Per noi le stelle del cielo, oggi non hanno quasi nessun significato, se non la loro spettacolarità.
Uno dei motivi per cui, le stelle, hanno perso sempre più la loro importanza, nella vita dell'uomo, è che non è più facile vederle.
L'inquinamento atmosferico, e quello luminoso, hanno cambiato la percezione del cielo al modo stesso in cui è cambiata la percezione del buio e della notte.
Ma soprattutto, le stelle, hanno perso per l'uomo, la loro originaria importanza, come elemento di orientamento negli spostamenti.
La strumentazione di oggi h reso inutile la conoscenza della volta celeste. La posizione delle stelle ed il loro muoversi con l'evolversi delle stagioni.
Gli antichi, per favorirne l'individuazione, e la memorizzazione delle forme e delle posizioni, trasportarono nel cielo qualcosa di familiare, collegando, a formare curiosi disegni, le migliaia di luci che rischiarano il paesaggio celeste notturno.
Erano disegni nei quali gli uomini appartenenti alle diverse civiltà vedevano cose differenti, a volte molto fantasiose e spesso senza alcuna rassomiglianza con le figure di cui portano il nome.
L'Orsa Maggiore è la costellazione più conosciuta, anche se solo terza in ordine di grandezza.
Ciò per via dell'asterisma del Grande Carro, un gruppo di stelle riconoscibilissimo, e per essere una costellazione circumpolare, cioè una costellazione che descrive un cerchio intorno al polo celeste nord, senza tramontare mai per la maggior parte dei paesi della zona temperata boreale o più a nord.
Il Grande Carro è formato da un quadrilatero e da tre stelle disposte lungo un arco che parte da un vertice del quadrilatero.
Il quadrilatero è formato dalle seguenti stelle:
Dubhe, a (alfa) majoris, che è la stella più brillante, una gigante gialla distante 75 anni luce.
Quindi troviamo Merak, b (beta), una stella bianca distante 62 anni luce.
Phekda, g (gamma), una stella bianca distante 75 anni luce.
Megrez, d (delta), una stella bianca distante 65 anni luce.
Il timone del carro è formato da Alioth, e (epsilon), una stella bianca variabile distante 78 anni luce, Mizar, z (zeta), una cosiddetta stella multipla, distante 60 anni luce
Infine abbiamo Benetnasch, h (eta), detta anche Alkaid, una stella bianco-azzurra distante 160 anni luce.
Anche questi, come la maggior parte dei nomi delle stelle, sono di derivazione araba.
Dubhe che è stato abbreviato da Tolomeo, nella sua lista tradotta letteralmente dall'arabo, da Thahr al Dubb al Akbar, “la schiena della Grande Orsa”.
Merak deriva da Al Marakk, “il fianco”.
Phelda è “la coscia”. Megrez viene da Al Maghrez, “la radice della coda”.
Alioth è un nome derivato da Alyat, la larga coda delle pecore mediorentali.
Mizar è “la cintura”.
Benetnasch proviene da Kaid Banat al Naash, “la figlia addolorata della lettiga”, nome suggerito dal moto lento e maestoso delle sette stelle intorno al Polo, visto presso alcuni popoli come un funerale.
Gli arabi avevano chiamato le quattro stelle che formano il quadrato “la Bara”, mentre le tre stelle della coda erano i tre addolorati che seguivano il feretro.
Gli arabi usavano orientarsi con le stelle per attraversare i propri deserti, che,soprattutto di notte, non davano nessun punto di riferimento.
E tante, forse infinite come le stelle stesse, erano presso gli arabi del Golfo Persico, le storie e le leggende che si raccontavano.
Sulle stelle del Grande Carro, una delle storie più conosciute era quella di Al Naash, e dei suoi figli. Dove Naash significa lettiga mortuaria.
Al Naash era stato assassinato da Al Jadi, la Stella Polare, e i suoi figli, le tre stelle della coda, ogni notte seguivano la lettiga assetati di vendetta. La stella Mizar rappresenta la figlia di Al Naash con in braccio il figlioletto, la stellina Alcor, mentre l'astro Suhail (Canopo) arriva lentamente in loro aiuto dal sud.
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