alba a pierino

alba a pierino

venerdì 31 gennaio 2014

la piena dell'Arno


Fucecchio, ore 11, dal nuovo ponte sull'Arno.




giovedì 30 gennaio 2014

il bidente, il bosco e la miniera. Gerfalco



Per sapere, credo che ci voglia studiare; 
per conoscere, credo che ci voglia andare a vedere; 
ma per capire, alla fine, credo che ci vuole anche una trattoria.


Piove, 
di una pioggia che batte la campagna e il bosco, 
che la lava gli alberi, 
scorre nelle strade e poi nei fossi, 
ad ingrossare i fiumi.



Ci sono segni che portano memorie nette, storie che non ne trovi l'inizio, affogato tra ricordi, frammenti, strati di cose e fatti, materiali ed oggetti.
Riesci a raccogliere fili, momenti da riordinare e riallineare. Ma soprattutto una natura libera, che avvolge, si riappropria, rimodella.
Così ti accorgi che un'abitazione sventrata dal peso del tempo racchiude tesori di conoscenze, che affoga anch'essa sotto l'onda del corso delle cose.





Poi entri in trattoria, ti metti a mangiare, guardi dalla finestra, basta che ti mostri curioso, e allora chi c'è racconta, e così si comincia a capire...


(…)
Era la fine degli anni '50, quelli dell'altro secolo. Già perché forse il duemila ha davvero segnato la storia del mondo. Tra il prima e il dopo. Avevo fatto il militare a Milano, ci restati un po' di tempi, dei mesi, ma pochi. Era vero, c'era lavoro, ma c'erano tante cose che non capivo. Non mi ci ritrovavo, altre misure, la città sotto un cielo che non era quello che conoscevo.

Tornai a Gerfalco. C'era il bosco, si andava su alla Cornate quand'era stagione, coi vecchi, il lunedì, per tornare al sabato sera. Mica era come ora che vai e torni, si andava a piedi, e d'inverno notte viene presto, e allora si stava al capanno. 
Legna, fascine e tanta carbonella. Balle su belle, caricate sui muli.

Poi la miniera, per trentacinque anni, giù e su a scavare la pirite sottoterra, fino agli inizi degli anni '90.
A Gerfalco ci abitavano quasi mille persone, legna, carbonella, castagne e tanta miniera.

Poi cominciarono a chiuderle. Prima a Montieri, Campiano, per ultima quella di Boccheggiano.
Al Casone avevano già fatto le industrie, per quelli delle miniere. Se vi pare brutta la strada oggi, immaginate quarant'anni fa. La si faceva in 500, sempre in quattro. Ci voleva quasi un'ora. Così la gente cominciò ad andare via, verso il mare. Quando i più se n'erano andati misero la corriera, perché l'Italia è così.

Milano, già… 
Perché nessuno c'ha il libretto d'istruzioni, e allora le cose si fanno così come viene.
(…)


(…)
Gerfalco…? 
Oggi c'abitano cinquanta persone, un po' di vecchi e tanti albanesi. Sono due i bambini che vanno a scuola…
(…)

lunedì 27 gennaio 2014

mi piace vedere ...


Mi piace vedere …


perché mi emoziona scoprire 
cosa la natura cela.

domenica 26 gennaio 2014

mi piace toccare...


Mi piace toccare ...


le foglie del bosco.

sabato 25 gennaio 2014

mi piace sentire...

Mi piace sentire …


l'acqua che scorre.

giovedì 23 gennaio 2014

guidando sotto la pioggia



E' particolare come le nostre sensazioni si rapportino all'ambiente che ci circonda, sentire le relazioni che intessono per costruire, ricostruire, mantenere, anticipare, curare quello stato che si chiama "equilibrio", sia fisico che emotivo.


Così mi capita spesso che mentre guido, magari in modo sostenuto, aggredendo i limiti di velocità, tenendomi al limite di essi, con attenzione, ritmo, forza, per essere puntuale, di ritrovarmi con i miei sensi che si miscelano con la strada, il paesaggio, gli altri elementi in movimento, ma anche quelli statici.


Ieri ho percorso, risalendola, la val d'Era, seguendo il tracciato della SR 439.


Percorrendo strade urbane ed extraurbane, la sensazione che spesso mi avvolge, è quella di ritrovarmi nel gorgo di un imbuto, sempre in bilico, come in un imbuto separatore, l'urlo della giunzione tra coppa e gambo, nel vortice che lo circonda, davanti ad un gambo lungo, lunghissimo e sinuoso.


Auto, segnali, elementi 
che entrano ed escono 
dall'imbuto.


Stormi d'uccelli 
che entrano anch'essi nel vortice, 
e ne escono.


La luce del giorno 
che muta.


La pioggia 
che sembra lubrificare 
gli elementi.


Dentro a scrosci impetuosi 
che si alternano a pioviggine.


mercoledì 22 gennaio 2014

a casa di Anna Frank


Divago con un piccolo prologo.
Lunedì mattina, portando Agnese a scuola, percorrendo la FiPiLi, le ho fatto notare i tanti nidi di uccelli che ci sono sugli alberi, spogli in questa stagione, cresciuti sulla scarpata della strada. E come i nidi si trovano solo lì e non nei tanti alberi sparsi per la campagna.
Qualcuno afferma che la FiPiLi, come le grandi strade trafficate, costituiscono un grosso impatto negativo sulle abitudini e l'habitat dell'avifauna.
Invece gli uccelli hanno trovato lungo questa strada delle condizioni ottimali per riprodursi. Hanno capito che il rumore del traffico copre il cinguettio dei loro piccoli, così che i rapaci non posso sentirli, scoprendo che quello è il posto più sicuro dove far nascere i propri piccoli.
Agnese è rimasta colpita della cosa, tanto che l'ha condivisa con i suoi compagni. Da questa condivisione ne è uscita una valutazione dell'uomo molto interessante. L'uomo ritiene di distinguersi dal resto degli animali per la sua capacità di pensare, per la ragione. Ma se l'uomo pensa che la strada disturba l'uccello, mente e lui ne fa un habitat prediletto, chi è che ragiona? Colui che si arroga di avere una ragione, tanto da pretendere di modificare le condizioni alla sua necessità, o colui che con le proprie capacità sa adattarsi ed usare a suo vantaggio le condizioni date?
Già, e se poi quella capacità di ragionare viene usata per definire che l'uomo non solo è diverso, e migliore, rispetto gli altri animali, ma anche diverso, e migliore, tra esso, sulla base del colore della pelle, del dio in cui vuol credere, della lingua che parla, del paese dove è nato o proviene, allora la sintesi si trasforma da "cosa distingue l'uomo dagli animali", per diventare: "in cosa l'uomo è diverso dagli altri animali".


La divagazione vuole introdurre il racconto, soprattutto per immagini, di questo post.


Ieri sera sono di nuovo rimasto stupito da Firenza Guidi, che mi ha fortemente emozionato per aver assistito al suo nuovo spettacolo sul tema della memoria dell'Olocausto, attraverso i vari progetti che da alcuni anni  sta conducendo a Fucecchio, con il suo ElanFrantoio.


Il titolo dello spettacolo di questo anno è "A Casa di Anna Frank", dove, diretti da Firenza, ed assieme alla sua compagnia di artisti internazionali, i ragazzi delle scuole medie di Sovigliana, Vinci e Cerreto Guidi, hanno avuto modo di dare forma all'esperienza del viaggio della memoria compiuto a fine ottobre 2013, ai campi di sterminio di Struthof, alla casa di Anna Frank ad Amsterdam.


Lo spettacolo, ideato e diretto da Firenza Guidi, perfettamente inserito e studiato per essere rappresentato all'interno della struttura del Museo Civico della Fattoria Corsini di Fucecchio, nell'ala dedicata ad ospitare le mostre temporanee, ha permesso ai ragazzi, nella sua produzione e poi nella realizzazione, di far loro elaborare i contenuti e le sensazioni raccolte in seguito al viaggio, ma anche allo spettatore, come è consuetudine per chi ha l'abitudine di assistere agli spettacoli di Firenza, di calarsi in un'esperienza "diretta", vivendo la narrazione all'interno di essa, tra gli attori, nello stesso spazio angusto della casa di Anna Frank, ricostruita per scene, negli spazi del Museo, riuscendo ad "acquisire" quelle stesse sensazioni che i protagonisti furono costretti a subire, sentendo il peso di quel destino drammatico e crudele che tutti conosciamo.


Lo spettacolo si articola su 11 scene itineranti. Il cortile del Museo è una piazza di Amsterdam, dove si svolge ancora una vita che da spazio a speranze e progetti, dove però gli ebrei girano già con la stella sugli abiti, per farsi distinguere dagli altri.




Nel magazzino delle spezie, Otto Frank è in piedi al centro della stanza. Il pubblico si dispone lungo l e pareti, ed ascolta il padre di Anna.



Di fianco al magazzino, Anna gioca con i suoi amici e compagni, in un gioco-lavoro, chiassoso e divertente.



Al piano di sopra, nell'ufficio, il padre di Anna e la sua segretaria Miep, sistemano le ultime carte per fingere la partenza che avrebbe coperto la preparazione del rifugio, prima di entrare nel loro alloggio segreto.


Nella stanza accanto, Anna festeggia il suo compleanno con i suoi amici.


Il padre interrompe la festa, fa allontanare i ragazzi, ed entrano nell'alloggio segreto, ed iniziano ad organizzarsi per il lungo isolamento.



Nel sottotetto è allestita la cameretta di Anna, ricostruita con dovizia di particolari, con l'aiuto dei ragazzi stessi. E' stata questa la scena che più mi ha colpito, che ho vissuto a pochi centimetri dagli attori, dal materasso, dalle coperte di cui ne potevo sentire l'odore di polvere secca, sentire il lieve cigolio della rete, il fruscio delle pagine del quaderno che Anna sfoglia.
Anna alla sua scrivania, la sorella Margot che fa i compiti con Peter. Poi Anna va a letto, e sogna, un brutto sogno. Anna sogna di vedere, e noi li vediamo attraverso il vetro della posta dell'ascensore, i suoi compagni marciare indossando un pigiama righe, come in un campo di concentramento.


In un'ampia sala del sottotetto, la lavanderia dell'alloggio segreto, i compagni di scuola di Anna, disposti lungo la parete ed investiti da una luce azzurra, appaiono come fantasmi, fantasmi della memoria, ma fora e anche come angeli custodi, assistono assieme al pubblico all'ultima scena, il momento in cui Anna passa dalla fanciullezza all'età adulta, con "il bacio" a Peter.


Lo spettacolo si conclude sulle scale, con il pubblico che scende, sfilando sotto gli occhi attoniti e fissi degli abitanti dell'alloggio segreto e dei ragazzi-fantasmi della memoria.



Il saluto, e l'applauso degli spettatori avviene nel cortile, dove Firenza raccoglie la sua compagnia.



Firenza ci racconta del progetto, della partecipazione dei ragazzi, della difficoltà di proseguire nel coinvolgimento delle istituzioni su questi temi.
Ma anche della soddisfazione per la voglia di fare dei ragazzi che hanno preso parte, in vario modo, allo spettacolo.