alba a pierino

alba a pierino

lunedì 31 gennaio 2011

terzo giorno, dei tre giorni della merla


C'era una volta, il mese di Gennaio, tanto freddo quanto ombroso, che si divertiva ad aspettare che la Merla, uscisse dal nido in cerca di cibo per i suoi pulcini, per portare sulla terra freddo e gelo.
Stanca di quelle continue cattiverie, la Merla, un anno, decise di fare provviste sufficienti per un mese, e si rinchiuse nella sua tana, al riparo, per tutto il mese di gennaio, che allora aveva solo 28 giorni. L'ultimo giorno del mese, la Merla, pensando di aver ingannato il cattivo Gennaio, uscì dal nascondiglio e si mise a fischiettare per sbeffeggiarlo.
Gennaio si risentì talmente tanto che chiese in prestito tre giorni a Febbraio e si scatenò con bufere di neve, vento, gelo e pioggia.
La Merla riuscì a trovare rifugio in un camino, e lì restò al riparo per tre giorni. Quando la Merla uscì, era sì salva, ma il suo bel piumaggio chiaro, si era annerito a causa del fumo e così rimase per sempre con le piume nere.


Come in tutte le leggende, anche in questa si nasconde un fondo di verità, infatti nel calendario romano il mese di gennaio aveva solo 29 giorni, che probabilmente con il passare degli anni e del tramandarsi oralmente si tramutarono in 31.
Sempre secondo la leggenda, se i "giorni della Merla" sono freddi, la primavera sarà bella, se sono caldi la primavera arriverà in ritardo.

Sabato mattina la luna faceva capolino da dietro gli alberi, nel cielo terso.




Fino al tardo pomeriggio, qui a Pierino ha soffiato una gelida tramontana, mentre i ragazzi del Piazzesi mi sistemavano il ciglione franato a Natale, con lo sciogliersi della neve.
Alla sera, portata dal vento che continuava ad essere forte e gelido, è arrivata la pioggia.
Il vento è calato e la notte ha piovuto molto.

La domenica ha continuato a piovere fino a tarda mattinata, tenendo al capanno i cacciatori della battuta al cinghiale.
Nel pomeriggio è uscito il sole, sono usciti i battitori, si sono sentite le grida e qualche sparo, ma l'aria si è fatta più fredda, insistente e pungente.

Questa mattina il cielo era terso e luminoso, da Pierino si vedevano le cime innevate delle Apuane, il Monte Serra sbiancato tra le antenne, il colle di San Miniato livido e vicino.



Ma le montagne fiorentine non si vedevano, coperte da un manto scuro, immobile.


Nel pomeriggio l'aria si è calmata e sul far della sera, anche con il calare delle tenebre, l'aria si è fatta dolce, e si lavorava bene nella mia baracca.


Chissà come sarà la primavera? e, soprattutto, tra quanto arriverà?

domenica 30 gennaio 2011

eclissi, storia di donne

Questa sera, all'auditorium la Tinaia del Parco Corsini, ultima rappresentazione di: Eclissi.
Spettacolo/ricerca, realizzato da Elan Frantoio per la regia di Firenza Guidi, sul lager femminile tedesco di Ravensbrück che fu aperto nel 1939. La performance si basa sul libro di Helga Schneider “La Baracca dei tristi piaceri“ e sulla testimonianza di alcune prigioniere italiane, raccolta nel volume “Le donne di Ravensbrück”.
Nei giorni 27, 28 e 29 gli spettacoli si sono svolti al mattino, per le scuole di Fucecchio e del Circondario. Ieri ed oggi si sono tenuti degli spettacoli al pomeriggio ed alla sera, aperti a tutti, con ingresso gratuito.
Allo spettacolo delle 18,00 di oggi non sono potuto entrare, perché i posti erano esauriti. Così sono tornato, prenotando, per quello delle 21,00.

Il testo è scritto e diretto da Firenza Guidi, ed interpretato dalla Compagnia Permanente del Frantoio.

Durante lo spettacolo non mi è stato possibile possibile fare fotografie. C'era però l'amico Nicola Cioni come fotografo di scena.
Cercherò, così, di raccontarvelo.

Gli spettatori vengono "radunati" in una sala del Complesso Corsini.


Firenza Guidi arriva, si presenta e ci introduce nella storia...
"Se nel dopoguerra, per molti sopravvissuti parlare della loro esperienza nei campi di concentramento fosse un'impresa difficile, era pressoché impossibile per le donne sopravvissute alla realtà del Sonderbau parlare della loro vita nel bordello nazista. L'argomento era, ed è ancora, tabù."

Sono state da 300 a 400 le donne che furono costrette in dieci diversi lager al lavoro sessuale forzato.

Eclissi è la storia delle prime 10 donne protagoniste di uno dei più disarmanti frammenti di storia dell'olocausto: l'inaugurazione del primo bordello per internati a Buchenwald.
Firenza ci chiede, a noi spettatori, secondo noi, con chi erano costrette a prostituirsi.
Qualcuno risponde: —Con gli ufficiali tedeschi? I soldati?—.
Niente di tutto questo. Venivano fatte prostituire con il personale di guardia al campo, con gli internati criminali comuni, anche con gli internati ebrei, per aumentarne la produttività, per arginare l'omosessualità, ed altro.
Le prestazioni erano a pagamento (in favore delle casse del campo di prigionia), ma venivano accettati anche dei "buoni premio" che i prigionieri maschili ricevevano dalle SS per una "visita al bordello".

Eclissi si ispira al tema della prostituzione forzata che avvenne in alcuni lager nazisti. Ad essa erano costrette donne presenti nei campi di prigionia, internate per motivi di "diversità sociale", ma non ebree. Magari donne che avevano già "osato" unirsi ad un uomo di razza ebrea.

Lo spettacolo inizia sul piazzale, nella fredda sera dei giorni della merla. Una guardiana in uniforme di SS seleziona, con grida e metodi violenti le donne di "Ravensbruck", da iniziare al bordello. E' chiara su cosa andranno a fare, su cosa le aspetta, ma lo pone come un'opportunità, come una libera scelta, con una serie di promesse. Anche se qualcuna si dichiara comunque disponibile, sarà la guardiana a scegliere e ad imporre chi avrebbe fatto quel lavoro.

Le prescelte entrano nel Sonderbaum, nell'edificio speciale.
La narrazione della storia, ci fa entrare nel Sonderbaum dalla porta di servizio, seguendo l'iniziazione delle ragazze.
Entriamo nel salone della Tinaia, in cui è allestito il dormitorio. Poca luce, violacea, offuscata dal fumo. Noi, gli spettatori, ci ritroviamo al centro della scena, con le ragazze sdraiate sulle loro brande, sistemate lungo le pareti.
La guardiana impartisce ordini ed elenca regole. Le sue grida arringano le donne, le esaspera. La violenza verbale si trasforma presto in violenza fisica, anche tra le stesse donne, come se rigettassero sulle stesse sventurate compagne l'esasperazione di quella situazione, ed il terrore per quello che temono le aspetti.
Si azzuffano tra di noi spettatori, che ci spostiamo, seguendo come un'onda le attrici che si muovono da una parte all'altra della sala, da una parte all'altra della scena.

La guardiana sembra mantenere le sue promesse, l'acqua calda per lavarsi, un pezzo di sapone profumato a testa, lenzuola pulite, e poi uniformi, scarpe con i tacchi e calze, che le ragazze indossano...
E tra sei mesi verrete congedate—, promette.
Sei mesi passeranno... presto...—, pensa (dice) una delle ragazze.

Si cambia scena, il pubblico entra nella "cameretta di servizio", e si dispone lungo la parete, chi seduto, chi in piedi.
La luce è concentrata sul letto, dove una delle ragazze si prepara a ricevere il suo primo cliente del suo primo turno. Minimo 10 al giorno sarà il suo programma quotidiano.
Alla parete, sopra al letto, il ritratto di Himmler, capo delle SS, ideatore delle "sonderbauten", come a voler essere onnipresente testimone degli amplessi forzati.
Le donne, a turno, si danno il cambio sul letto, raccontano dei propri clienti e raccontano di se stesse. Dell'orrore per alcune "larve umane", per le sevizie dei più violenti. Mimano gli amplessi. A fine turno la guardiana le manda a lavarsi.
Rimasta sola, la guardiana si accende una sigaretta, e si accomoda sul letto di servizio. Si toglie gli stivali per mettersi delle scarpe femminili. Assume una posizione inquietante, tra il soddisfatto e compiaciuto per aver compiuto il proprio dovere, dissacrando quel materasso dallo scopo così macabro, ma rasserenata in volto, con un corpo ora più femminile, sotto gli occhi incorniciati del suo comandante.

La chitarra e la voce di David Murray accompagna il pubblico nella sala successiva, nel refettorio. Dove le donne consumano il loro pasto. Qui le donne mostrano una vicendevole comprensione.
La guardiana si accorge che una di loro non ha mangiato, e la obbliga a farlo. E' quello uno dei suoi obblighi principali, le sue prostitute devono mantenersi ben in carne.
Le donne escono e la guardiana ha uno scatto d'ira, scaraventa via i resti del pasto, e si siede, silenziosa e sola, quasi se si fosse piegata al peso di quel lavoro.

La storia si conclude in una stanza piena di luce, è la sala d'attesa per i clienti, ed alcune ragazze li stanno aspettando.
Lo spettacolo è finito, noi usciamo dall'ingresso principale.
Abbiamo fatto a ritroso, un viaggio in questo gorgo di inumana violenza. Abbiamo mosso lo sguardo dentro questa storia architettonica e drammatica al tempo stesso, lungo un percorso forzato, violento anche se tenero in molti istanti. Abbiamo vissuto, a fianco a loro, la realtà infernale della storia di queste giovani donne, molte delle quali, altro non potevano fare, per estraniarsi da ciò che le stava dilaniando fisicamente e mentalmente, se non scegliere di farlo da sole, consapevolmente, affogandosi nell'alcol, che veniva dato loro dalla guardiana "per scaldarsi le budella".

L'uomo, "il cliente", sebbene continuamente menzionato per tutta la rappresentazione, è assolutamente assente dallo spazio scenico.



Mi fermo a parlare con Firenza Guidi, le parlo di due miei dubbi. Uno, il primo, me lo toglie subito, nessuna veniva "congedata" dopo sei mesi. Le più venivano rispedite a Ravensbrück, dopo pochi mesi, affette da malattie veneree.


sabato 29 gennaio 2011

a La Ruga, omaggio a Marinella Marianelli

Oggi ha preso il via la nuova stagione di incontri della rassegna culturale "Sabato d'Autore".
Con il primo appuntamento dedicato all'omaggio a Marinella Marianelli. L'appuntamento si è svolto nei locali dell'Associazione Culturale "La Ruga", a Ponte a Egola.


L'incontro, aperto da Filippo Lotti,

è stato condotto dall'amico Riccardo Cardellicchio, animatore, tra l'altro dell'associazione "Fiera del Libro Toscano", che cura la rassegna culturale dei "Sabato d'Autore".





Il clou dell'iniziativa è stato sicuramente la performance di Andrea Giuntini che ha letto brani di due romanzi della professoressa Marianelli: "Il remoto ieri" e "Ipotesi per un fantasma", entrambi pubblicati dalla casa editrice fucecchiese Erba d'Arno dell'amico Aldemaro Toni.


"La vita è irriproducibile. Una volta consumata, non è più vivibile, cioè non è più se stessa; ogni proiezione è una deformazione, poiché le mancano i caratteri della vita, che è flagranza, grumo vivo di sangue, di umori, di affetti."
Da "Il remoto ieri, cronache in forma di racconti"






Giuntini ha letto anche poesie della professoressa, tratte dalla raccolta "Le stagioni del cuore", dai primi versi scritti a vent'anni fino alle poesie dei tempi più recenti.


Le letture sono state intervallate dal suono della chitarra di Stefano Atzori.





La sala era veramente piena, con quasi cento persone presenti...

venerdì 28 gennaio 2011

scorte, di quando si parlava della fine del millennio (11)

Il 5 maggio dello scorso anno avevo iniziato a riproporre "Frammenti", una collana di foto-pensieri in cui raccoglievo/raccontavo dei segni che fossero capaci di rappresentare il varco della data del cambio del millennio.
Il primo numero aveva per titolo "MATTONI".
http://aurelio-vivereapierino.blogspot.com/2010/05/di-quando-si-parlava-della-fine-del.html
Il secondo numero, "NUVOLE".
http://aurelio-vivereapierino.blogspot.com/2010/05/di-quando-si-parlava-della-fine-del.html
Il terzo numero, "STRADE".
http://aurelio-vivereapierino.blogspot.com/2010/07/strade-di-quando-si-parlava-della-fine.html
Il quarto numero, "ORIZZONTI".
http://aurelio-vivereapierino.blogspot.com/2010/07/orizzonti-di-quando-si-parlava-della.html
Il quinto numero, "ACQUE".
http://aurelio-vivereapierino.blogspot.com/2010/09/acque-di-quando-si-parlava-della-fine.html
Il sesto numero, "MACCHINE".
http://aurelio-vivereapierino.blogspot.com/2010/10/macchine-di-quando-si-parlava-della.html
Il settimo numero, "PAPAVERI".
http://aurelio-vivereapierino.blogspot.com/2010/11/papaveri-di-quando-si-parlava-della.html
L'ottavo numero, "VITIGNI".
http://aurelio-vivereapierino.blogspot.com/2010/11/vitigni-di-quando-si-parlava-della-fine.html
Il nono numero, "GIRASOLI".
http://aurelio-vivereapierino.blogspot.com/2010/12/girasoli-di-quando-si-parlava-della.html
Il decimo numero, "PITTURE".
http://aurelio-vivereapierino.blogspot.com/2011/01/pitture-di-quando-si-parlava-della-fine.html

Continuando a seguire il filo conduttore fondato sul confronto rappresentato dalla contrapposizione-complementarietà tra l'uomo e la natura, questo undicesimo numero, intitolato "SCORTE", terzo elemento della terza tetralogia, voleva rappresentare come l'uomo sa andare oltre le esigenze immediate.




Questo undicesimo numero di "FRAMMENTI", realizzato nel mese di marzo del 1998, lo presentai il 5 aprile di quello stesso anno, nei locali dell'ex frantoio di San Domenico in San Miniato, unito all'esposizione delle immagini della collezione e 10 pannelli contenenti i dieci numeri precedenti.







primi pensieri
Le risorse, una frontiera per il futuro dell'uomo.

Continuando questo mio percorso-ricerca, attraverso i frammenti che, sparsi sul territorio e compenetranti la nostra vita, portano con sé i segni degli ultimi momenti di questo millennio, mi trovo a raccoglierne un'undicesimo. Nel tumulto degli avvenimenti, e nella catastrofe delle azioni l'uomo si mostra ancora capace di fermarsi un'attimo a considerare la propria esistenza e le prospettive future che essa potrà avere. Nelle strutture di vita sociale e politica che esso ha saputo darsi con l'intenzione di realizzare le proprie aspirazioni, costruite all'interno di clan, tribù, famiglie, etnie, popoli e nazioni, esso si cimenta nel governare il futuro.
L'uomo, come ho cercato di mostrare negli altri frammenti di fine millennio che ho fin qui raccolto, è capace, nel bene e nel male, di vedere oltre l'immediato, il soddisfare oggi i suoi bisogni primari. L'uomo politico ha l'aspirazione di essere decisore e al tempo stesso garante, dei modi in cui soddisfare i bisogni dei suoi simili. Considerato che il problema sta tanto nell'oggi come nel domani, la domanda di soddisfazione dei propri bisogni, si rivolge ad un oggi perpetuo. Tanto da divenire il domani uguale all'oggi, così l'uomo politico, alla ricerca del consenso dei suoi simili, che ne avallino le decisioni e gliene rendano merito dei risultati, pensa provvedimenti dall'attuazione immediata, capaci di soddisfare oggi. Ma difronte alla realtà, che non c'è un oggi senza un domani, cioè di un'azione susseguente ad un'altra senza che la prima non condizioni la seconda, ecco che decidere l'oggi comporta il decidere il domani. L'uomo, fiducioso nei suoi mezzi, o ignaro delle conseguenze, non si è curato poi molto del risparmio delle sue risorse, perché contava di essere capace di trovarne o crearne di nuove.
Ma, alla soglia del trapasso al prossimo millennio, questa fiducia sta entrando in crisi. L'enorme aumento della popolazione mondiale, e la conseguente domanda di alimenti e di energia per uno sviluppo che si sta velocemente allargando verso quasi tutti i continenti, ha messo l'uomo nell'obbligo di fare i conti delle proprie risorse. Il fare i conti delle risorse non è una semplice stima della superficie dei terreni coltivabili e il quantificare il volume del combustibile energetico, ma è la determinazione dei costi economici e sociali legati all'utilizzazione sia dei terreni che dei combustibili energetici. E il parametro di riferimento per questa determinazione è il riflesso che l'uso di questi fattori provoca sulla disponibilità dei due elementi base della vita del pianeta, l'aria e l'acqua.
Volendo focalizzare questo frammento sulla disponibilità delle risorse alimentari, che è stato il fattore condizionante sulla crescita della qualità di vita dell'uomo fino al crepuscolo di questo millennio, ecco che nasce "SCORTE". Questo undicesimo frammento raccolto tra le attività umane, porta con se il segno di un'opera di prevenzione difronte all'indeterminabilità del futuro. Da sempre l'uomo ha cercato di sviluppare sistemi e metodi per poter conservare il cibo per potersi nutrire anche nelle stagioni fredde, povere di alimenti nutrienti. E le immagini raccolte, e racchiuse in questo frammento di fine millennio, testimoniano l'uso di particolari ricoveri, e di selezionati frutti della terra, capaci di resistere integri per un certo periodo. Alimenti che avrebbero poi costituito la dieta base dei mesi senza raccolti, che avrebbero dovuto essere sufficienti anche per imprevisti bisogni.
Il modificare la qualità dell'aria e dell'acqua, incide in maniera fondamentale sulle possibilità di sopravvivenza dell'uomo e del pianeta stesso. Così l'uomo, attraverso quella sua capacità che lo rende particolare di fronte agli altri esse viventi, di fermarsi a ragionare sulla propria esistenza, è capace di ritrovarsi a discutere assieme a tutti i suoi simili sparsi sul pianeta, di come accordarsi per salvaguardare la qualità della vita di tutti. Le nazioni della terra, che hanno da tempo superato la soluzione del problema alimentare, e che hanno così potuto utilizzare le loro risorse per lo sviluppo industriale e tecnologico, hanno identificato quale loro principale bisogno, quello della disponibilità illimitata di energia, sia elettrica che termica. E sarà proprio sulla gestione delle risorse energetiche, che hanno un'impatto dirompente sugli equilibri dei componenti dell'aria, che rappresenteranno la vera frontiera che separa l'uomo dal suo futuro, che incontrerà nel prossimo, terzo, millennio.

pensieri in foto
Con "SCORTE", frammenti riacquista la sua principale figura di documento, raccoglitore e catalogo di segnali che attraversano e si manifestano nella confusione di questo instabile fine millennio, dove l'uomo continua a mostrare la sua umorale natura. Egli oggi si erge, grazie al livello di conoscienza e capacità tecnologica, che ha raggiunto attraverso il suo sviluppo intelletivo, che sembra non conoscere più frontiere da due secoli a questa parte, a giudice del futuro. Mentre nella millenaria storia dell'uomo dove i segni venivano tracciati soprattutto dalle guerre, o dalle manifestazioni di capacità manuali e di pensiero di artisti dell'ingegno, la seconda parte di questo millennio ha visto un uomo che si è gettato verso la ricerca di una soluzione globale del problema principale dell'uomo, il cibo.
Dalla scoperta dell'america sono partite una serie di trasformazioni sociali ed economiche che hanno scritto la storia del pianeta. Gli alimenti scoperti nel nuovo mondo, hanno profondamente cambiato l'agricoltura europea, dandogli un forte impulso nella messa a coltura di nuovi terreni. L'appoderamento delle campagne le trasformò, aumentandone la produttività. La popolazione, grazie all'accresciuta disponibilità di cibo, aumentò vertiginosamente, ampliando una serie di nuovi bisogni che una più diffusa disponibilità di denaro e l'ampliamento delle città aveva portato. Ecco che sotto la spinta di questi nuovi bisogni che nacque l'industria per la produzione su larga scala.
Le immagini di questo undicesimo frammento appartengono, nel loro aspetto formale, a quell'esperienza fotografica legata alla documentazione visiva dell'esistente soggetto ad una forte erosione del tempo. Tutti quegli oggetti che rappresentano i soggetti di queste immagini rappresentano delle risorse recuperate all'oblio e la cancellazione attuata dal tempo. Si tratta di un microcosmo costruito e mantenuto in vita dall'opera instancabile di due anziane persone, che hanno ancora un rapporto col futuro come fosse un'entità maligna sovrannaturale, dalla quale ci si deve comunque prevenire. E lo fanno portandosi dietro tutto il passato, come dote alla quale attingere "alla bisogna".

Otto fotoFrammenti di un microcosmo in attesa del futuro.
I foto-frammenti che propongo con "SCORTE" sono immagini raccolte in una visita a fine estate (1997) nella casa colonica dell'amica Caterina, ritraendo gli oggetti e i frutti della natura che lei con parsimonia immagazzina nella stalla, prima di ogni inverno.


Il microcosmo che si aprresta a varcare il futuro è una vecchia stalla di una casa colonica che sembra stare in piedi solo per rispetto di un'anziana coppia, Lorenzo e Caterina, che vanno tutti i giorni a farla rivivere con la loro presenza e la loro instancabile attività.


Dentro il locale si trova di tutto, ma vi sono ricorevati soprattutto quei cibi, frutto della terra, che ben accuditi, sono capaci di mantenersi commestibili per tutto l'inverno, la vera frontiera verso il futuro. Così dentro una cassetta, si trovano pomodori e pereponi, di varia grandezza e maturazione, per un utilizzo scalare.


Al soffitto vengono appesi gli ortaggi che durano più a lungo, come le cipolle a mazzi, grandi e piccole assieme.







I pomodori che vanno al soffitto sono i pomodori vernini, per l'inverno appunto. Piccoli e rotondi, vengono impalcati su appositi castelletti fatti di porzioni di canna di bambù.


All'interno della stalla, su di una parete, che ancora conserva i resti dell'antica tinta che la rivestiva, sono sistemate in bell'ordine una serie di corde.





In un angolo ci sono falci e saggina. La saggina, un sorgo dal fusto lungo e giallo, caratterizzato da un'infiorescenza fatta di steli serrati e robusti, nelle fredde e piovose giornate invernali verrà intrecciata per farne delle scope.


Il santo e l'ombrello, potrebbero essere un significativo accopiamento, seppur casuale. S. Antonio, protettore degli animali, e quindi di una delle risorse della campagna, può essere benissimo accompagnato ad un'ombrello già aperto, pronto alle evenienze.


Ma questo microcosmo è un ricovero aperto a tutti, dove queste due anziane persone continuano incessantemente ad accumulare il loro passato, vivendoci gran parte del presente, assieme agli animali che fanno loro compagnia.


Lorenzo e Caterina non ci sono più....

giovedì 27 gennaio 2011

train de vie

Nel giorno dedicato alla memoria, ho rivisto in tv "train de vie", un treno per vivere.
E' un film del 1998, diretto dal rumeno Radu Mihăileanu, che tratta in maniera ironica il tema della Shoah.
La trama viaggia tra paradosso e favola, ed alla fine, il vero personaggio principale del film è proprio il treno.
I suoi vagoni, i suoi binari. Il treno che diventa da mezzo per la fine, a mezzo per l'inizio, la libertà, per una nuova vita.


Sabato 23 luglio 2005
Ore 9,48. Avvicinandosi a Subbiano.


Adesso la ferrovia entra nella campagna, correndo di fianco a vecchi binari, e la mia mente si rilassa.

Non sono qui per fuggire, forse sono qui per cercare un’altra meta, o solo per imparare un’altro modo per vivere la mia vita.
Forse sono qui perché vorrei imparare da questo treno a continuare a correre per la stessa strada, perché questa è la sua strada.
Forse sono qui perché vorrei imparare da queste finestre a farsi guardare ogni giorno da degli sconosciuti, e fare la loro vita.
Forse sono qui perché vorrei imparare dalla corrente di questo fiume a portare le cose dove non vogliono andare.
E magari avere la pazienza di questo treno di andare e venire, per poter ricominciare a vivere una vita di nuovo mia.

Non so’ in realtà da quando tutto questo è cominciato, se esiste una data da ricordare.
C’è sempre una serie di date che anelano una storia, che nel tempo ha preso una strada.

Brano tratto dal mio "trenAretino", pag. 11.

mercoledì 26 gennaio 2011

muro pulito, popolo muto


Stamani, prima di farmi la barba, ho controllato la posta.
C'era una "comunicazione" di un'amica.
Si trattava dell'appello/editoriale di Concita de Gregorio, sul giornale di cui è direttrice, l'Unità.
Ve ne consiglio la lettura.
http://concita.blog.unita.it/le-altre-donne-1.266857

Ho messo in relazione la barba da fare, con la lettura della "comunicazione", perché mentre mi radevo, pensando alle cose da fare per il resto di questa settimana, ed in particolar modo ad una stalla che dovrò andare a visitare nei prossimi giorni, mi è venuto in mente il ricordo di un'altra visita.
Un paio di anni fa, una stalla appena fori Lodi. Una cascina dell'ottocento, ammodernata per ospitare una allevamento di circa 1.000 vacche da latte, con una sala mungitura che poteva essere la plancia di comando di un'astronave Romuliana.
La stalla è gestita da due fratelli poco più che quarantenni, con le rispettive famiglie.
Parlando, siamo entrati nel tema delle distanze operative per la gestione dell'approvvigionamento della stalla e degli spandimenti dei liquami.
Alla domanda se riuscivano a far tutto entro un raggio di 10 km, la risposta fu quasi immediata.
Certo, da qui al Bennet ci sono sono 9,7 km, e noi facciamo tutto prima!—.
Il Bennet?—, gli abbiamo chiesto...
Ma certo. Il centro commerciale all'uscita dell'Autostrada. Ci andiamo spesso, anche domenica scorsa...
Proprio, quel giorno, mi ricordo, alla radio avevano dato la notizia che erano stati arrestati alcuni ragazzi emiliani con l'accusa di ricostruire una cellula terroristica.
Tra chi misurava il suo mondo attraverso la distanza tra la propria casa ed il centro commerciale dove andava con la famiglia le domeniche, e chi si metteva ancora in gioco per delle idee, anche se sviluppate e promosse in maniera assolutamente sbagliata, non faccio fatica ad esprimere la mia simpatia.

Sabato scorso sono stato a vedere il film di Antonio Albanese, "Qualunquemente".
Ho riso, con gusto e con piacere, per molta parte del film. Ma poi, ad un certo punto, ho smesso. Mi è entrata dentro una forte inquietudine. Il finale, poi, è stato troppo reale, e vero, per poterne ridere...

La foto di questo post l'ho scattata domenica scorsa, durante la passeggiata fotografica, in Piazza dei Cavalieri, a Pisa.
In questi anni certa televisione ha "pulito" molti, forse troppi cervelli.
Molti, forse troppi, costumi sono stati sdoganati, normalizzati, digeriti e "venduti".
Così, adesso, abbiamo un popolo muto?
A me, questo popolo, più che altro mi sembra "sordo", disinteressato.

martedì 25 gennaio 2011

millenovecentottantacinque

Se nel 1986,
(http://aurelio-vivereapierino.blogspot.com/2011/01/bandiere-in-rocca.html),
lasciatemelo ridire, eravamo bellissimi, nel 1985 lo eravamo ancora di più. Vero?



E' più di una settimana che ho queste foto sulla scrivania, e stasera non ho resistito nel pubblicarle.
Avrei potuto raccontare della mia odierna visita alla Distilleria Castagner di Visnà di Vazzola, nel trevigiano.




Ma niente.
Stasera vado a letto, sereno, con i ricordi una magnifica estate, con il sapore di una vacanza trascorsa con gli amici, in campeggio, al Forte dei Marmi...

lunedì 24 gennaio 2011

Bucciano e la luna

Mi ricordo di una fiaba, di un sogno, di una torre da costruire, una torre che doveva essere alta, fino al più alto dei cieli.

Mi ricordo di una fiaba, di un sogno, di una torre tanto alta da arrivare fin quasi alla luna.

Mi ricordo di una fiaba, di un sogno, di una torre con dentro una scala che arrivati in cima c'era una luna d'argento.

Mi ricordo di una fiaba, di un sogno, che arrivati in cima alla scala si poteva salire sulla luna, e poi sedercisi.

Mi ricordo di una fiaba, di un sogno, che saliti fino alla luna, si stava seduti a guardar giù, la terra tutta intera, che girava su stessa.





Questa mattina, ore 8,25.