Ma nessuno di questi aveva a che fare con la cosa più interessante che mi sono trovato a fare oggi.
Dell'esperienza di Don Milani ne sono affascinato dai tempi della scuola media, di quando il professore di Italiano ci raccontò della scuola di Barbiana, e ci fece leggere "Lettera ad una professoressa".
Ho sempre pensato che un giorno sarei dovuto andare in questo luogo, che per me è sempre stato il luogo dove la cultura è diventata popolare.
Il luogo dove la cultura ed il sapere, è stato possibile metterli a disposizione di tutti.
Indipendentemente non solo della provenienza sociale, ma anche dalle capacità dei singoli.
Nel 1997, quando in tv dettero "Don Milani il priore di Barbiana", interpretato da Castellito, quella necessità di andare si fece più forte. Rilessi anche "lettera ad una professoressa". Ma poi, nonostante più volte avessi avuto l'idea di partire, non sono mai andato a Barbiana.
Anche oggi non era in programma. Ma quando ho visto il cartello, sulla strada per Vicchio, ho svoltato, senza neppure pensarci su.
Indipendentemente non solo della provenienza sociale, ma anche dalle capacità dei singoli.
Nel 1997, quando in tv dettero "Don Milani il priore di Barbiana", interpretato da Castellito, quella necessità di andare si fece più forte. Rilessi anche "lettera ad una professoressa". Ma poi, nonostante più volte avessi avuto l'idea di partire, non sono mai andato a Barbiana.
Anche oggi non era in programma. Ma quando ho visto il cartello, sulla strada per Vicchio, ho svoltato, senza neppure pensarci su.
Lungo la strada per Barbiana, il primo, crudo confronto con la Storia.
La strada è asfaltata ma molto stretta, alberi ai lati, che risale, a tornanti il Monte Giovi.
In prossimità di un ponte su di un torrente, c'è un monumento commemorativo. Una lapide con 14 nomi. Si tratta del luogo esatto dove avvenne un'imboscata a dei soldati tedeschi, e dove poi si consumò la rappresaglia stessa.
In prossimità di un ponte su di un torrente, c'è un monumento commemorativo. Una lapide con 14 nomi. Si tratta del luogo esatto dove avvenne un'imboscata a dei soldati tedeschi, e dove poi si consumò la rappresaglia stessa.
La Storia racconta:
"La mattina del 10 luglio 1944, quando alla fattoria del dott. Aldo Galardi, situata in località Padulivo, lungo la salita per Barbiana, che era diventata come una frazione, visto che ospitava circa 150 persone sfollate da Vicchio, si presenta un reparto di soldati delle SS con l'intenzione di saccheggiare bestiame e viveri.
Difatti i comandanti chiedono di sfamarsi loro e i propri soldati. Mentre si stanno sfamando, gli ufficiali vengono raggiunti da uno dei soldati che dovevano controllare il territorio, il quale li avvisa che nella stalla ci sono degli escrementi di cavallo ma non c'e presente l'animale. Dopo un interrogatorio vengono a sapere che il cavallo era stato preso dai partigiani.
Viene ordinato alla donna che ha riferito il fatto, che se non vuole far scatenare una rappresaglia, deve andare a recuperare l'animale.
La donna parte immediatamente e nel giro di un ora torna con la bestia.
I tedeschi ripartono portandosi via tutta la roba che hanno sequestrato, ma poco dopo finiscono in un imboscata tesa loro dagli stessi partigiani che avevano preso il cavallo. Un tedesco muore e un altro rimane ferito, e i partigiani si dileguano.
I tedeschi ritornano immediatamente alla fattoria di Padulivo dove il dottor Galardi li aiuta a curare il soldato ferito.
Appena finito di curare il soldato, le SS arrestano tutte le persone che riescono a trovare nella fattoria e li fanno assistere mentre incendiano tutte le abitazioni, quindi li fanno marciare in direzione di Vicchio e giunti nel luogo dove era avvenuta l'imboscata da parte dei partigiani, fucilano 10 uomini e la donna che era andata a recuperare il cavallo. Una delle vittime è il dottor Galardi.
I superstiti vengono rinchiusi in una stalla che si trova nelle vicinanze, dove durante la notte le donne subiscono abusi sessuali, e avvisati che all'alba sarebbero stati tutti uccisi.
Invece il giorno dopo i prigionieri subiscono un interrogatorio e vengono rilasciati, tranne 4 uomini e tre donne, dicendo che gli servivano per cucinare.
Quindi si fanno aiutare dai quattro uomini prigionieri a caricare sui camion il bestiame che hanno razziato, e dopo li uccidono."
"La mattina del 10 luglio 1944, quando alla fattoria del dott. Aldo Galardi, situata in località Padulivo, lungo la salita per Barbiana, che era diventata come una frazione, visto che ospitava circa 150 persone sfollate da Vicchio, si presenta un reparto di soldati delle SS con l'intenzione di saccheggiare bestiame e viveri.
Difatti i comandanti chiedono di sfamarsi loro e i propri soldati. Mentre si stanno sfamando, gli ufficiali vengono raggiunti da uno dei soldati che dovevano controllare il territorio, il quale li avvisa che nella stalla ci sono degli escrementi di cavallo ma non c'e presente l'animale. Dopo un interrogatorio vengono a sapere che il cavallo era stato preso dai partigiani.
Viene ordinato alla donna che ha riferito il fatto, che se non vuole far scatenare una rappresaglia, deve andare a recuperare l'animale.
La donna parte immediatamente e nel giro di un ora torna con la bestia.
I tedeschi ripartono portandosi via tutta la roba che hanno sequestrato, ma poco dopo finiscono in un imboscata tesa loro dagli stessi partigiani che avevano preso il cavallo. Un tedesco muore e un altro rimane ferito, e i partigiani si dileguano.
I tedeschi ritornano immediatamente alla fattoria di Padulivo dove il dottor Galardi li aiuta a curare il soldato ferito.
Appena finito di curare il soldato, le SS arrestano tutte le persone che riescono a trovare nella fattoria e li fanno assistere mentre incendiano tutte le abitazioni, quindi li fanno marciare in direzione di Vicchio e giunti nel luogo dove era avvenuta l'imboscata da parte dei partigiani, fucilano 10 uomini e la donna che era andata a recuperare il cavallo. Una delle vittime è il dottor Galardi.
I superstiti vengono rinchiusi in una stalla che si trova nelle vicinanze, dove durante la notte le donne subiscono abusi sessuali, e avvisati che all'alba sarebbero stati tutti uccisi.
Invece il giorno dopo i prigionieri subiscono un interrogatorio e vengono rilasciati, tranne 4 uomini e tre donne, dicendo che gli servivano per cucinare.
Quindi si fanno aiutare dai quattro uomini prigionieri a caricare sui camion il bestiame che hanno razziato, e dopo li uccidono."
Barbiana non è un vero e proprio paese, ma semplicemente un gruppo di case, una ventina, sparse sul fianco della montagna, tra il bosco e i campi circostanti la canonica, raggiunte dalla strada.
Quando si arriva in prossimità della Chiesa di Sant'Andrea a Barbiana, il panorama si apre sul Mugello.
Quando Don Lorenzo Milani, a causa degli screzi con la curia di Firenze, fu mandato a Barbiana, l'ultimo tratto della strada per la chiesa non era percorribile dalle automobili.
Era il 7 dicembre 1954 quando arrivò a Barbiana, e non c'erano strade, acqua, luce e scuola. All'epoca la popolazione di Barbiana ammontava a 40 persone. Don Lorenzo Milani fu un sacerdote di 31 anni mandato quassù per farlo tacere, dato che nel suo apostolato applicava il Vangelo senza alibi e compromessi.
La chiesa di Sant'Andrea a Barbiana è stata consacrata nel 1568.
«Quando ci si affanna a cercare apposta l'occasione pur di infilare la fede nei discorsi, si mostra d'averne poca, di pensare che la fede sia qualcosa di artificiale aggiunto alla vita e non invece "modo" di vivere e di pensare.»
(Lettere di don Lorenzo Milani priore di Barbiana).
A Barbiana, Don Lorenzo Milani costituì un'esperienza educativa, rivolta ai ragazzi che avevano finito gli studi della scuola elementare, espressamente rivolto alle classi popolari, dove, oltre ad essere il primo tentativo di scuola a tempo pieno, tra le altre cose, sperimentò il metodo della scrittura collettiva.
La sua scuola era alloggiata in un paio di stanze della canonica annessa alla piccola chiesa di Barbiana, ma con il bel tempo la scuola veniva fatta all’aperto, sotto il pergolato. La scuola di Barbiana era un vero e proprio collettivo dove si lavorava tutti insieme, dove la regola principale era che chi sapeva di più, aiutava e sosteneva chi sapeva di meno, 365 giorni all’anno.
«Non c'è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali.»
(Lettera ad una professoressa)
Entrando nella stanza dove c'era l'aula della scuola, lo sguardo si posa subito sulla scritta che riporta il motto della scuola di Barbiana, e del metodo educativo stesso di Don Milani.
"I CARE. E' il motto intraducibile dei giovani americani migliori. -Me ne importa, mi sta a cuore- . E' il contrario esatto del motto fascista -Ma ne frego-. "
Uno lo conoscevo già. Michele Gesualdi, presidente della Provincia di Firenze dal 1995 al 2004.
L'altro è Agostino Burberi, che inizia a raccontare ai presenti, siamo circa una decina, storie e aneddoti della scuola di Barbiana.
—La ricreazione, il gioco, non esistevano. C'era solo lo studio, 12 ore al giorno. Ma tutto era fatto in modo che non pesasse.—
Così un giorno il pallone e gli attrezzi del ping pong finirono in fondo a un pozzo che era in mezzo al cortile della canonica e don Lorenzo organizzò una scuola serale per giovani operai e contadini. "La scuola era il bene della classe operaia, la ricreazione la rovina; bisognava che i giovani con le buone o con le cattive capissero la differenza e si buttassero dalla parte giusta".
La nostra scuola è in due stanze della canonica più due che ci servono da officina.
D’inverno ci stiamo un po’ stretti. Ma da aprile a ottobre facciamo scuola all’aperto e allora il posto non ci manca!
Ora siamo 29. Tre bambine e 26 ragazzi.
Soltanto nove hanno la famiglia nella parrocchia di Barbiana.
Altri cinque vivono ospiti di famiglie di qui perché le loro case sono troppo lontane.
Gli altri quindici sono di altre parrocchie e tornano a casa ogni giorno: chi a piedi, chi in bicicletta, chi in motorino. Qualcuno viene molto da lontano, per esempio Luciano cammina nel bosco quasi due ore per venire e altrettanto per tornare.
I presenti fanno domande, i "ragazzi di Barbiana" ci raccontano e si raccontano.
Nasce un dialogo, l'oggi si mischia con il passato, la memoria con la filosofia...
La nostra scuola è in due stanze della canonica più due che ci servono da officina.
D’inverno ci stiamo un po’ stretti. Ma da aprile a ottobre facciamo scuola all’aperto e allora il posto non ci manca!
Ora siamo 29. Tre bambine e 26 ragazzi.
Soltanto nove hanno la famiglia nella parrocchia di Barbiana.
Altri cinque vivono ospiti di famiglie di qui perché le loro case sono troppo lontane.
Gli altri quindici sono di altre parrocchie e tornano a casa ogni giorno: chi a piedi, chi in bicicletta, chi in motorino. Qualcuno viene molto da lontano, per esempio Luciano cammina nel bosco quasi due ore per venire e altrettanto per tornare.
I presenti fanno domande, i "ragazzi di Barbiana" ci raccontano e si raccontano.
Nasce un dialogo, l'oggi si mischia con il passato, la memoria con la filosofia...
Un bel documento. Io lo condivido e allora so che devo anche firmarmi: Don Luciano Marrucci begin_of_the_skype_highlighting end_of_the_skype_highlighting.
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