lunedì 28 maggio 2012

stazione Milano Centrale


Oggi ho raccolto scatti di treni, di mitiche frecce rosse, in arrivo ed in partenza dalla Stazione Centrale di Milano.
Un po' di riflessi e lacca, delle stelle dei binari.


La stazione di Milano la vivo sempre in due modi, come due mondi paralleli che convivono sotto le sue centenarie arcate in ferro e vetro.
Quando arrivo, al mattino, è come un scivolo neutro che mi introduce in città.
Un semplice, fugace passaggio. Gomito a gomito con una moltitudine variopinta, di abiti e volti.
Ma la folla che scende dalle frecce rosse si distingue nel formicaio che si muove incessantemente dentro alla stazione.
Si distingue per abbigliamento e movenze, per trolley e tacchi a spillo. E' una folla veloce, che fugge via frettolosa e silenziosa.


Quando rientro in stazione nel pomeriggio è come entrare in un altro mondo.
Non si scivola più, è tutto più viscoso. Intanto si entra nei suoi sottofondi, illuminati, colorati e costellati di insegne e negozi.
Ma il cielo è più basso, la gente va meno di fretta, anzi, tende a rallentarti.
Lungo le biglietterie automatiche due file si allungano parallele alle macchinate stesse.
Quella più prospiciente intenta ad acquistare biglietti, quella dietro osserva, e appena uno termina di fare il biglietto, si gettano per infilare le mani dentro la fessura dei resti, per vedere se qualcuno si è dimenticato qualche moneta.
A giudicare dal numero di persone, molti stranieri, ma anche qualche volto italico, qualcosa, ad uso, trovano.


Una cosa è arrivare, e subito via. Una cosa e ritornare, acquista il biglietto, sale le scale mobili, cerchi il binario, aspetti il treno.
Capita di vivere la stazione, e di conoscerne le facce. capisci che non sono tutti lì per partire.
che molti sono lì senza una meta.


Ricordo di aver letto di un barbone che viveva qui in stazione. Un piastrellista malato di vivere, schiacciato dalla tristezza e dall'alcol. Perso in un circolo perverso. Bere per tristezza di una vita che gli stava stretta, ma quel bere gli porta via anche quel poco, anche quel vestito stretto.
Marco Faggionato, diviene poeta di strada. Vince premi e scrive canzoni.
Trova uno spiraglio, lascia il cognac per la poesia, e riesce ad uscire da quel circolo perverso per riappropriarsi della propria vita.
Magari stretta, ma sua. Purtroppo la vivrà poco, ne aveva consumata già troppa.

Nessun commento:

Posta un commento