Martedì 25 maggio, ore 8,30.
Sono il primo passeggero del mattino, sulla funicolare Trapani-Erice.
Stazione della funicolare per Erice. Vento fresco, profumato di bouganville.
Voli e canti di rondini.
La cabina è scossa dal vento, mentre sotto, salendo, si allarga l'orizzonte attorno alle isole Egadi.
Erice è un confetto alla mandorla coperto d'azzurro. Con le sue case di rocce grigiastre, sotto un cielo limpido.
« Sulla vetta più alta inciela una medievale borgata irta di torri. È il piccolo borgo di Erice, dominato una volta dal più famoso tempio della dea più famosa...Venere,... con la sua cinta fortificata, con le sue strade accuratamente selciate. »
(Roger Peyrefitte su Erice nel 1952.)
Secondo Tucidide, fu fondata dagli esuli troiani, che fuggendo nel Mar Mediterraneo avrebbero trovato il posto ideale per insediarvisi; sempre secondo la leggenda, i Troiani avrebbero poi dato vita al popolo degli Elimi. Fu contesa dai Siracusani e Cartaginesi sino alla conquista da parte dei Romani nel 244 a.C.
Virgilio la cita nell'Eneide, con Enea che la tocca due volte: la prima per la morte del padre Anchise, un anno dopo per i giochi in suo onore. Virgilio nel canto V racconta che in un'epoca ancora più remota vi campeggia Ercole stesso nella famosa lotta col gigante Erice, precisamente nel luogo dove poi si sfidarono al cesto il giovane e presuntuoso Darete e l'anziano Entello.
La vista dalle mura di Erice spazia a 360°. Ma la più suggestiva è senz'altro quella verso il mare delle Egadi, anche se la selva di antenne è devastante.
Erice è un confetto appoggiato su di un altissimo sperone di roccia. Che visto da qui, dal lungomare di Trapani, lo si perde, confuso tra i colori del paesaggio.
mercoledì 26 maggio 2010
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