alba a pierino

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mercoledì 5 maggio 2010

di quando si parlava della fine del millennio (1)

Alla fine di aprile del 1995, all'inizio dell'ultimo lustro del precedente millennio, intrapresi un'avventura.
Iniziai un progetto che aveva l'ambizione di raccogliere dei segni composti da foto e pensieri, con l'intenzione di tracciare un rapporto su come la società, intesa come uomo, e l'ambiente, inteso come natura che ci circonda, si apprestavano a varcare la data del cambio di millennio.
Non mi ero posto un programma d'opera, ma mi ero prefisso di fare almeno 4 pubblicazioni all'anno fino alla fine del 1999.
Ogni pubblicazione doveva avere un soggetto che di volta in volta rappresentava l'uomo o la natura, considerando che il tema guida era l'elemento che a mio avviso meglio poteva caratterizzare la fine del millennio, la contrapposizione tra uomo e la natura.
Mi ero dato alcune condizioni. La prima era il formato della pubblicazione, costituita da un cofanetto in cartone sempre dello stesso formato (10x15) e sempre dello stesso colore, che doveva contenere un foglio A3 piegato in noni su cui era stampata una sorta di rivista.
Il foglio conteneva i pensieri, divisi in tre sezioni. I "primi pensieri", una sorta di fondo, o saggio, che affrontava ed approfondiva il tema legato al soggetto (titolo). Dei "pensieri in foto", descrivevano il percorso dei foto-frammenti che rappresentavano il soggetto (titolo). I terzi pensieri erano "pensieri raccontati", capitoli di un racconto che era iniziato con il primo numero, e che sarebbe proseguito, senza relazione col soggetto (titolo), lungo tutti i numeri, e scritto di volta in volta, alla realizzazione di ciascun numero.
Il cofanetto conteneva 8 foto a colori stampate 7x10 su carta fotografica 10x15. La tiratura era di sole 30 copie, numerate e firmate.



Il primo numero di "FRAMMENTI", lo pubblicai alla fine del mese di aprile del 1995. La presentazione avvenne nella libreria "il Barbagianni" di San Miniato.











primi pensieri
La natura si riappropria della natura.
Frammenti è un'idea che covavo da lungo tempo. Era un po' che cercavo un qualcosa che potesse contenere una serie di pensieri, che tengo legati tra essi attraverso una serie di immagini fisse nella mente. Il secondo millennio è al suo epilogo. La storia ci ha condotto a questi anni, dalla loro molteplice rappresentabilità, attraverso una incredibile accelerazione. Se fino all'inizio del secolo scorso l'umanità era cresciuta e si era sviluppata attraverso un lento evolversi delle situazioni, col secolo scorso il mondo a preso a mutare vorticosamente.
I segni del passato, ruderi di edifici, la presenza di antiche città, e la loro stessa struttura, anch'essi, hanno avuto una diversa collocazione negli interessi e nell'immaginario della gente. Fino a quasi tutto questo secondo millennio si è perpetuata una riappropriazione dell'uomo sull'uomo. Uomo che per il suo vivere e il semplice svilupparsi ha usato luoghi e materiali lasciati loro dalla storia. Col finire del millennio e il vorticoso ed irrefrenabile sviluppo, dentro al quale ci troviamo, l'uomo si è come staccato da se stesso. Egli ha separato il presente dal passato. Si è tracciato una nuova storia, ed ha racchiuso le sue origini dentro a dei musei e dei libri. E ciò è avvenuto sostituendo, creandone di nuovi, gran parte dei materiali per la sua sussistenza.
A questo punto potrei entrare in contraddizione. Questo interesse per il passato, divenuto merce sul mercato, elemento di profitto e quindi sussistenza per molti che ne tengono in piedi il movimento e lo sviluppo della ricerca e della capacità di essere la storia merce da vendere, può alle stesso modo essere letta come una riappropriazione. Ciò, infatti, non è lontano dalla realtà. Ma la sopraddetta separazione tra presente e passato ha difatti limitato l'uso della storia ad un ristretto numero di persone. Mentre fino al giorno in cui tutto quanto questo è cominciato la massa, ad esempio, si confrontava ogni giorno con le pietre dei ruderi dei castelli o delle mura, quale elemento per costruire un proprio riparo, oggi quelle pietre sono dentro ai musei. E quelle pietre non sono così più patrimonio di tutti.
Nonostante tutti questi rivolgimenti, la natura stà continuando a riappropriarsi di se stessa. L'uomo ha modificato l'ambiente che lo circonda. Ma non è capace di farlo per intero. La sua storia, il suo addivenire, crescere, svilupparsi e moltiplicarsi lo tiene in movimento. Questo suo muoversi nel tempo e nello spazio lo porta a dover lasciare spazi ai suoi margini, per suo stesso limite di ubiquità e di capacità di movimento. Così ai suoi margini la natura si sviluppa, in forme sempre diverse, perché ancora capace di manifestarsi attraverso una grandissima vitalità. In queste riserve di abbandono la forza della natura si accresce. E' qui che nascono le calamità che insidiano l'umanità.
La natura si riappropria della natura. L'uomo costruisce la sua casa. Per farlo modifica la natura preesistente. Spiana una data superficie di terra, vi porta del materiale che non è del luogo. Costruisce tutta una serie di cose che vanno sotto il nome di infrastrutture: la strada per arrivare alla nuova casa, la fossa che porta via le acque, degli alberi da frutto che abbelliscono il circondario. Durante la sua permanenza nella sua casa, l'uomo mantiene lo stato di cose da lui creato, lottando con la natura che sembra volerlo sconvolgere. Tiene ben livellata la strada che la pioggia scava, tiene pulita la fossa che l'erba nel crescere ostruisce, pota le sue piante per mantenerne la bellezza e l'efficenza produttiva. Muta anche l'equilibrio tra le specie animali. Egli alleverà e custodirà specie animali a suo piacimento, tenendo ben lontane le altre.
Accade però che la storia di quell'uomo lo porta ad abbandonare quella sua casa. Nessuno al suo posto la occupa e la custodisce, così la natura si riappropria del luogo che l'uomo gli aveva sottratto. La pioggia scava la strada e l'erba pian piano ne copre la presenza. Anche il suolo dove è costruita la casa verrà ripreso dalla natura. Pioggia e vento demoliranno, attraverso gli anni, l'edificio. Erba, arbusti e terra ne copriranno i resti. Anche l'equilibrio delle specie animali verrà ristabilito, ritornando quel suolo territorio di caccia tra gli animali.

pensieri in foto
Il percorso dove i foto-frammenti in collezione, si collocano, si muove attraverso la presenza di segni. I mattoni, protagonisti di questa prima esperienza di frammenti, ne sono soggetti ricchi. Sia nella loro forma naturale, e nella loro abitudinale collocazione: il muro; sia nella loro presenza nell'insieme di altri oggetti e soggetti. Ciascun segno ha una storia.
Ciascuna immagine, pur nella sua essenzialità, ordine di soggetti e rigore estetico, ha più segni. Parla di molta gente, conosce tante lingue, forse tutte. L'immagine non è la parola. Essa riesce ad andare oltre alla convenzione del significato delle parole, così da ampliarne smisuratamente da fruibilità. Questo, per quanto positivo, ha purtroppo un rilevante limite.
La parola, grazie alle convenzioni grammaticali, consente chiarezza del trasmettere idee per la sua unicità di significato. L'immagine questo non lo consente. L'immagine, forse, stimola di più l'osservatore, ma lo colpisce a secondo della sua soggettività. Più persone vengono interessati dall'immagine in più modi.

Otto fotoFrammenti di mattoni del nostro tempo.
I foto-frammenti che propongo con “MATTONI”, sono immagini raccolte una domenica mattina a Case Bruciate, una grossa casa colonica che si trova sulla pendice destra della valle di Bacoli, nel territorio di San Miniato.

Storie sul muro mostra una parete esterna erosa e dilaniata dal tempo. Mattoni sistemati in apparente disordine, dalla diversa grandezza, natura e disposizione. Delle casce, alte e adesso spoglie, incorniciano. Tre finestre sul muro rossastro, due nere e l'altra coloro del cielo. E poi ombre, ed altre presenze.

Ortica è la natura che si riappropria della natura. E' la vita che nasce e si sviluppa sul nulla. Aridi, sgretolati mattoni. Argilla cotta che si lega ad altra argilla cotta con della malta. Ma la natura, la vita, è più forte. Sgretola l'intonaco che copre, s'infila nelle fessure e scoppia nella sua vitalità.

Un mattone, attraversa, pur nella sua innata immobilità, la vita degli uomini. Essi innanzi tutto lo creano, lo maneggiano per spostarlo a necessità, fino a collocarlo a loro uso. E ciascun mattone potrebbe raccontarla davvero la sua vita, perché ciascun mattone è diverso dagli altri. Sono i Colori dei mattoni a mostrare questa diversità.

Chiodo, conficcato nel muro, è un'altra storia. Un chiodo, vecchio ed arrugginito, di una forma perduta, creata dalle mani e dalla capacità dei vecchi fabbri, adesso è ancora conficcato nella facciata di Case Bruciate. E' lì, testimone e testimonianza. E' restato a sorvegliare la fine di quel luogo, ma anche ha testimoniarne la storia.

Arco e muffe. E' il retro del cascinale. Un arco racconta la presenza di un'apertura, poi chiusa. Sotto il segno dell'arco altri segni e altre presenze. Una estesa muffa, bianca e filante, fa da padrona in un luogo che non ha mai visto la luce diretta del sole. Ed anche qui, cresciuta da un'umidità palese, c'è una presenza rigogliosa, erba in fiore.

Lucertola sui mattoni è la natura che si riappropria della natura. E' l'elemento animale che percorre suoi sentieri per suoi fini. Quel muro è già in decadenza. La pietra, di tufo, che mescolata ai mattoni compone il muro, si sta velocemente trasformando. Quel tufo, gialla e leggera polvere, si muta presto in fertile terreno per la rigogliosa erba che vi cresce libera.

Fessura è una storia a sé. Racconta di un intervento, di una modifica allo stato preesistente. Ma è una modifica ibrida, quel buco, quel mattone rotto e mobile nasconde una mezza decisione. Sono mattoni ancora diversi tra loro, vengono da luoghi e mani diverse. E poi c'è ancora quell'oscurità che si cela dietro a tutto.

Ma i Mattoni di Case Bruciate sono soggetti ad un destino oramai inesorabile. Le casce che, selvaticamente, sono nate attorno al cascinale, lo stanno distruggendo. Le radici stanno sgretolando le fondamenta, mentre il fusto, estremamente vicino alle pareti, e i rami, che entrano anche dalle finestre all'interno, nel loro oscillare, sotto l'azione del vento, provocano il crollo dei muri. Ma questi mattoni, adagiati a terra dopo il crollo, mantegono una simpatica dignità per il loro ordine.

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