sabato 23 giugno 2012

i fuochi di San Giovanni a San Miniato


I fuochi propiziatori accesi la notte di San Giovanni sono un rituale la cui tradizione si perde, come si suol dire, nella notte dei tempi.
Ma nella sua forma più conosciuta, quella riproposta dai fuochi che vengono accesi in Rocca, accompagnati da lanterne e rificolone, per l'intuizione di Dilvo Lotti, che nell'immediato dopoguerra si impegnò particolarmente nella ricostruzione morale e culturale di San Miniato, dando vita a quella libera associazione di uomini di buona volontà, che angora oggi porta in nome di Comitato Manifestazioni Popolari, rievocano gli usi e costumi della civiltà contadina così come si è evoluta a partire dal XIII secolo e si è consolidata e strutturata tra l'inizio del XVIII secolo e la metà del XX secolo.
Come il giorno dedicato a Santa Lucia, era nella ritualità popolare la festa del solstizio d'inverno, peraltro disallineata con il calendario astrologico, allo stesso modo, il giorno dedicato a San Giovanni Battista, rappresenta la festa del solstizio d'estate, peraltro anch'esso, allo stesso modo, disallineato con il calendario astrologico.


Il rito dei fuochi di San Giovanni si compie dopo la fine del raccolto.
Si bruciano fascine, paglie e sterpaglie per propiziare non tanto una buona quantità di raccolto, ma quanto la sua qualità, o meglio ancora la sua buona conservazione.
Si usa infatti bruciare la mosca, un piccolo fascio di spighe legate con una testa d'aglio, sulle braci del falò.
Lo si fa per purificare le messi dai parassiti.
Come si usa l'azione di purificazione del fuoco per rendere fertili i campi. Incendiando le sterpaglie si purificano i campi, in quanto si bruciano le mosche, gli insetti parassiti, e i mal semi, i semi delle erbe infestanti, caduti maturi a terra con la mietitura.
E, al tempo stesso, i campi vengono resi fertili dalle ceneri delle sterpaglie, ricche di fosforo e potassio.



Già prima del tramonto, la gente si raduna sul prato della Rocca, portando con se il mangiare per la sera.
Le cataste di paglia e fascine per i falò sono già pronte dal pomeriggio, preparate dai ragazzi del Comitato, che nel frattempo hanno già acceso anche il braciere dove, per tutta la sera arrostiranno salsicce per farne panini.





Con il tramonto, si accendono le luci nella valle, e le rificolone sul prato della Rocca.



E' una festa giovane, con tanti ragazzi e bambini. Saliti quassù per tanti motivi. Per la fantasia e la poesia di questo posto. Così in alto, con la sua Rocca che appare un castello, per il panorama che permette di vedere in ogni dove, e la notte diventa ancora più suggestivo, per le migliaia di luci accese tutt'attorno, tante quasi quante sono le stelle che si riescono a vedere in cielo.


Stasera c'è anche una sottile lama di luna, che si è andata rivelando verso ponente, poco di fianco a dove il sole si è spento, ad assistere alla festa.




E' notte avanzata quando vengono accesi i fuochi.
Una ad una le tre cataste vengono incensiate, e attorno ad esse la gente si siede ed ammira.



Tutti stupiti da quelle lingue di fuoco, di energia indomabile, che si dimenano dell'aria, alimentate dal vento fresco di questa sera.
Qualcuno corre attorno ai falò, come in una danza, un semplice gioco.



Gran finale della festa con i ragazzi del laboratorio di teatro comico, diretto da Stefano Bellani e Enrico Falaschi, del Teatrino dei Fondi, che mettono in scena “Cosine Robette” dell'autore francese Pierre Notte.
Uno spettacolo molto divertente, articolato in sette quadri in cui una serie di surreali personaggi affrontano con ironia temi importanti come la guerra, il potere, l'arte, ed altri.


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