Questo post ha tenuto bloccato il mio blog per un po', lo confesso!
Volevo dedicare a questo evento, alla prima rassegna nazionale dei salumi di sangue che si svolta durante questo fine settimana a San Miniato, un'attenzione particolare.
A dire il vero a me non è mai piaciuto né il mallegato, né il buristo. Lo scorso anno ho scoperto il migliaccio, una crepes al sangue che fanno nel pistoiese, ma non mi piacque neppure quella.
Ma volevo però cogliere quest'occasione per ritrascrivere un racconto che scrissi e venne pubblicato sul Bollettino dell'Accademia degli Euteleti di San Miniato sul finire degli anni '80.
Era il racconto, di quando da ragazzo a casa mia, nell'inverno uccidevano il maiale, per poi lavorarlo in cantina.
Quando si uccideva il maiale, o meglio i maiali, perché ne venivano uccisi almeno sei, uno e mezzo a famiglia, la mia zia cucinava, a pranzo il giorno stesso, con il maiale appeso alla capanna, ancora caldo, il sangue.
Mi ricordo che lo faceva bollire sulla stufa a legna, in una fantastica casseruolo di metallo, rossa come il sangue. Si faceva denso e spugnoso, poi, tagliato a tocchi, lo freddava stendendolo su di paniere pieno di foglie di cavolo. Ne fa faceva delle fette abbastanza sottili e lo metteva, dopo averla lavata, nella stessa casseruola rossa, dove intanto aveva fatto soffriggere sul grasso di pezzi carne di maiale, un'intera cipolla tagliata a filetti, diversi spicchi d'aglio ed altri profumi.
Poi aggiungeva scorza d'arancio ed un po' di vino rosso.
Mi ricordo ancora il profumo, e quel sapore buonissimo.
Mi ricordo che eravamo più di una dozzina attorno a quel tavolo, e che dentro a quella casseruola ce n'era per tutti.
Nessun commento:
Posta un commento