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martedì 26 gennaio 2016

la stazione di Firenze ha ottant'anni



Sono quasi 60 milioni le persone che si contano a passare mediamente ogni anno sotto i suoi alti soffitti e affollano le piattaforme tra i binari della stazione San Maria Novella di Firenze.
E forse tutti non sanno di trovarsi in presenza di quello che viene definito uno dei capolavori del razionalismo italiano. 




La stazione di Santa Maria Novella è la quarta a livello nazionale per flusso di passeggeri.
Il "fabbricato viaggiatori", che ancora oggi caratterizza l'odierna struttura, venne inaugurato il 30 ottobre 1935.




Nella prima metà dell’Ottocento, Firenze era servita da due stazioni entrambe progettate dall’architetto Enrico Presenti. La Stazione Leopolda, situata di fronte a Porta al Prato era il capolinea della ferrovia verso Pisa e Livorno, mentre la Stazione Maria Antonia, edificata in omaggio alla moglie del Granduca Leopoldo II, situata dentro le mura, capolinea della ferrovia per Prato e Pistoia. A causa della realizzazione di questa stazione, che si trovava molto più a ridosso della chiesa di Santa Maria Novella, nel 1848 vennero sacrificati gli orti della chiesa e alcuni ambienti comuni ad essa annessi. Quando nel 1860 si decise di congiungere le due stazioni, si decise di identificare come stazione centrale la Maria Antonia, in quanto più vicina al centro, mentre la stazione Leopolda divenne un semplice scalo merci alle porte del centro città. 




L'anno seguente, con la caduta del Granducato, la stazione perse il suo nome originario per prendere quello di Santa Maria Novella, con cui la conosciamo a tutt’oggi. Ma mantenne le sue sembianze ottocentesche fino agli anni Trenta del Novecento.




Il primo progetto di ampliamento e rinnovamento della stazione, obbligatorio per l’aumento di servizi e passeggeri, fu richiesto dall’allora ministro delle Ferrovie Costanzo Ciano all’architetto Angiolo Mazzoni, a cui si devono molte delle strutture che circondano la stazione ma non la stazione stessa. 
Il progetto di potenziamento di Mazzoni suscitò molte critiche, tanto che alla fine si ricorse a un concorso comunale per la creazione della nuova stazione.




Il progetto vincente arrivò dal cosiddetto Gruppo Toscano, formato dagli architetti Pier Niccolò Berardi, Nello Baroni, Italo Gamberini, Sarre Guarnieri, Leonardo Lusanna e Giovanni Michelucci, i quali crearono una delle opere più importanti del cosiddetto Razionalismo italiano che sarebbe stato teorizzato poco dopo. 




L’idea di fondo del progetto era che la struttura di doveva riflettere la sua funzione, ossia la logica da seguire era quella della funzionalità moderna, assolutamente fuori però dalla grandiosità architettonica tipica del fascismo. 
Ma nonostante questo anche il Duce ne fu soddisfatto, soprattutto dopo che gli fu fatto notare che la stazione vista dall’alto sembrava, per pura casualità a quanto sembra, un fascio littorio.  




Come tutte le innovazioni l’austera geometria della nuova stazione suscitò caldi consensi, ad esempio da parte dei  giovani intellettuali del Caffè Le Giubbe Rosse, fra i quali Elio Vittorini, Alessandro Bonsanti e Romano Bilenchi. Come però anche aperti dissensi fra conservatori insoddisfatti con a capo Ugo Ojetti.




Il gruppo Toscano guidato da Michelucci vinse il concorso tra oltre 100 progetti presentati, realizzando una struttura in perfetto equilibrio tra bellezza formale e funzionalità, che ancora oggi accoglie sotto le sua alte volte milioni di viaggiatori per lo più ignari che basterebbe alzare gli occhi per poter ammirare un pezzo unico nella storia dell’architettura italiana.





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