lunedì 5 settembre 2011

chiudere gli occhi, e sognare


Tanto più mi è difficile trovare la via del letto, certe sere, tanto più, come mi corico e chiudo gli occhi, che subito mi addormento.
E capita, altrettanto spesso, che mi metto a sognare.
E sognare mi piace, tanto che di frequento ne rido, dei miei sogni, e ne rido tanto da svegliarmi, a volte.

Ieri sera ho chiuso gli occhi, pensando alla pioggia che era caduta in serata, che sembrava ce ne fosse ancora di imminente, per una serie di baleni che mandavano riflessi sui vetri della finestra della camera.

Sento il caldo entrare in camera, apro la finestra e guardo fuori, ma non sento niente.
Non sento l'aria fresca battermi sulla fronte, non sento l'odore del bosco, non vedo il pino che copre le luci di San Miniato.
Mi sembra di sentire il rumore dell'acqua, ma non della pioggia.
Di un'acqua che va e viene, come una risacca.
Ma un rumore sordo, non vivo come il mare che scuote la sabbia.
Provo a fissare, e mi sembra di vedere una linea che taglia in due quello che sta davanti a me.
Sopra la linea, una manciata di luci sparse, disordinate su di una sagoma scura.
Sotto, le stesse luci, che si scioglievano e si disfacevano su di una specchio che si muoveva, lievemente.
Stringo gli occhi per vedere meglio, li strofino, ma vedo ancora meno.
Più che stringere gli occhi, è come se faccio fatica ad aprirli, la fessura tra le palpebre mi si chiude sempre più.
Lascio perdere, mi rendo conto che il sonno mi chiude gli occhi, e torno a letto.

Sento il caldo rientrare in camera, e tanta luce.
Mi alzo e torno alla finestra, la riapro, ma non sento niente.
Non sento l'aria fresca del mattino, né il canto degli uccelli del bosco.
C'è tanta luce, ma vedo solo bianco. Chiudo un po' gli occhi, per ridurre tutta quella luce.
Mi si disegnano, sull'orizzonte, montagne grigie, spoglie in sommità, picchi ravvicinati, come disegnati da un bimbo su un foglio bianco col pennarello e tinteggiati alla meglio, con qualche spazio bianco tra un tratto di pennarello e l'altro.
Mi metto la mano tesa, all'altezza delle ciglia, a mo' di visiera.
Per farmi ombra sugli occhi, e magari vedere qualcosa.
Così abbassando gli occhi, e il colore del pennarello era come diventato azzurro, e i tratti, più radi e svogliati finivano sul bordo basso dell'orizzonte.

O del foglio? —, mi viene da pensare.

Gli occhi mi si richiudono per il sonno, e allora torno a letto.

Stasera, caricando le foto odierne, mi sono trovato a scorrere le foto del trenino del Bernina.
Quella giornata si era chiusa a Colico, per una pizza in riva al Lago di Como. Con le luci di Gravedona e Domaso che brillavano sulla sponda opposta e sulle piccole onde del lago.
La mattina dopo, invece, mi svegliai in un alberghetto di Olgiasca, con la luce che entrava dal finestrone che dava sul lago, con la punta di Bellagio, e la sagoma grigia del Resegone che brillava al sole già alto.


Nessun commento:

Posta un commento