La festa della donna, e il maltempo, hanno procrastinato la pubblicazione su questo mio blog, del racconto dei miei pensieri e delle immagini, raccolte assistendo al balletto del Don Quixote (Don Chisciotte).
Domenica, di primo pomeriggio, passeggiando sul lungarno Vespucci, diretti agli Uffizi, abbiamo incrociato un gran numero di signore in pelliccia, che si dirigevano verso il Teatro Comunale.
Incuriositi siamo andati a vedere cosa c'era.
Incuriositi siamo andati a vedere cosa c'era.
In cartellone c'era il "Don Quixote", uno dei balletti più famosi.
Fuori faceva freddo, noi eravamo curiosi, c'erano ancora dei buoni posti, così abbiamo deciso di entrare.
Fuori faceva freddo, noi eravamo curiosi, c'erano ancora dei buoni posti, così abbiamo deciso di entrare.
Lo spettacolo è stato bellissimo. Tra primo atto, intervallo e secondo atto, sono passate due ore e mezza, senza annoiarci minimamente.
Bello il teatro, belle le scene, bello il balletto, fantastici i costumi, leggibile e godibile la storia rappresentata.
Il Don Quixote firmato Vladimir Derevianko è approdato, con MaggioDanza, per la prima volta in Italia, dal 6 al 10 marzo, al Teatro Comunale di Firenze. Lo spettacolo fu creato nel 2004 per la Compagnia di Balletto dell'Opera di Dresda. Il Don Quixote fiorentino si è articolato in 2 atti e in 5 quadri, con le musiche create da Minkus e riorchestrate da Grafe, eseguite dal vivo dall'Orchestra del Maggio diretta da Alexander Sotnikov.
Creato nel 2004 per la Compagnia di Balletto dell’Opera di Dresda, il Don Quixote è firmato dal grande virtuoso russo Vladimir Derevianko, attuale direttore artistico di MaggioDanza.
La figura dell’hidalgo visionario ha conosciuto da sempre grande fortuna coreografica. Dopo l’originale ottocentesco di Petipa, nel Novecento ne hanno dato proprie riletture Gorskij, Zacharov, Nureyev, Baryshnikov, fino a quella estrema di Neumeier. Negli ultimi mesi compagnie blasonate come quella scaligera o dai Paesi dell’est, l’hanno presentata con successo in Italia.
Ora la versione di Derevianko, “comica, romantica, con un tocco voluto di kitsch”, che si avvale delle scene e dei costumi prodotti nei laboratori della Sächsiche Staatsoper Dresden e firmati da Roberta Guidi di Bagno e delle luci di Marco Filibeck, si propone come una commedia a lieto fine, diversa anche da quella di Dresda.
Nei ruoli di Kitri e di Basilio in scena per le prime due recite i primi ballerini dello Staatsballet di Berlino Iana Salenko, nata a Kiev, e Dinu Tamazlacaru, moldavo. Don Chisciotte è Umberto De Luca, e Sancho Panza è Umberto Saiola.
Per sé Derevianko ha tenuto il ruolo ausiliare di Gamache, il damerino, che fa da spalla a tutti i personaggi e che, dal contrasto anche nell’aspetto fisico con Sancho, fa scaturire la naturale comicità della situazione.
“Saltando il prologo, faccio iniziare l’azione già in una animata piazza spagnola, mantenendo le scene principali come quella del sogno, della taverna, degli zingari: la coreografia è per metà quella orignale, per metà mia ma in stile Petipa. Spero di averne dato un’interpretazione divertente, cui assistere con il sorriso sulle labbra”.
Per integrare la Compagnia di Ballo del Maggio, “così diversa numericamente da quella del Kirov, ma anche di Dresda”, e mettere comunque in scena un grande titolo ottocentesco pur rivisto in chiave moderna, Derevianko ha stretto un’inedita alleanza con la Scuola di Ballo dell’Accademia del Teatro alla Scala, da cui provengono sei coppie di giovanissimi ballerini under 18 che affiancheranno con bravura e freschezza i colleghi di Firenze, dopo essere stati selezionati fra i tanti allievi dallo stesso Derevianko insieme a Frédéric Olivieri, Direttore della Scuola scaligera.
LA STORIA DEL BALLETTO
La prima del balletto va in scena il 14 dicembre 1869 a Mosca, presso il Teatro Bolshoy, con la coreografia di Marius Petipa, che trae ispirazione dal celebre romanzo di Cervantes. In realtà, come spesso accade per i balletti del repertorio accademico, il riferimento alla fonte letteraria costituisce solo un pretesto per narrare la vicenda amorosa di Kitri, figlia dell’oste e da questi promessa in sposa al nobile Gamache e Basilio, un giovane barbiere di cui la ragazza è innamorata. Il Cavaliere Triste è qui una figura quasi marginale rispetto alla centralità dei due innamorati.
Ripreso dallo stesso Petipa, nel 1871 il balletto viene presentato al Teatro Marinski di San Pietroburgo in una redazione monumentale di 5 atti e 11 quadri, ridotta nel 1887 dal coreografo A. Bogdanov a soli tre atti per il Teatro Bolshoy.
Occorrerà attendere il 1900 per rivederlo in una nuova versione in tre atti, firmata e presentata da Alexandr Gorski a Mosca, più snella nonostante l’introduzione di nuove danze, tra cui il fandango del terzo atto, su musica di E. Napravnik. Viene attribuito maggior risalto, inoltre, ai ruoli di Mercedes, della Danzatrice di Strada e della Regina delle Driadi.
A parte successivi riallestimenti, tra cui uno ad opera di F. Lopukhov nel 1923, il balletto viene ulteriormente modificato nel 1940, da Rostislav Zakharov, allora coreografo principale del Teatro Bolshoy, che, tra l’altro, aggiunge al quadro della Taverna una nuova danza, la Giga, su musica di V. Soloviov-Sedoi, mentre, sempre nel secondo atto, viene inserita la Danza Zingara, su musica del compositore Jelobinski, coreografata in precedenza da Kasian Goleizovski.
Contravvenendo alla richiesta-raccomandazione-divieto fattami anche dalle hostess del teatro, ho scattato le immagini che condivido con voi in questo post.
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