Anche lungo al strada per salire a Pierino, la nebbia era come mobile, tenue o densa.
Sulla parte finale della salita, superato il galoppatoio, sopra alla querce dell'altalena, il cielo si è fatto, come di colpo, limpido.
Faccio gli ultimi metri non guardando più neppure la strada, rapito da un cielo che appariva così basso da schiacciare gli alberi.
Mi fermo e scendo.
Adesso che guardo verso sud, lo spettacolo è smisurato, e mi emoziona.
Ecco che il paradosso di Cheseaux-Olbers, "l’Universo non è infinito seppure illimitato", acquista tutto il suo senso.
Adesso che guardo verso sud, lo spettacolo è smisurato, e mi emoziona.
Ecco che il paradosso di Cheseaux-Olbers, "l’Universo non è infinito seppure illimitato", acquista tutto il suo senso.
Non conosco la mappa del cielo, non conosco il nome di nessuna delle stelle che vedo, non sono capace di riconoscere neppure una costellazione. Ma sento che tutto ciò che sto vedendo, mi emoziona, fortemente.
Prendo la macchina fotografica, la monto sul cavalletto, e alzo di nuovo gli occhi al cielo.
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