martedì 26 luglio 2011

il monumento ai caduti della grande guerra di Radicofani

Qui, nei tanti post del mio blog, il tema dei monumenti ai caduti della grande guerra è ricorrente.
Avendo modo di girare gran parte dell'Italia, e di farlo soprattutto attraverso molti piccoli paesi, spesso lontani dalle grandi vie di comunicazione, si nota che la presenza dei monumenti ai caduti della grande guerra, che in moltissimi casi hanno poi raccolto la memoria anche anche dei caduti delle guerre successive, fino a quelli della seconda guerra mondiale, è quasi sempre molto tangibile.
I monumenti hanno sempre una collocazione molto visibile, nelle piazze principali, se non in "parchi della rimembranza", ideati e realizzati per lo specifico scopo.
Il primo motivo di interesse, è senz'altro il fatto di aver avuto il nonno paterno, di peraltro porto il nome, che ha combattuto la grande guerra, dal giorno del suo inizio fino a quello della sua fine, in fanteria.
Mentre lui, non riesco neppure ad immaginarmi come, sia riuscito ad uscirne vivo ed in salute, milioni di sui coetanei, da ogni parte d'Italia, hanno perso la vita sui campi di battaglia lungo i crinali delle alpi orientali.


Così, spesso, mi ritrovo, quasi involontariamente, davanti a questi monumenti a leggere l'elenco dei nomi dei ragazzi che non hanno fatto ritorno al loro paese.
Scorrendo questi elenchi, subito mi sale la commozione non solo per le vite cadute, ma anche per come hanno vissuto i loro ultimi giorni. Nelle indicibili condizioni delle trincee, al freddo della montagna. Con la neve, con scarso riparo alle intemperie, come alle bombe ed alle pallottole dei soldati austriaci ed ungheresi. Vittime dello sconsiderato sistema di approccio alla guerra di quegli anni, dove i soldati erano della vera e propria carne da macello, la cui vita, di fronte agli obiettivi militari, valeva quanto la baionetta che portavano con se.

Dopo la Grande Guerra il mondo si trovò di fronte all’agghiacciante dato di 9 milioni di caduti e di altrettanti invalidi e feriti. In tutti i paesi coinvolti nel conflitto si sentì il bisogno di trovare forme di elaborazione collettiva del lutto. L’orrore spinse alla pietà della memoria e al desiderio di ricordare quanti avevano perso la vita in nome di ideali nazionali. In tutta Europa sorsero monumenti e lapidi.
Purtroppo la successiva storia del continente dimostrerà che le "testimonianze a futura memoria" non servirono a far cessare l’orrore della guerra. Solo pochi decenni dopo il primo conflitto mondiale, infatti, un’altra guerra, ancor più cruenta e devastante coinvolgerà il mondo intero.

In Italia, l'inizio della realizzazione di monumenti in memoria dei caduti della Grande Guerra, può essere fatto coincidere con il 27 ottobre 1921, quando vennero trasportate undici salme nella Basilica di Aquileia. Una donna di Trieste, Maria Bergamas, il cui figlio aveva disertato l’esercito austriaco per combattere nelle file italiane, cadendo in battaglia senza che il suo corpo venisse mai identificato, scelse il corpo di un soldato. Il treno che trasportava l’Ignoto viaggiò sulla linea Aquileia-Venezia-Bologna-Firenze-Roma, riverito dalla popolazione al passaggio nelle varie stazioni.

Il 4 novembre 1921, con una solenne cerimonia, il corpo dello stesso fu solennemente tumulato nel sacello posto sull’Altare della Patria a Roma, progettato alla fine dell’Ottocento per commemorare la memoria di Vittorio Emanuele II. Divenne "Il Milite Ignoto", rappresentante di tutti i caduti della Grande Guerra, a cui fu concessa la medaglia d’oro.



Questo è il monumenti ai caduti di Radicofani, nei giardini pubblici del Maccione.


Su di esso, diviso su due lapidi, c'è l'elenco con i nomi di 83 ragazzi di Radicofani che persero la vita combattendo la Grande Guerra.




38 di loro morirono in battaglia, 3 nei campi di prigionia, 27 di malattia e 15 i dispersi.

















9 di loro portavano il cognome Maccari, 7 i Fabbrizzi e 7 i Rappuoli.
In quegli anni Radicofani contava circa 2.800 abitanti, più del doppio di oggi.
















Su di una delle lapidi del monumento sono raccolti anche i nomi dei caduti durante la seconda guerra mondiale, che furono 36, tra militari, partigiani e civili. Questi ultimi ben 19.
I partigiani ricordati nella lapide sono il carabiniere e partigiano Simar Vittorio Tassi e del giovane Renato Magi. Fucilati delle SS il 17 giugno del 1944, in località San Piero d'Orcia.

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