domenica 11 agosto 2013

e io che devo ancora raccontare di Dante


Spesso penso che meno male che tengo un diario. Almeno ho un momento in cui riesco a fissare quello che mi gira attorno, ma anche quello in cui mi ritrovo a girare.
Pur se abituato a girare, fare cose e vedere gente, questo è per me un periodo forse un po' troppo intenso.
Così succede che, come questa mattina, in cui mi sono messo a dedicarmi al condividere le immagini raccolte ieri sera, alla serata d'apertura del Festival del Pensiero Popolare, la nuova veste data dall'amico Andrea Mancini al Palio di San Rocco di San Miniato, con gli amici presenti, dove, tra l'altro, ho avuto l'occasione di incontrare, dopo tantissimi anni, una compagna delle medie, di dare un breve sguardo indietro nella cronologia dell'archivio fotografico, e scoprire che: devo ancora raccontare di Dante.

Già, lo scorso lunedì, grazie al complice invito di un'amica, sono stato a vedere Roberto Benigni recitare il Canto XXXIII in Piazza Santa Croce, in Firenze.


Stimolante e languida la calda notte fiorentina, con la gente che cammina frettolosa per i vicoli del centro storico, diretta allo spettacolo.


La piazza si riempie velocemente, con la stessa velocità con cui scende la notte sulla città.




Il palco è montato poco distante dalla scalinata che porta al sagrato della Basilica di Santa Croce, proprio sotto la statua di Dante, che ha gli occhi rivolti verso di esso.


In prossimità dell'inizio dello spettacolo, una voce di servizio invita tutti i presenti a non riprendere né video né immagini dello spettacolo, pena il sequestro dell'apparecchio.
Speriamo, visto che adesso le ho pubblicate, non vengano a prendermi la macchina fotografica a casa, o, peggio ancora, che non mi oscurino il blog.
Sono le 21,30 in punto quando Benigni appare sul palco.


Lo fa a modo suo, correndo, saltellando, come il suo Pinocchio.


Parte subito, raccontando di Ulisse, un uomo che viaggiava tanto, con tante donne in ogni porto, mentre la moglie lo stava aspettando a casa, per costruirsi una scusa per parlare di attualità. Troppo ghiotta l'occasione. Aspettata, anche da lui, chissà da quanto. Quello di lunedì era il suo primo momento in pubblico dopo la condanna di Berlusconi.




Chiude la prima parte dello spettacolo con una canzone, che racconta l'Italia e Berlusconi.
Lo fa accasciandosi a terra, e dal pubblico si leva un'ovazione.


Poi inizia con la Divina Commedia, presenta, legge e commenta i versi del Canto XXXIII, quello in cui è protagonista il Conte Ugolino della Gherardesca.

E' il peccatore intento ad addentare bestialmente il cranio del compagno di pena, solleva la bocca da quell'orribile pasto e la forbisce coi capelli dell'altro.
Benigni si dilunga moltissimo sulla prima terzina, va oltre la parafrasi, e racconta, con la sua bellissima capacità da affabulatore, il contesto storico, del comportamento ambiguo di Ugolino nella lotta pe ril potere sulla città pisana, della battaglia della Meloria combattuta nel giorno di San Sisto, patrono della città. Della cocente sconfitta della flotta pisana per danno di quella Genovese, e della fine delle fortune della ricca repubblica marinara toscana.
E racconta del rapporto tra il conte Ugolino della Gherardesca e il suo compagno, l'arcivescovo Ruggieri degli Ubaldini, e di come quest'ultimo lo avesse raggirato e attirato in una trappola facendolo catturare, ed imprigionare nella Torre della Muda, dove su rinchiuso e fatto morire per fame, con i suoi quattro figli.



Dopo la versione in prosa, le luci del palco, e quelle della piazza, prendono un'altro colore. 
Sulla piazza scende un silenzio assoluto, l'atmosfera si fa greve, e Benigni si mette a recitare, a memoria, il Canto XXXIII.



La bocca sollevò dal fiero pasto 
quel peccator, forbendola a’capelli 
del capo ch’elli avea di retro guasto.
Dante, Inferno, Canto XXXIII, 1-3


e in corpo par vivo ancor di sopra.
Dante, Inferno, Canto XXXIII, 157



Benigni recita l'ultimo verso, un attimo di silenzio, le luci che coronano il palco si spengono, la piazza si illumina, ed il pubblico si alza per un lunghissimo applauso.
Lui ringrazia, si inchina, scende dal palco, sale su di un'auto che lo stava aspettando, e sparisce per Borgo Santa Croce.

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