"Cavalleria rusticana" è un'opera in un unico atto di Pietro Mascagni, nativo di Livorno, da genitori di San Miniato, andata in scena per la prima volta il 17 maggio 1890 al Teatro Costanzi di Roma, su libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci, tratto dalla novella omonima di Giovanni Verga.
Quest'opera ha avuto una genesi molto originale, che sottolinea quanto l'intuizione e la genialità di un artista riescono ad esprimersi anche nelle condizioni più improbabili.
Mascagni, che all'epoca risiedeva a Cerignola, in provincia di Foggia, dove dirigeva la locale banda musicale, venne a conoscenza di questo concorso solo due mesi prima della chiusura delle iscrizioni e chiese al suo amico Giovanni Targioni-Tozzetti, poeta e professore di letteratura all'Accademia Navale di Livorno, di scrivere un libretto.
Targioni-Tozzetti scelse Cavalleria rusticana, una novella popolare di Giovanni Verga come base per l'opera. Egli e il suo collega Guido Menasci lavoravano per corrispondenza con Mascagni, mandandogli i versi su delle cartoline.
In quello stesso anno, in séguito al tutto esaurito delle repliche al Teatro Costanzi, l'opera fu rappresentata in tutta Italia
Passioni, gelosie e onori macchiati tratti, questo è il dramma siciliano tratto dall'omonima novella di Giovanni Verga, che l'Opera trasforma in poche battute, con uno struggente pianto dei violini e il profumo dei fiori d’arancio.
La scena è poderosa, ricca nella rappresentazione della polverosa strada bordata di giaggioli e fichi d’India che conduce verso i bagliori del mare.
La scena si svolge in un paese siciliano durante il giorno di Pasqua. Ancora a sipario calato, si sente Turiddu, il tenore, cantare una serenata a Lola, sua promessa sposa, che durante il servizio militare di Turiddu ha però sposato Alfio.
La scena si riempie di paesani e paesane in festa, giunge anche Santa, detta Santuzza, attuale fidanzata di Turiddu, che decide di non entrare in chiesa sentendosi in grave peccato. Si rivolge allora a mamma Lucia, madre di Turiddu, chiedendole notizie del figlio.
Lucia dice a Santuzza che Turiddu è andato a Francofonte a comprare il vino, ma Santuzza risponde che Turiddu è stato visto in paese nel bel mezzo della notte. Lucia replica stizzita e le chiede di entrare in casa: ha infatti paura che qualcuno possa sentire la loro conversazione, ma Santuzza rifiuta l'invito perché si sente disonorata.
Intanto, Alfio giunge a far visita a Lucia e le domanda del vino: Lucia riferisce che Turiddu è andato a Francofonte per comprarne, ma Alfio replica di averlo visto al mattino vicino casa sua. Compare Alfio se ne va e a questo punto Santuzza svela a Lucia la relazione tra Turiddu e Lola, pur essendo quest'ultima sposata: Lucia, attonita, invoca la Madonna e si allontana.
Giunge Turiddu che discute animatamente con Santuzza; quindi, interviene anche Lola, diretta alla chiesa, e le due donne si scambiano battute ironiche. Dopo che Lola è entrata in chiesa, la discussione tra Turiddu e Santuzza degenera in lite violenta fino a che, gettata a terra da Turiddu, al colmo dello sdegno, Santuzza gli augura la malapasqua. Quindi Turiddu entra in chiesa.
Santuzza, rialzatasi, vede arrivare Alfio e gli denuncia la tresca amorosa della moglie.
Dopo la messa, Turiddu offre vino a tutti i paesani per stare più tempo con Lola.
Giunge Alfio, Turiddu gli offre del vino, ma questi rifiuta. Così, Turiddu getta via il vino e, con la scusa di un abbraccio pacificatore, morde l'orecchio ad Alfio sfidandolo a duello.
Turiddu corre a salutare la madre e le dice addio affidandole Santuzza.
Subito dopo si sente un vociare di donne e popolani.
Un urlo sovrasta gli altri: "Hanno ammazzato compare Turiddu!".
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