sabato 4 settembre 2010
quarta pagina di "Terra"
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(segue dal post di ieri)
II.
Così altro tempo ebbe da passare.
Nell'aria sempre uguale di quelle albe uggiose di inizio autunno, ancora abbastanza calda ma sempre intrisa di umida nebbia, mi trovai una mattina a caricare della paglia da uno dei contadini delle mie colline. Il camion mi portava quasi sempre lontano. Sembrava che a lui gli piacesse da morire il volterrano. Mai che mi desse pensieri da quelle parti. Era sempre brillante, pronto all'acceleratore, sembrava anche consumare meno.
Era come se fosse innamorato di quelle strade tutte curve e saliscendi. E gli affari andavano sempre bene. Arrivavo prima, caricavo prima e vendevo prima. Ma quando il camion lo portavo su queste colline, era sempre una tragedia. Il cambio subito faceva i capricci, e di conseguenza con la frizione erano dolori.
Avevo fissato un affare con Franco, il capoccio dei Francesconi che stava a confine con Castelnuovo. Mi aveva detto giorni addietro che si era reso conto d'aver rimesso troppa paglia, e che ne voleva vendere un centinaio di presse. Girando per i miei affari avevo trovato da piazzargliela.
Con Franco s'era stati ragazzi insieme, e al solito, in questi casi, si cerca sempre di trovare la piena soddisfazione dell'amico prima della nostra. Convinto del buon affare per lui, quella mattina misi in moto il camion e mi misi in strada per casa sua. La nebbia, al primo chiarore del sole, stava tutta raccolta nei fondo valle, e sopra la cresta delle colline la luce già brillava.
Arrivai dai Francesconi, trovai Franco nella stalla e gli detti la notizia dell'affare che potevo concludere con lui.
—Bravo! - esclamò - Ti avevo nel pensiero.—.
—Facevi bene a pensarmi, perché anch'io ti ho pensato e ti ho risolto il pensiero della paglia che t'avanzava.—.
Franco terminò di governare il bestiame e mi venne incontro dandomi la mano per salutarmi.
—Te sì, che sei un amico. Ma ci sarebbe un ma.—.
—Che ma ci sarebbe?—, gli chiesi.
—Ma, di presse forse me ne avanzano poche. Qualche decina.—.
—E allora? Cosa vuoi fare?—.
—Ma, non saprei. Te ne carico una trentina... Ma il prezzo?—.
—Adesso i ma ho paura che sian troppi.—, gli risposi un po' risentito.
—Che vuoi, in campagna fare i conti col tempo e col calendario non è mai facile.—.
—E lo so'. Avevo la terra anch'io, anzi l'ho ancora.—.
—Bravo!, vedo che tu mi capisci.—, mi disse Franco prendendomi a braccetto, e richiedendomi poi:
—Ma il prezzo?—. Io mi indispettii:
—Il prezzo? C'è un prezzo per cento presse e uno per una trentina. Tanto più non so' nemmeno se gli starà bene che io gli abbi promesso cento presse quando poi gliene porto un trentina. Ci sta anche che non me le faccia neanche scaricare. - alzai la voce - Mi dici che hai cento presse, io fisso per cento presse, come faccio a portargliene trenta.—.
—Ma te l'ho detto, i conti si fanno male. Eppoi se mi capita di tenere qualche bestia in più nella stalla da qui alla prossima battitura... Di tempo ce n'ha da passare tanto ancora.—.
In latri casi, considerato che era ancora presto, avrei rimesso in moto il camion e buona notte al secchio. Tanti saluti e sarei ripartito col camion vuoto a correre verso un altro affare. Ma quello era un amico.
(continua nel post di domani)
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