Oggi, ripercorrendo la stessa strada, sullo stesso terreno, coperto di grano maturo, una mietitrebbia sbuffava paglia e polvere.
Lì dove ho visto arare la nebbia, oggi stavano raccogliendo grano.
Mi fermo, scatto un po' di foto. E mentre attendo qualche attimo propizio lungo le evoluzioni della macchina, vado, curioso, con il mio web-in-tasca, a leggermi l'ultimo bollettino settimanale della borsa merci di Bologna, fissato ieri.
Il grano tenero, quello con il quale si produce la farina per pane e biscotti, è quotato 254 €/ton, circa 10 €/ton in più rispetto alla settimana scorsa, e circa 15 €/ton in più rispetto alle quotazioni di inizio raccolto.
Che cosa strana il mercato. Sono in calo i consumi, ed è, negli ultimi due mesi, in calo anche l'import.
Il tenero d'importazione costa 370 €/ton e segue la stessa curva di aumenti del grano nazionale.
Al tempo stesso però la situazione parla di una maggiore disponibilità di superfici seminate rispetto allo scorso anno, ed una produzione per unità di superficie, mediamente superiore anche del 35%.
Il grano duro, quello per fare la farina per la pasta, invece, vede quotazioni fortemente in calo. Partito subito molto bene con un aumento immediato, all'inizio del raccolto di quasi il 15%, adesso, con 268 €/ton, si è già allineato al prezzo precedente all'inizio della campagna di raccolta.
Che strani però, i contadini.
Il grano tenero produce generalmente un quantitativo di seme che va dal 60 al 100% in più rispetto al grano duro, in presenza di prezzi molto vicini. Chissà cosa li spinge a seminare il grano duro, soprattutto su quei terreni dove la fertilità e la disponibilità d'acqua gli consente produzioni anche di 80 q.li per ettaro di grano tenero, contro gli eventuali 45 q.li di duro?
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