alba a pierino

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giovedì 25 agosto 2011

scavi archeologici a Baratti

Nel piccolo golfo di Baratti, in Maremma, dominato dalla collina di Populonia, piccolo borgo murato lì dove c'era l'antica città etrusca, poco sopra il livello del mare, tra la strada e la spiaggia, sgorga una fonte, vicino alla quale si trova una piccola cappella in stile romanico. E' la fonte di San Cerbone.
Attorno ad essa riemergono da alcuni scavi, antiche tombe e manufatti di epoca etrusca.


Tra le città dell'antica Dodecàpoli etrusca, quella di Populonia aveva il primato della metallurgia. Dalla vicina isola d'Elba venivano trasportati, nel piccolo golfo ben protetto, i minerali di ferro e di rame, che a Populonia venivano fusi nei forni alimentati con la legna dei boschi della val di Cornia. Per tutto il periodo etrusco e romano, i forni di Populonia fumarono, e migliaia di schiavi sudarono attorno alla fusione dei metalli.
Tutta la vallata, tra le colline e il mare, si riempì così di scorie provenienti dagli scarti dei forni. Sassi mezzofusi, ancora ricchi di ferro e di rame, che gli antichi forni, non sufficientemente caldi non riuscivano a fondere completamente. Ma che i moderni forni di inizio novecento resero di nuovo interessanti economicamente.
Proprio a seguito dell'escavazione di questi detriti iniziata negli anni '20 e proseguita per circa 40 anni è venuta alla luce tutta l'area archeologica oggi conosciuta come Necropoli di Populonia.




La bimba, al mare con i nonni, mi aveva raccontato di alcuni scheletri visti emergere dagli scavi che un gruppo di archeologi stanno conducendo proprio attorno alla fonte, la cui acqua è stata deviata con un tubo, direttamente al mare.
Oggi, diretto a Grosseto, ho rinunciato al pranzo per guadagnare il tempo di fermarmi alcuni minuti a vedere gli scavi.
Purtroppo gli archeologi in mattinata hanno tolto dalle tombe gli scheletri, e adesso, le 15,30 circa, stanno raccogliendo le cose per chiudere il cantiere.





Giro attorno agli scavi e leggo il cartello posto all'ingresso del cantiere.


Leggo che è dal 2004 che la Sovrintendenza per i Beni Archeologici della Toscana sta portando avanti un programma di tutela e salvaguardia dei resti archeologici di questo sito. Lo scavo stratigrafico, interessa una superficie di appena 250 mq, ed ha riportato alla luce una significativa porzione della necropoli etrusca, con circa un centinaio di tombe e due grandi altari circolari, tra i pochissimi conosciuti in Etruria, destinati ai culti funebri.
L’impianto del sepolcreto risale al IX sec. a. C., e il suo utilizzo risulta essersi protratto fino al III-II sec. a. C..
A seguito della romanizzazione della città, le tombe vennero coperte, e in parte distrutte, dalla realizzazione di impianti per una lavorazione del ferro in scala più industriale rispetto all'epoca strettamente etrusca.
Le sepolture indagate hanno permesso di approfondire la conoscenza della storia di Populonia. I tipi di tombe, le pratiche di deposizione e i corredi testimoniano gli intensi scambi che la città aveva con il resto delle sponde del Mediterraneo, confermando l’importante ruolo giocato dalla città-stato e dalle sue risorse minerarie nel contesto economico dell'epoca.

Leggo anche che le violente mareggiate di quest’inverno hanno costretto gli archeologi ad intervenire con maggiore tempestività, per poter mettere in salvo le più antiche tracce superstiti del sepolcreto.
Sulla stampa locale, nei giorni scorsi, è uscita la notizia che sono stati stanziati i soldi necessari per la realizzazione di barriere in mare, atte a proteggere il sito in maniera idonea. I lavori dovrebbero partire già in settembre.


I ragazzi che lavorano agli scavi sono molto cortesi, raccontano del sito e spiegano cosa stanno facendo e rinvenendo.
Sono molti i bagnati che in questi giorni si sono fermati a curiosare, ed hanno potuto vivere in prima persona i rinvenimenti.
Fa una certa impressione pensare al fatto che siano stati rinvenuti dei corpi così ben conservati, nonostante siano trascorsi più di due millenni dalla loro sepoltura, ma soprattutto considerando il luogo, una fonte naturale da una parte, ed il mare con la sua salsedine, dall'altra. I riporti dei detriti dell'antica industria mineraria, gli scavi dello scorso secolo.

Aveva ragione De Gregori, quando cantava che:
"ed è per questo che la storia dà i brividi, perché nessuno la può fermare."

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