alba a pierino

alba a pierino

venerdì 31 dicembre 2010

la fine dell'anno

Mi ritrovo, in questo tardo pomeriggio, al telefono con un amico, a farci un saluto e augurandoci a vicenda le migliori cose per il prossimo anno alle porte.
Mi ritrovo a farlo lungo la strada che da San miniato scende a La Catena.
Una frana lungo la strada, mi obbliga e fermarmi, per dare la precedenza ad un'auto che sta salendo.


Ne approfitto per soffermarmi un po' di più.
Sulla mia sinistra, la sagoma della pieve di Cigoli, e delle case sottostanti.
Dietro, un cielo macchiato di nubi, colorato dal sole al tramonto.

Scende l'ultimo sole dell'anno, e scende accompagnato dai pensieri sul consuntivo dell'anno appena finito, con una lettura che mi accomuna con l'amico al telefono.
Non è stato un anno esaltante, ce ne sono stati di migliori.

Tra le soddisfazioni non posso però non menzionare, anche perché sono qui davanti allo schermo del mio computer, a scrivere su questo blog, questa finestra che, ancora, tengo quotidianamente aperta.

Saluto i lettori, che di tanto in tanto si affacciano a questa finestra, con un augurio...
"Abbiate voglia di cercare..."

giovedì 30 dicembre 2010

ricordo Marinella Marianelli

Sabato scorso, il giorno di Natale, è venuta a mancare la professoressa Marinella Marianelli.
Nella mia storia c'è anche lei. Era assessore alla cultura del mio Comune, quando ho iniziato a far foto e a scrivere.
Se fu Dilvo Lotti a scoprirmi e ad incoraggiarmi, lei mi sostenne.
Nei primissimi anni del mio fare, appena ventenne, lei non solo mi diede fiducia, ma credette in quello che facevo, e le piaceva.


Il 28 settembre scorso, "a proposito di bosco e di guerra", riproposi un brano che era contenuto in una mia pubblicazione, dal titolo "Nel bosco di Regli", dell'aprile del 1990. Quel racconto me lo aveva ispirato proprio lei, narrandomi quel fatto, e facendomi conoscere anche altri testimoni.
http://aurelio-vivereapierino.blogspot.com/2010/09/proposito-di-bosco-e-di-guerra.html
La professoressa Marianelli, mi scrisse la prefazione della pubblicazione.
Che qui riporto...
Aurelio Cupelli è un ricercatore speciale.
E' uno che va in giro per boschi e campagne, ove segue ogni traccia -anche la più minuta- che possa condurlo a ritrovare i segni concreti del paesaggio agrario del passato e ove tallona i protagonisti di una civiltà al tramonto, con l'intenzione caparbia di avere testimonianze vere, possibilmente di prima mano, di una vita che non è più.
Di fronte a questa ostinata ricerca ci domandiamo: "C'è in Cupelli la nostalgia verso un mondo, mitizzato e, quindi, vagheggiato dalla mente di un giovane, dopo che tante volte ha udito commosse rievocazioni fatte dai vecchi?".
Può darsi che qualche granellino di romantico vagheggiamento ci sia, ma non è questo il sentimento che sta alla base del modo con cui Aurelio Cupelli guarda ad un mondo, che, a poca distanza di tempo, appare tanto remoto da noi.
Nel suo rappresentare cogli il nucleo, più o meno latente, di un proposito "ecologico", che impegna sia la mente che il cuore, ma capisci immediatamente che un tale proposito non si esprime né con le forme dell'argomentazione sociologica, né con quelle della spassionata documentazione storica e nemmeno coi toni apocalittici, tipici di un certo radicalismo ambientalista.
Il suo pensare ed il suo sentire hanno trovato la via della rappresentazione per immagini e mediante testimonianze-racconto, come in quest'ultimo lavoro dal titolo "Nel Bosco di Regli", che consta di dodici fotografie e quattro racconti.
Esso ha riconfermato come questo giovane sia attaccato con adesione intellettuale e con convinzione morale ai modi naturali ed umani del vivere e del produrre, come sia desideroso di salvare dall'oblio una storia di uomini, autentici e non artefatti, nelle pene e nelle gioie, nei piaceri e nelle fatiche, nel bene e nel male.
Protagonista qui è il bosco, il bosco di Regli, il bosco che "protegge e nasconde", come si legge nei versi in apertura del volumetto, quel bosco che cresce in piano e su scoscesi pendii, "in silente difficoltà".
E' il bosco che dà la prova inequivocabile della realtà di oggi, col suo abbandono, testimoniando dei mutamenti nel modo di lavorare, nei rapporti umani, nelle usanze. Là, tra Cigoli e l'Egola, quel bosco di lecci, querci, di cornioli, col suo intricato sottobosco, un giorno pieno di vita, fervido di canti d'uccelli, di rumori del lavoro, di voci d'uomini che tagliavano legna o facevano carbone, è ora depresso nel suo silenzio e nel suo degrado.
Eppure esso fu testimone di vicende private e di fatti storici da inserire nella grande Storia che tutti ci ha riguardato e ci riguarda.
Il primo dei racconti, per voce d'un protagonista, evoca i tempi del lavoro duro ed impegnativo, quando i carbonai faticavano, avendo però con la loro opera un rapporto più vero e più autentico. Il secondo fissa l'immagine del bosco come luogo d'avventura di bambini d'una patriarcale, numerosa famiglia di contadini, e sono bambini cha vanno a raccogliere ghiande nella stagione autunnale.
Il terzo racconto è più drammatico e ricco di movimento: visi narra di un momento turbinoso, quello di un temporale, che coglie improvvisamente i taglialegna e che ha un risvolto sociale, poiché fissa in maniera esplicita l'attenzione sulla condizione di miseria e di fatica. Il quarto evoca i giorni del Luglio '44, quando nel bosco di Regli furono rifugiati soldati russi, che avevano disertato dall'esercito nazista e che impegnarono non poco le energie del comando partigiano di Cigoli.
Il tutto ha un timbro di realismo, venato di commozione e sostenuto da quel fondo di moralità di cui si è detto.

mercoledì 29 dicembre 2010

il castello del Buonconsiglio

Trento, venerdì 17 dicembre 2010.


Il Castello del Buonconsiglio è oggi un vasto e importante complesso monumentale.
Dal secolo XIII fino alla fine del XVIII fu la residenza dei principi vescovi di Trento.
Esso è composto da una serie di edifici di epoca diversa, racchiusi entro una cinta di mura in una posizione leggermente elevata rispetto alla città.






Castelvecchio è il nucleo più antico, dominato da una possente torre cilindrica.
Il Magno Palazzo è l’ampliamento cinquecentesco nelle forme del Rinascimento italiano, voluto dal principe vescovo e cardinale Bernardo Cles (1485-1539).
Alla fine del Seicento risale invece la barocca Giunta Albertiana.
All’estremità meridionale del complesso si trova Torre Aquila


Castelvecchio, la parte più antica del complesso del Buonconsiglio, venne edificato nella prima metà del '200 lungo il tratto orientale delle mura cittadine su un rialzo roccioso in prossimità del fiume Adige. Aveva in origine la funzione di roccaforte militare. I tre ordini di merli visibili in facciata segnano le successive fasi di sopraelevazione della struttura (secc. XIV-XV).

L’imponente torre cilindrica, realizzata in grossi conci di pietra calcarea, è il Mastio, edificata nella prima metà del Duecento.
Appartiene al nucleo più antico del castello. La parte più alta della torre presentava in origine una copertura a pan di zucchero, demolita nel XIX secolo dal governo austriaco per ragioni di carattere militare.

Il cortile interno, a loggiati sovrapposti, è dovuto all’intervento tardo-quattrocentesco del principe vescovo Giovanni Hinderbach. Il cortile presenta un porticato sormontato da loggiati su tre livelli, collegati da eleganti scale in pietra.





La loggia Veneziana, affacciata sulla città, si deve agli interventi di abbellimento e ampliamento promossi dal principe vescovo Giovanni Hinderbach. Otto colonne in pietra rosa, con capitelli in pietra bianca scolpiti a foglie e motivi figurati, sostengono nove archi trilobati.


Il maestoso corpo di fabbrica cinquecentesco, detto il Magno Palazzo, fu eretto per volontà del vescovo Bernardo Cles accanto al Castelvecchio nel giro di pochissimi anni a partire dal 1528. Addossato alle mura medioevali, che lo congiungono a Torre Aquila, il Magno Palazzo comunica con la parte più antica del Castello attraverso un passaggio sospeso ed è articolato in quattro ali intorno al Cortile dei Leoni, sul cui lato meridionale si apre l’ampia Loggia affrescata dal Romanino.


Andito davanti alla cappella.
È l’ingresso ufficiale al Magno Palazzo, che si raggiunge da Castelvecchio dopo aver percorso un corridoio ornato da fregi dei Dossi e da una Madonna con il Bambino del Fogolino e dopo aver attraversato un passaggio esterno coperto.


La Stua della Famea, è un grande salone che nel cinquecento era adibito a sala da pranzo per la familia (famea), o corte vescovile.
La sala è detta anche “del tribunale”, perché qui, durante la prima Guerra Mondiale, il governo Austriaco aveva insediato un tribunale, dove furono processati e condannati a morte gli irredentisti trentini Cesare Battisti e Fabio Filzi.







Cortile dei Leoni.




Situato al primo piano e chiuso su tre lati da pareti in muratura e sul quarto dalla Loggia del Romanino, è un piacevole spazio verde all’interno del Magno Palazzo. Il nome deriva da una fontana cinquecentesca, di cui oggi sono rimasti solo i due leoni in pietra scolpita.
Il lato orientale segue il tracciato delle mura cittadine. Sulla parete meridionale, sopra gli archi della Loggia, medaglioni in pietra scolpiti che ritraggono i profili di Massimiliano I, Filippo il Bello re di Spagna, Carlo V e Ferdinando I d’Austria.

Loggia del Romanino.


Deve il suo nome al pittore bresciano Girolamo Romanino che, tra il 1531 e 1532, affrescò questo importante luogo di raccordo tra i corpi di fabbrica del Magno Palazzo, realizzando uno dei suoi capolavori.


Al centro del soffitto, un grande riquadro raffigura Fetonte sul carro del Sole, trainato da focosi cavalli in una corsa vertiginosa attraverso il cielo.


La sezione egizia del Castello del Buonconsiglio, donata a metà Ottocento dal trentino Taddeo Tonelli, ufficiale dell’impero austro-ungarico, colpito “dall’Egittomania” che in tutta Europa vedeva studiosi e avventurieri in gara per accaparrarsi preziosi “cimeli” da sfoggiare nei salotti della nobiltà. La raccolta comprende stele, maschere funerarie, monili, resti di mummie umane e animali, numerosi ushabty (modelli miniaturistici di servitori funerari il cui compito era quello di sostituire il defunto nelle attività dell'Aldilà) e centinaia di amuleti. Tra gli oggetti più curiosi spiccano una mummia di gatto di epoca tarda, animale sacro che simboleggia il calore benifico del sole, alcune statuette in legno delle divinità Nekhbet raffigurata con le sembianze di un avvoltoio, la divinità Uaget, rappresentata in forma di cobra e di Osiride, dio dell’oltretomba.


Oltre seicento oggetti in mostra offrono la più ricca visione di insieme sull’antico popolamento del Trentino fra preistoria, epoca romana e alto medioevo.
Le testimonianze più remote si collocano alla fine del processo di occupazione del territorio, avviato da cacciatori nomadi giunti da sud dopo il ritiro dei ghiacci, attorno a 11.000 anni a.C., nel Paleolitico Superiore. Ampiamente rappresentati sono i periodi successivi, quando la diffusione di manufatti in metallo coincide con fenomeni di stabilizzazione degli insediamenti, di crescita dei contatti e scambi e della complessità sociale.
All’attività metallurgica che presuppone l’affermarsi di artigiani specializzati, si riferiscono una serie di strumenti come crogioli, forme di fusione per pugnali e asce provenienti dalla palafitta di Molina di Ledro. L’enorme sviluppo della produzione del rame verso la conclusione del II millennio a.C. è evocata dalla ricostruzione di un forno fusorio e da numerosi manufatti in bronzo, fra i quali strumenti innovativi come le roncole, “un’invenzione” delle popolazioni locali.
Diademi in bronzo dalla palafitta di Ledro, una preziosa collana di ambra baltica, oggetti d’armamento, fra i quali spade e i celebri schinieri dei Masetti di Pergine, destinati a proteggere le gambe del guerriero, sono i prestigiosi segni di distinzione e di potere dei ceti emergenti dell’età del Bronzo.


Le fonti scritte di epoca romana collocano nel territorio alpino centro-orientale le popolazioni dei Reti cui si riferiscono, fra il VI-I secolo a.C., caratteristici contenitori in ceramica, strumenti in ferro, come zappe, vomeri/sarchielli e grandi chiavi, nonché oggetti d’ornamento in bronzo.
Agli influssi del mondo etrusco-italico si devono il diffondersi di oggetti legati al focolare domestico e al consumo simposiale del vino, di statuette di divinità e di ex-voto in lamina bronzea ritagliata e l’utilizzo di una varietà dell’alfabeto nord-etrusco. Una fra le più estese iscrizioni è incisa su di un contenitore, una situla, di produzione locale scoperto sul Caslir di Cembra.



La mostra “Antiche Madonne d'Abruzzo. Dipinti e sculture lignee medievali dal Castello de L’Aquila.
Le opere, una ventina tra sculture lignee e dipinti su tavola medievali, sono state salvate dai vigili del fuoco dal Museo Nazionale dell’Abruzzo a L’Aquila dopo il terribile terremoto di un anno fa.
Tra le sculture spicca la Madonna di Lettopalena, risalente alla fine del sec. XII, un assoluto capolavoro che trova in Abruzzo un unico termine di paragone nella stupenda Madonna di Castelli, assimilata per la sua bellezza ai rilievi della Cattedrale di Chartres.



Le altre sculture ascrivibili alla seconda metà del Duecento, provenienti dalle chiesette di Scoppito e Collettara, nei pressi de L'Aquila, rivelano un gusto popolareggiante, non esente da influssi nordici.
Diffuse nell'Italia centrale nei secoli XII e XIII, queste Madonne appaiono sommariamente intagliate e quasi ancorate al suolo dal peso di enormi zoccoli.
Si distinguono per valore artistico la Madonna di Pizzoli che presenta un maggior rilievo, nelle dimensioni e nell'aspetto, e soprattutto la magnifica, e più amorevole nei confronti del Bambino, Madonna di Penne, qualificata dalle fattezze del volto ancora adolescente e dalla audace scollatura che le scopre le spalle.





martedì 28 dicembre 2010

bagno termale a Rapolano

Le fonti termali di Rapolano, note fin dall'antichità, come testimoniano i recenti ritrovamenti a Campo Muri di un complesso termale di età romana, furono analizzate da molti chimici e naturalisti, soprattutto durante il periodo granducale dei Lorena.


I progressi compiuti dalla chimica dalla metà del secolo XVIII si dimostrarono essenziali per le indagini scientifiche sulle acque termali che venivano realizzate con il supporto di nuove teorie, nuovi metodi e nuovi strumenti.
Lo studio di un'acqua prevedeva la determinazione delle caratteristiche fisiche delle acque alla fonte, di cui si valutava il calore, l'odore e il sapore.
Prevedeva anche le analisi chimiche, eseguite con particolari reagenti per coglierne la composizione e, infine, la determinazione degli effetti terapeutici che permetteva di abbinare ad ogni acqua la cura di specifiche malattie.
Ancora oggi le terme di Rapolano richiamano un gran numero di frequentatori grazie agli effetti benefici delle sue acque sulfuree-bicarbonato-calciche e alla bellezza del paesaggio che le circonda.
Le acque delle Terme di Rapolano sgorgano ad una temperatura di 39-40 °C. Sono particolarmente indicate per la cura dell'apparato respiratorio, locomotore, cardiovascolare e per le malattie della pelle.



La dimostrazione che esiste una energia termica all'interno della terra è ormai un fatto certo e ben conosciuto.
Vulcani, sorgenti termali, soffioni e gayser documentano bene la presenza di un calore interno alla Terra che fluisce verso l'esterno.


Si chiama gradiente geotermico l'aumento della temperatura con la profondità e non è un valore fisso e uguale, nel senso che parti diverse della nostra superficie possono avere un diverso gradiente geotermico; in media questo gradiente e di circa 1 grado centigrado ogni 33 metri (3 gradi ogni 100 metri) di profondità ma come detto può variare notevolmente, come vicino alle dorsali dove si può arrivare a valori di 3-4 gradi ogni 33 metri.
Queste variazioni della temperatura interna della Terra vengono chiamate gradienti geotermici anomali.
La produzione di calore all'interno della Terra è assicurato dal decadimento di isotopi radioattivi presenti soprattutto nel mantello. Quelli più importanti sono il torio 232, l'uranio 238, e 235 e il potassio 40, ad esempio un grammo di uranio 235 produce 4,34 calorie all'anno.
Dal momento che con il decadimento la quantità di questi isotopi diminuisce, si deduce che al momento della formazione della crosta terrestre il flusso di calore doveva essere notevolmente maggiore e questo fa ritenere che anche lo spessore delle zolle fosse minore rispetto allo spessore attuale.
Quindi il nostro pianeta diffonde del calore che, dal nucleo e dal mantello, si trasferisce alla crosta e all'atmosfera, anche se il calore che assume l'atmosfera da questi processi è assai minore di quello che è fornito dal Sole.



Nella porzione sud-orientale della Provincia di Siena ed in parte della Provincia di Arezzo, dal punto di vista generale, vi si distinguono tre settori appartenenti ad altrettanti elementi fisiografici.
Essi, distribuiti da SO verso NE, sono il margine orientale del Bacino di Siena - Radicofani, la Dorsale Rapolano-M .Cetona e il Bacino della Val di Chiana.
I due bacini sedimentari sono collegati allo sviluppo di depressioni tettoniche e sono costituiti da vari depositi clastici, il Bacino di Siena - Radicofani da argille, sabbie, conglomerati e, in subordine, calcari e calcareniti appartenenti a formazioni marine e continentali del Pliocene Inferiore e Medio; il Bacino della Val di Chiana, oltre che da questi sedimenti da depositi continentali del Villafranchiano superiore.
La Dorsale Rapolano-M .Cetona rappresenta un alto strutturale che separa il Bacino di Siena - Radicofani da quello della Val di Chiana.
Essa è in parte ricoperta dai sedimenti neogenici ed è rappresentata da affioramenti isolati disposti in direzione appenninica, è costituita da formazioni di età mesozoico-terziarie appartenenti all'Unità della Falda Toscana e alle unità liguri.

lunedì 27 dicembre 2010

il presepe e l'albero

Non avevo ancora raccontato della costruzione del presepe di questo anno.
Non l'avevo ancora raccontato perché il presepe di questo anno ha avuto una storia molto simile a quella dello scorso anno.
http://aurelio-vivereapierino.blogspot.com/2009/12/il-presepe.html

Ne abbiamo parlato, lo abbiamo progettato, pensando a cosa utilizzare, ma poi i compiti a casa, qualche mia trasferta, ed infine, la neve del 17, hanno rimandato l'inizio dei lavori.

Così, tra la vigilia, ed il giorno stesso di Natale, la bimba ha finalmente avuto modo di costruire il presepe.


Nel ritardo dei lavori del presepe, abbiamo avuto modo di pensare ad un progetto anche per l'albero di Natale, vera novità per Pierino.

Cercando i ruscelli, l'altro giorno, muovendoci tra gli alberi e gli arbusti del bosco, ci siamo immaginati un albero natalizio particolare.


Un arbusto, conficcato in un foro fatto su di un piccolo pezzo di tronco di pino, è diventato l'albero da addobbare.
E per addobbarlo abbiamo raccolto delle "coccole" di cipresso, alcune verdi, altre secche, che la bimba ha colorato.
Io ho fatto i gancetti, ed insieme le abbiamo appese al nostro primo albero della storia di Pierino.


domenica 26 dicembre 2010

un'insolita piazza San Lorenzo, Firenze

Stamani ho potuto godere di un'insolita vista su piazza San Lorenzo, e via dell'Ariento, verso il Mercato Centrale.


Oggi, piazza e via erano sgombre dei tradizionali e pittoreschi, banchi dei venditori ambulanti del Mercatino di San Lorenzo.
I carretti di legno, che si aprono e si ornano soprattutto di articoli di pelletteria, oggi non ci sono.
Le strade sono libere, e la vista sulla basilica di San Lorenzo si fa suggestiva.


Anche il Mercato Centrale, con la sua veste liberty, è visibile come non mai.

Se le prime notizie della basilica di San Lorenzo risalgono al IV secolo, particolarmente amata dai Medici, che la fecero restaurare dal Brunelleschi all'inizio del 1400, la costruzione del Mercato Centrale è molto più recente.



La costruzione del Mercato centrale fu una delle opere di ammodernamento urbanistico che vennero compiute a Firenze, in pieno risorgimento, nei primissimi anni unitari. Durante i circa sette anni in cui Firenze ospitò la corte Sabauda ed il governo del nuovo regno d'Italia (1865-1871), la città fu oggetto del cosiddetto Risanamento di Firenze, un periodo della storia urbanistica cittadina che si protrasse fino al 1895. In quegli anni una larga fetta del centro storico subì drastiche modifiche, dettate da nuove esigenze economiche e sociali.
Fu in quegli anni che furono abbattute le mura cittadine, e lungo il loro vecchio tracciato furono costruiti i viali.