi
Per il nono anno consecutivo l'amministrazione comunale di San Miniato, nel giorno ell'8 marzo, giornata mondiale della donna, ha premiato delle concittadine che si sono distinte nell’ambito professionale o sociale, divenendo figure di riferimento per la comunità locale.
La cerimonia si è svolta nell’aula magna del complesso
monumentale del Conservatorio di Santa Chiara.
Come negli anni precedenti, ho partecipato documentando la cerimonia.
Quest'anno però è stata speciale, perché ha preso parte alla preparazione della cerimonia, elaborando alcune delle schede delle donne premiate, attraverso un progetto di alternanza scuola-lavoro, mia figlia Agnese.
E’ stata presentata un'integrazione al “Quaderno delle donne
sanminiatesi 2010-2017” realizzato l'anno scorso, pubblicazione frutto della collaborazione
con le studentesse del Liceo Marconi, integrata con le storie di vita delle 5
donne premiate raccolte quest’anno.
Le premiate: Anna Ciampalini, Sara Benedetti, Seconda
detta Dina Abbondio, Maura Taddei e Graziosa Bachini.
Ad esse è stato consegnato
un quadro realizzato appositamente per ciascuna di loro dalla pittrice Fiorella
Orlando, opereche sono state esposte nell'atrio di Palazzo Comunale in una
piccola personale dal titolo “Omaggio alla donna”, fino a ieri, giorno della
consegna dei premi.
giovedì 8 marzo 2018
mercoledì 7 marzo 2018
sabato 24 febbraio 2018
i delitti infami di Elan Frantoio
Delitti Infami è il titolo del nuovo spettacolo ideato e diretto da Firenza Guidi con la compagnia permanente del Frantoio, che è andato in scena nei locali della vecchia Scuola C. Landini Marchiani, in Piazza XX Settembre a Fucecchio.
La nuova drammaturgia racconta dei tumulti e rivolte di ribelli e briganti ai tempi di Leopoldo II di Lorena.
Il fenomeno del brigantaggio, già latentemente presente, si sviluppa in Toscana soprattutto nel periodo della Rivoluzione Francese, con le guerre napoleoniche che ne seguiranno, che investiranno anche la nostra regione, scombussolando ancor di più la struttura sociale ed amministrativa.
Pietro Leopoldo lascia il Granducato di Toscana nel 1790 per assumere la corona imperiale, e di lì a qualche anno ci sarà la "Campagna d'Italia", la cacciata degli Asburgo-Lorena e la costituzione del Regno d'Etruria prima e l'annessione alla Francia poi. Saranno tre lustri di grandi cambiamenti. Il malcontento dilagherà e bande di briganti e ribelli imperverseranno per le campagne toscane.
Tra loro di ricorda il famoso Brigante Orcino di Orentano. Figura ben nota di brigante crudele ma gentiluomo.
Firenza Guidi affianca al brigante uomini e donne brigantesse, che imperversano come Robin Hood nelle campagne del Padule e della Maremma. E' un tipo di giustizia, la loro, fatta con le proprie mani, spesso a scapito dei ricchi a vantaggio di un popolo tassato e ridotto alla fame.
Ma i briganti sono violenti, tengono unite le proprie bande con la paura, e con la paura ottengono anche la muta protezione dei contadini, usando il delitto come metodo di dissuasione.
Lo spettacolo è itinerante all'interno ed all'esterno dell'edificio.
Ogni luogo una scena, un brandello di vita brigantesca, di violenze ed infami delitti narrati.
Firenze conduce per mano gli spettatori, li introduce nelle storie e nelle sale. Interrompe le narrazioni, chiede al pubblico di interagire alle storie, di scegliere i finali, l'intensità delle luci, le musiche di sottofondo.
Si ascoltano storie al buio, al lento scorrere dell'acqua.
Alla luce tenue di fogli che vanno a fuoco.
Si ascoltano i rancori dei comprimari, la rabbia dei briganti, le confessioni e il dolore delle donne.
Il finale, non poter anche svolgersi nel corridoio.
venerdì 23 febbraio 2018
Anna Frank giocava a calcio?
Stasera quarto spettacolo dei cinque appuntamenti della nuova stagione del Frantoio Parlante, organizzato dall'amico Andrea Mancini. Tornato dopo una piccola pausa, magari lasciando il vecchio frantoio della Briccola, per il più conosciuto frantoio del complesso monumentale del Convento di San Francesco in San Miniato.
Lo spettacolo di questa sera aveva per titolo "Mostro", l’ultimo
lavoro della compagnia Open Doors, sul tema del femminicidio.
Ma qui vi racconto, e ne pubblico qualche immagine, dello spettacolo di sabato scorso 17 febbraio ore
21,30, si è trattato di una prima nazionale: “Anna Frank
giocava a calcio? Carlo Castellani, bomber dell’Empoli”, con Erica Casula, musica
dal vivo Simone Farinazzo, testo e regia Andrea Mancini.
L'attrice è giovanissima ed è alla sua prima esperienza.
Andrea Mancini parte dalla storia di Anna Frank, alludendo ai fatti recenti, quelli che hanno ignobilmente spregiare la sua immagine e la sua memoria da parte di presunti tifosi,
per raccontare la storia di Carlo Castellani, il grande
giocatore dell’Empoli, morto a Mathahusen l’11 agosto del 1944, qualche giorno
prima della partenza di Anna per Auschwitz, il 3 settembre del 1944.
E' la storia di quel
grande campione al quale è intitolato lo stadio di Empoli, di cui ne hanno portato testimonianza, all'inizio dello spettacolo i suoi parenti.
Nel testo, Andrea ha inserito nel filo narrativo costituito dagli eventi raccolti dalla nutrita letteratura che si è sviluppata intorno ad Anna
Frank, un soggetto teatrale dall'impronta fantastica, con spunti di puro giornalismo sportivo.
Con Andrea Mancini, voce narrante a dipanare la narrazione, che ripropone le
radiocronache dei mitici goal di Castellani, che fu il primo giocatore
dell’Empoli che giocò anche in serie A e che è rimasto per 70 anni il più
grande marcatore della squadra azzurra.
giovedì 22 febbraio 2018
i ponti di ferro tra Cremona e Castelvetro
L'altro giorno sono stato ad incontrar persone e visitare impianti e progetti nel triangolo tra Brescia, Cremona e Bergamo.
Mattinata luminosa ed un orizzonte ormai consuetudinalmente sufficientemente lontano da poter godere di un paesaggio tutt'altro che anonimo.
Questa è terra di agricoltura storica, di cascine pensate come piccoli castelli, centri sociali ed economici autonomi, realizzati secondo i canoni autarchici delle fattorie settecentesche, poi evolute nella mezzadria. All'interno delle cascine i contadini producevano tutto il necessario alla piccola comunità, che poteva essere anche di cento e più persone. Non solo la sussistenza alimentare ma anche piccole sapienti realizzazioni artigiane, come gli attrezzi da lavoro o mobili e suppellettili per le case. Vite misere, racchiuse dentro ad una corte, che la notte il padrone chiudeva a chiave.
Vista la giornata, l'anticipo sulla tabella di marcia, sono uscito presto dall'autostrada per immergermi in quell'orizzonte piatto, percorrendo le lunghe e rettilinee strade che tagliano la pianura, e allineano tutte le vecchie cascine che si trovano lungo di esse.
L'idea è quella di attraversare il Po passando sul ponte di ferro tra Castelvetro e Cremona. O meglio, "dai" ponti di ferro.
Qualche anno hanno ricordato il centoventesimo anniversario della loro inaugurazione. Tra il 1887 ed il 1892 fu costruito, in sostituzione di un ponte di barche in funzione da circa trent'anni, ma sempre in balia delle acque del grande fiume, un doppio ponte in ferro.
I due ponti poggiavano su piloni appoggiati agli stessi basamenti. Ed era un doppio ponte per tre collegamenti.
Un ponte, che adesso non esiste più, ma si nota la porzione di pilone rimasta vuota, è stato sostituito da un ponte ricostruito di fianco negli anni '90 del secolo scorso, è dedicato al traffico ferroviario sulla linea Cremona-Fidenza.
L'altro ponte, che oggi è percorso dal traffico su gomma, attraversato dalla ex SS10 Padana Inferiore, che parte da Torino ed arriva a Monselice PD, per la parte piacentina, quella che va dall'argine del Po fino alle sua rive è ancora quello originale di fine ottocento. La parte che attraversa il fiume è stata invece ricostruita sul fine degli anni '40, dopo che era stato distrutto durante la seconda guerra mondiale.
Quando fu costruito, questo ponte a doppia carreggiata, ospitava anche il sedime della tranvia Cremona-Piacenza.
Nel mio web-in-tasca trovo anche una bellissima immagine d'epoca.
Attraverso il ponte, arrivando sulla sponda cremonese. Mi fermo ad ammirarlo da sotto, lungo le rive del fiume, vicino ad un circolo canottieri.
Cerco notizie sul mio web-in-tasca e trovo la rassegna stampa del 2012 con gli articoli sulle commemorazioni. Trovo anche immagini delle monete commemorative dell'inaugurazione, ed una pagina di giornale di allora.
Sul sito "piacenzantica" trovo un suggestivo racconto di Roberto Caccialanza, che riporta una bellissima descrizione degli eventi legati all'inaugurazione.
Il Po aveva finito di rappresentare un ostacolo e quell'impresa era considerata non solo coraggiosa, ma lungimirante, presagio di florido avvenire come riportato sulla medaglia commemorativa, o capace di aprire per la città di Cremona un nuovo periodo di speranza, come riportato nei giornali dell'epoca.
E pensare che oggi si è invece diffusa così tanta "incultura" da trasformare questa fiducia nel futuro in paura per ciò che non si conosce. Sembra scomparsa la memoria storica del passato collettivo, sostituita da qualche misero ricordo di banali esperienze personali.
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