mercoledì 3 agosto 2011

viaggio in Giordania, secondo giorno, Petra



Usciamo da Aqaba, e Wael, la nostra guida giordana, inizia a raccontarci il luogo in cui siamo diretti, Petra, partendo da lontano, dalla storia della Giordania, di uno stato i cui confini sono stati tracciati col pennarello sulle carte geografiche degli inglesi.


Nel racconto inserisce del suo. La sua storia, i suoi pensieri e quelli di suo padre. E ci dice che chi viaggia è come se vive due volte, vive la sua vita di tutti i giorni, nelle sue abitudini e nelle sue tradizioni, ma vive anche nelle abitudini e nelle tradizioni dei luoghi che visita.
Nel suo racconto, mischia filosofia ed narrazione. Una cultura, ci dice, che incute la paura del diverso, incute la paura della conoscenza. Ma è solo con la conoscenza che si può crescere.



Ci spiega che esiste la Giordania, ma non esiste un popolo Giordano. Ci sono i Palestinesi lungo il Giordano, e ci sono i Beduini, che si muovono in tutto il resto del territorio, senza badare molto a come sono tracciati i confini degli stati, così che sono di volta in volta giordani, sauditi, siriani, iracheni…
Lungo la strada di apre un paesaggio inconsueto. Dapprima “corto”, delineato dalla valle lungo cui corre la strada per Amman.
Poi, quando giriamo verso ovest per salire sulle colline di arenaria, comincia ad aprirsi.







Scopriamo che queste colline di sabbia e sassi vengono coltivate. I Beduini, di cui di tanto in tanto si incontrano degli accampamenti, con i loro trattori, hanno rastrellato questo altopiano, e vi hanno gettato del seme di grano. Si notano dei piccoli cumuli di sassi, sparsi, spesso ai limiti dei terrazzamenti. Indicano i confini dei campi di semina, la proprietà del raccolto, prima ancora che la proprietà del terreno.
Sembra improbabile, ma qui, nei mesi invernali piove spesso, e quasi ogni anno cade anche la neve. Siamo prossimi ai 1.000 metri sul livello del mare.




I Beduini, ancora oggi sono un popolo nomade, che vive soprattutto di pastorizia, spostando i propri greggi di capre da un capo all'altro del brullo paesaggio giordano, ed oltre. Sono un etnia ancora chiusa al resto del mondo, continuando a vivere delle loro abitudini, nelle loro tende, con i loro cammelli e le loro capre. Ma l’evoluzione dei loro costumi negli ultimi anni è più accelerata, ed anche le loro abitudini si stanno profondamente modificando, hanno adottato il pick-up come mezzo di trasporto, ed hanno iniziato coltivare i terreni grazie ad una sempre maggiore disponibilità di pozzi d’acqua.
Inoltre la politica di assistenza governativa a queste popolazioni, mette loro a disposizione un numero sempre maggiori di abitazioni, pur nella loro estrema semplicità, dato che sono dei semplici manufatti in muratura.
Nonostante le loro abitudini nomadi si stanno trasformando verso una semi stanzialità, per loro valgono ancora, principalmente, due obiettivi: la ricerca e la difesa dell'acqua, la ricerca e la difesa dei pascoli e del gregge.
Così, ogni sera, quando vanno a letto, continuano ad augurarsi: -Buonanotte e figli maschi-.
Continuano a sposarsi tra di loro, cosicché i loro tratti somatici, caratterizzati dai lunghi capelli neri, il naso lungo e curvato, il volto anch'esso lungo e affilato, sono ancora molto marcati.





Raccontando della storia recente di questa terra, ed avendo parlato di acqua, Wael, non poteva non parlare di Israele, e lo fatto parlando del fiume Giordano, e della guerra dei 6 giorni.
Nella sua narrazione, usa sempre parole di rispetto e considerazione nei confronti di Israele. Ci dice, e ne è convinto, che la recente stabilizzazione geopolitica dell’area sta consentendo l’attuale promettente sviluppo economico e sociale del suo paese. Auspica una maggiore intensificazione degli attuali rapporti commerciali.
Ma quando parla del passato, emerge qualcosa che non va, che non è ancora stato risolto, anche dentro di se. Cita la guerra dei 6 giorni, come una guerra combattuta da Israele per conquistare il completo controllo del fiume Giordano, dalle sue sorgenti fino al lago di Tiberiade compreso. Ma la conquista del controllo sul fiume, sappiamo, fu un’operazione condotta l’ultimo giorno di guerra, e fu decisa in considerazione della situazione militare particolarmente favorevole che si era venuta a creare per la schiacciante vittoria sugli altri fronti.
Come sappiamo che nei mesi precedenti lo scoppio della guerra dei 6 giorni (5-10 giugno 1967), Israele aveva condotto diverse operazioni militari, soprattutto aeree, in territorio Siriano per contrastare l’Headwater Diversion Plan. Un piano progettato dalla Siria nel 1965, che prevedeva, una volta completato, la deviazione di alcuni fiumi che confluiscono nel Giordano e nel Mar di Galilea. Le opere di deviazione avrebbero ridotto l'approvvigionamento idrico complessivo di Israele di circa il 11%.
Comunque, oggi, ci dice la guida, sta di fatto che gli israeliani hanno costruito un diga sul Giordano, subito dopo il Mar di Galilea (o lago di Tiberiade), con la quale raccolgono il 95% dell'acqua, deviandola per i loro usi. Girando sul web, leggo che anche Giordania e Siria si approvvigionano da quello sbarramento.


Petra è una delle otto meraviglie del mondo antico, e delle sette del mondo moderno. I Nabatei, popolazione araba insediatasi in questa zona oltre 2000 anni fa, crearono questa città dalla nuda roccia e la trasformarono in uno snodo cruciale per le rotte commerciali della seta e delle spezie, grazie alle quali Cina, India e Arabia del Sud poterono entrare in contatto con Egitto, Siria, Grecia e Roma.




L’ingresso al sito archeologico e a Wadi Musa, e a Petra ci si arriva solo a piedi, oppure in carrozza.

E’ possibile utilizzare anche un cavallo, che però si ferma all’ingresso del Siq.

Il Siq è una stretta gola, lunga più di un chilometro, fiancheggiata da ripide pareti rocciose, che in alcuni punti si stringono fino a soli tre metri, e sono alte fino a 80 metri.

I colori e le formazioni rocciose della gola, che non è altro che il tortuoso e profondo letto di un fiume torrentizio, meravigliano.








Alla fine del Siq, nella fessura tra le rocce, si scorge il Khazneh, il Tesoro.
La sua vista è senz’altro un'esperienza straordinaria. Un'imponente facciata, larga 30 metri e alta 43, creata dalla nuda roccia. È stata scavata all'inizio del I secolo per essere la tomba di un importante re nabateo e testimonia il genio architettonico di questo antico popolo.








Il Tesoro è solo la prima delle meraviglie di Petra. Non appena si entra nella valle di Petra si viene sopraffatti dalla bellezza naturale di questo luogo e dalle sue meraviglie architettoniche. A differenza delle case, per la maggior parte andate distrutte dai terremoti, le tombe sono state scavate per durare in eterno e 500 di esse sono sopravvissute.
All'interno sono vuote, e quando si entra perdono molto del loro fascino.
Come si varca la soglia e ci si addentra nella loro oscurità si sentono odori di vita promiscua tra uomini ed animali, ed come gli occhi si abituano all'oscurità, si vede che immondizia e feci sono sparsi ovunque.



Al centro della valle si trova la più imponente costruzione nabatea, un teatro in stile romano, in grado di ospitare 5.000 spettatori.






Proseguendo, sono visibili obelischi, templi, altari sacrificali e strade colonnate.



All'interno del sito, sono numerosissime le bancarelle per la vendita di prodotti artigianali locali, come vasellame e gioielli beduini e bottiglie di sabbia variopinta della zona.
Ma ci sono soprattutto bambini. Sono loro che vendono le cartoline, la bigiotteria e guidano i muli. E come tutti bambini sono curiosi. Ad Agnese, vedendola con le cuffiette, le chiedono cosa sta ascoltando, e vogliono condividere.




Salendo una scalinata di oltre 800 scalini scavati nella roccia, che parte dalla fine della valle, oltre i musei ed i ristoranti, salendo un dislivello di oltre 350 metri, si giunge all'imponente Monastero di Ad-Deir.
Lungo tutto l'impervio percorso una sequela di bancarelle, e signore beduine che invitavano a bere il loro tè.







Tornando indietro, anche noi approfittiamo degli asini per salire al complesso delle tombe.





La visita si è ormai conclusa.
Un vento leggero, fresco e gradevole.
Voci trasportate dal vento che risale la gola.
Seduti, in silenzio, ad osservare "il tesoro".
Adesso il tempio è in ombra, ed ha assunto un caldo ed intenso colore rosato.
Me lo avevano detto di aspettare la sera, che sarebbe stato più suggestivo.
Eppure l'emozione provata quando, dopo l'ennesima curva del lungo, lunghissimo, sentiero, sul greto della gola scavata da millenarie fiumare, mi sono trovato davanti la facciata del "tesoro", in pieno sole, mi aveva fatto pensare che più bello non poteva essere.
La luce del sole costruiva ombre che stagliavano i contorni delle eleganti decorazioni, delle alte colonne, delle statue e bassi rilievi della facciata.
Ma adesso, senza la luce del sole che batte sulla roccia, le forme appaiono molto più morbide, plasmate.



E' l'ora di tornare, siamo tra gli ultimi, e l'atmosfera struggente del saluto, dell'addio, è accresciuta dalla luce che si è fatta più radente, prossima al tramonto.
Petra è stata un'emozione forte, un colpo, un botto di luci forme e colori davanti agli occhi. E continua, anche lungo il Siq, risalendolo. E' come ripercorrerlo per la prima volta, tanto la luce lo ha cambiato.




Sul pulman, Wael, prolunga le emozioni recitando una struggente poesia, di cui non ci dice l'autore, che qui riporto.


Nasce dalla terra
la roccia meravigliosa
che ingioiella un altare
color tramonto.
Viva,
calda di sole
con l'anima di sale.
Si offre nuda
al mondo
un ricordo ormai muto.
Silenzio tra le austere pareti
dove nemmeno il vento disturba la quiete.
Anime che scappano
e ritornano tra le gole,
danzando tra le tombe del ricordo.


Maestosa bellezza creata da Dio,
dominata dall'uomo,
ferita a sangue.
Dall'odio, dal potere,
ora sei libera
Petra.
Immensamente sola
riposi
e vegli i tuoi passati.
L'uomo ha violato il tuo rifugio
ora offri alle pupille del mondo
la tua bellezza e il verginale pudore.
La notte riposi al chiaro di luna
nessuna luce illumina il tuo letto vuoto
il tuo sposo perduto.


Silenzio dentro e fuori i tuoi confini
umili aliti e respiri immaginari,
lamentano nel buio la morte.
Ma basta un'alba rosata
per farti ritornare in vita.
La gente curiosa
calpesta con gli zoccoli del cavallo la tua terra
Umilia con il denaro
il tuo prezzo più ricco del sole.
Il sorriso fa eco nelle gole aride
assetate
ma dignitose
Perdonami Petra
se anch'io ho calpestato il tuo cuore.
Mi hai offerto uno sguardo
che i miei occhi non potranno mai scordare.












Nella caldissima notte di Aqaba, prima di andare a letto, con l'orologio che segna già le ore del nuovo giorno, ci concediamo un po' di refrigerio nell'acqua della piscina.

3 commenti:

  1. Complimenti Aurelio,non potevi dare miglior spiegazione di questo magnifico viaggio.
    Saluti dal compagno di viaggio Christian Bosio.

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  2. Direi che Petra sembra meravigliosa...

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  3. meravigliosa Petra, meravigliose foto! Al solito, non mi sorprendi!

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