alba a pierino

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martedì 14 febbraio 2017

buon San Valentino


Anche quest'anno, coma da non mi ricordo da quanti anni, ho prodotto una piccola pubblicazione, progettata e realizzata in proprio, per gli innamorati che festeggiano il San Valentino.
Quella di quest'anno è costituita da un “foglio”, con­tenente un brano autografo, dal titolo “Vorrei averti qui, accanto a me...”, ispirato dal ricordo dei pensieri che hanno affollato i lunghi minuti che ho trascorso ad osservare e fotografare il tramonto dal ponte sull’Usciana, nel Padule di Fucecchio nei pressi di Cavallaia, lo scorso lunedì 6 febbraio, contenente un’immagine fotografica, realizzata quel giorno alle 17:35.


aurelio cupelli
Vorrei averti qui, di fianco a me...
per gli innamorati che festeggiano il San Valentino 2017


Vorrei averti qui, di fianco a me, con lo sguardo rivolto dove si stanno perdendo i miei occhi.
Qui, magari in silenzio, perché ogni parola potrebbe es­sere di troppo.

C’è un vento lieve, costante e freddo, che spira alla mie spalle, mentre sono qui, sul ciglio della strada. Sull’orlo di una piccola scarpata che scende sul campo sottostan­te, che le piogge copiose di questo ultimo fine settimana hanno reso un grande, immobile, stagno.
Mi sono fermato perché il cielo, ingombrato da grosse nuvole, sta prendendo a tingersi dei colori del tramonto.
Il sole è sceso sotto l’ultima nuvola, e si trova tra essa e la linea dell’orizzonte.
Il vento è tanto freddo quanto secco e mi asciuga le lab­bra. Mentre osservo il sole che sta per cadere dietro le colline, incendiando con il suo fiammeggiare le nuvole che si allungano sopra allo stagno e su di esso si specchia­no, mi passo la lingua sulle labbra asciugate dal vento e sento ancora il tuo sapore.

Vorrei averti qui, di fianco a me, con lo sguardo rivolto dove si stanno perdendo i miei occhi.
Qui, magari in silenzio, perché ogni parola potrebbe es­sere di troppo.

Adesso il sole è scomparso dietro alle colline, nere sa­gome che sorgono dallo stagno. Osservo, scruto, penso, ma non mi vengono parole. Ci sono timori, troppi, più delle parole che dovrei usare per raccontare tutta l’emo­zione per lo spettacolo che la natura sta dando davanti ai miei occhi. Timori, piccoli e grandi, per il tuo respiro che adesso non sento, per le parole dolci che vorrei dirti ma che tu non potresti sentire. Per il timore che queste parole siano vane.
Ho gli occhi e il cuore di un bambino, che né con gli uni né con l’altro, riesce a contenere questo spettacolo gigan­te, di una bellezza irriverente, ma che sogna di fermare quest’attimo fuggente.
L’avessi immaginato, avrei corso e l’avrei preso prima, il posto in prima fila.

Vorrei averti qui, di fianco a me, con lo sguardo rivolto dove si stanno perdendo i miei occhi.
Qui, magari in silenzio, perché ogni parola potrebbe es­sere di troppo.

Sarei voluto arrivare prima che si aprisse il cielo, prima che il suo fiammeggiare piovesse nello stagno e cogliere anche quelle emozioni. Cogliere il momento in cui tutto ha avuto inizio e viverlo, per poi riviverlo ad ogni ricordo di quel momento.
Farne un dolce distillato da bere sorsi lenti, come gocce di cristallo, in quei momenti di attesa che tanti ce ne sa­ranno, quando mi troverò a pensare che l’amore di lì non passa mai.
Oppure in quei momenti, quando un bacio è nell’aria, ma ci si scambiano solo silenzi. O quando pensi che vivi una storia da buttare, o quando ne desideri un’altra tutta da rifare.

Vorrei averti qui, di fianco a me, con lo sguardo rivolto dove si stanno perdendo i miei occhi.
Qui, magari in silenzio, perché ogni parola potrebbe es­sere di troppo.

Scendo lungo la scarpata, mi abbasso fino al pelo d’acqua e guardo lo spettacolo da lì, da quello che poteva essere il punto di vista di qualche ranocchio adesso in letargo.
Da qui, da questo angolo disperso, dietro ai resti anneri­ti di arbusti arsi da un incendio estivo, penso a cos’altro desiderare, ma non come se tutto quello che sto vedendo e vivendo non mi rendesse contento, anzi. Perché i segni che già conservo di queste emozioni, nel momento stes­so che le sto vivendo, sono subito cicatrici, che bruciano forte al calore dell’amore per chi darei i miei occhi adesso, con dentro intrappolati i colori e la poesia di questi attimi.
Abbasso lo sguardo, dalle nuvole che sotto rosseggiano come se ci fossero braci alimentate dal vento, scendo al bagliore che muore dietro all’orizzonte nero della linea si­nuosa delle colline, e poi giù fino allo stagno dove si spec­chia il cielo, ed è come risalire fino alle nuvole a fuoco.
Per arrivare ai miei piedi, dove mi vedo riflesso sul velo d’acqua scura.
Mi osservo per un attimo e penso che sto facendo brucia­re tutto quanto, tanto da annerire i ricordi, tanto da can­cellare d’averli vissuti. Come preso da una smania deva­stante, di rimpicciolire il tempo ed accorciare le distanze. La voglia di averti qui con me.

Vorrei averti qui, di fianco a me, con lo sguardo rivolto dove si stanno perdendo i miei occhi.
Qui, anche solo per dirti che ti amo.

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