Quest'anno anche la mia Agnese farà la Cresima.
Per ricordare questo suo passaggio, sto preparando quattro volumetti, che conterranno testi e foto che sto realizzando proprio per l'occasione.
Non gli ho dato un titolo complessivo, ma ciascuno di essi contiene un foto-repertorio su di un frammento del nostro spazio di inizio millennio. Il soggetto è la natura, e la sua complementarietà con l'uomo.
Si tratta di quattro pubblicazioni, contenute ciascuna in un cofanetto in cartoncino colorato (un calore per ciascuna pubblicazione), costituita da un foglio stampato su carta riciclata “vivi verde”, contenente un brano autografo, ispirato all’opera di Salvatore Quasimodo, di cui mi sono riletto alcune poesie, prima di prendere sonno, la sera del solstizio d’estate di questo anno, corredato da una stampa fotografica, realizzata con la collaborazione dell’amico Francesco Sgherri, con la stampante digitale del Comitato Organizzatore del BuccianoFotoDiarioFestival, in formato 55x150 (mm), delle sei immagini componenti le collezioni fotografiche “spighe di grano, panorami, prospettive e erbe al sole”, realizzate il venti giugno scorso, durante un “passaggio” sull'ora di pranzo (come ai vecchi tempi), nella valle di Cafaggio, a sud di San Miniato, e stampate in sei copie per ciascuno dei quattro volumi, in ricordo della Cresima di Agnese. La stampa, grazie a Francesco, avverrà domani mattina, ventiquattro giugno duemilaundici, giorno della cerimonia.
Aspra, la ricerca.
Come è ignota la terra
ove ogni giorno affondo
e come mi sono segrete
le sillabe che la nutrono.
Come un’altra luce,
che sfoglia,
da sopra,
togliendo,
all’inizio di un ogni nuovo giorno,
la veste notturna.
E come si può cantare
nei giorni abbandonati,
coperti dall’erba dura del tempo,
dal lamento di una crescita stentata,
dalla voce nera di una pioggia
che non viene.
Come si può cantare
alle sfrondate messi,
appese a queste crete,
oscillanti
lievi e tristi al vento.
Fatti d’aria.
Certo, ricordo,
è da quel nocio,
oltre la seconda curva,
da prendere lenta,
che si vedono vigne
e campi colorati dalla stagione.
E l’ombra di alberi scuri,
sparsi, quasi casualmente.
Lacrime che vagano su una terra mobile.
Desiderio di mani di menti chiare,
nella penombra del tempo,
della lotta dentro di esso.
Ogni colore è una fiamma.
Fiori limpidi, legni di querce,
fronde d’olivo,
ma anche rose.
E voli d’uccelli,
che cercano prede e semi.
E poi sole, tanto.
E ancora luce, abbacinante.
Con gli occhi fatti d’aria calda,
dell’estate che è arrivata.
Quel che si vede.
Ecco la vista,
mite,
fra larghi colli,
con crinali di boschi pensili,
su campi dorati del grano,
e i tanto verdi dei prati,
e i colori dei fiori.
Sale,
lo sguardo,
e poi aerei precipizi,
assorto,
al vento che muove i cipressi.
E la brigata dei profumi,
che lieve l’accompagna,
s’allontana nell’aria.
Come un’onda,
suoni e sensazioni, prende,
e trae paure d’ombre e di silenzi,
volano via.
Ecco, così,
rifugi di dolcezze,
assidue e coccolanti.
Fili d’Erba.
Mi soffermo, osservo, e poi muovo passi.
Fischio.
E sento l’erba che si strofina a me,
e il vento che la muove.
E’ come una voce che, talvolta,
è come se mi chiama.
Sì, una voce,
e non so che cieli ed acque mi si svegliano dentro.
Una rete di fili d’erba,
smagliata dal vento,
e il sole che ne fa un dondolio di riflessi,
di scintille.
Come lampade,
ma vive di giorno,
piene di vento e di suoni.
Ecco,
richiama un telaio,
richiama un suono ritmato,
che batte lontano,
forse da un cortile.
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