immagini della nebbia

Da tanto tempo, forse troppo, aspettavo di fare foto così.
Era tanto, forse troppo tempo, che aspettavo una nebbia così, in un luogo così.
Tanto ho dovuto aspettare una nebbia che mi aiutasse a vedere meglio, meglio che in piena luce.
Chissà se anche voi la vedete, questa nebbia.
E se anche voi, tra questa nebbia, vedete quello che vedo io.
Già, chissà. Siamo immersi nella nebbia, nella nebbia delle immagini, oppure in immagini di nebbia.
Come, probabilmente, molto più semplicemente, siamo in piena luce, nella piena luce delle parole che vogliono raccontare anche le immagini.
E se sono le parole a fare piena luce, ci si chiede della memoria, e chissà in che stato sarà.
Così a forza di stare a raccontare, anche le immagini, o una cosa qualsiasi, cento, mille, un milione di volte questa diventerà verità, l’unica verità.
Sì, perché forse non si può vivere veramente senza parteggiare, senza essere indifferenti.

Mi dicono che la strada è un'altra, ma io ho visto questo segno, nel verde di una mappa, che sale su, nella nebbia che si fa più fitta, il bosco più presente e la strada sterrata.
Salgo, mi inerpico per stretti tornanti che guadagnano la collina, ed entro pian piano in una sorta di cantiere, una fabbriceria della nebbia.

Ha un particolare fascino questa prima, densissima, nebbia di stagione.
Specie qua, nel Valdarno, che con la nebbia ha familiarità.
Arriva come una padrona che torna a casa dopo le vacanze, ha le chiavi di tutte le porte perché questo bosco e queste valli sono roba sua.

Penetra dentro le chiome sempre più spoglie degli alberi, le stradine, i vigneti, le maglie delle recinzioni, fin dentro alle fessure dei muri a secco.

E’ fuori e dentro alle cose, come i pensieri.

Serve a farti pensare, la nebbia, perché quando non vedi più le cose con il loro contorno abituale, sei costretto a pensarci di più.

Cerchi di ricordare dove cominciano e dove finiscono, le cose, cerchi di ricordarne la forma che hanno quando la nebbia non c’è.