Ricordo che da piccolo era più festa a Pasqua che a Natale.
Della quaresima, delle grandi pulizie di casa per il passaggio del prete per l'acqua santa, e del prosciutto che il mio zio smarrimetteva proprio per la merenda col prete e i chierichetti che si portava dietro.
Veniva sempre al giovedì, nel tardo pomeriggio.
Con l'approssimarsi della pasqua niente più uova a colazione, perché la mia mamma cominciava a mettere da parte tutte quelle che raccoglieva.
Mi ricordo dell'impasto di uova e farina che la mia mamma e le mie zie preparavano, e maneggiavano a lungo. Il profumo dell'anice in quelle interminabili veglie attorno alla madia della mia zia, a vedere come e se l'impasto lievitava.
Altro che la preparazione del pane. Quello lo preparavano in dieci minuti, farina, acqua tiepida e lievito.
Venivano usate tutte le pentole di casa, alta, basse, grandi e piccole. Anche le pentole vecchie, che ormai non si usavano più, venivano utilizzate per cuocere le schiacciate di pasqua.
Nel vecchio forno, che veniva riscaldato con le fascine fatte con la potatura della vigna, c'entravano tutte le pentole, quasi sessanta.
Ricordo di almeno due infornate ogni anno.
Finito di fare le schiacciate, le uova ricomparivano a colazione, ed io mi ricordo che ero capace di mangiarmi un'intera schiacciata inzuppandola nello zabaione che mi preparava la mia mamma.
Da ragazzetto credevo che la schiacciata di pasqua fatta in casa fosse una tradizione dei miei, una tradizione marchigiana. Invece ho poi scoperto che era la schiacciata di Pasqua è un dolce tipico della tradizione pasquale toscana.
Gli amici de La Ruga, il circolo culturale che a Ponte a Egola animano numerose iniziative, da sette anni organizzano la Sagra della Schiacciata di Pasqua.
Negli spazi dell'associazione, e nelle vie prossime alla sede, viene allestito un mercatino, si volgono spettacoli di piazza, ma soprattutto la gente del paese ha la possibilità di camminare ed incontrarsi.
La cucina dell'associazione mette a tavola i presenti con un menù a base dei piatti tipici della cucina toscana con la specialità del coniglio fritto.
Questa è anche una delle pochissime occasione in cui i Rossi espongono al pubblico la loro Balilla del 1931.
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