A me, appassionato di calcio, come chissà quanti altri, cresciuto di pallone e radiocronache negli anni '70, il nome "Cibali" sta a significare che al calcio si gioca con la palla, e che la palla è rotonda.
Può sembrare la più grande ovvietà del mondo, ma spiega più dell'ovvio.
Il grido di Sandro Ciotti a "Tutto il Calcio minuto per minuto" del 4 giugno del 1961 è entrato nella storia. È diventato uno slogan. Lo sentiamo tirare in ballo quando c’è un risultato clamoroso.
Ma il Cibali era, e lo è ancora, famoso per le condizioni del terreno. Zolle, erba a chiazze, e buche fanno parte della partita, qui al Cibali più che in ogni altro posto.
Quando da ragazzetti si giocava al calcio nei campetti di terra, ogni volta che si calciava male per un bizzarro rimbalzo del pallone, si imprecava contro "il Cibali".
Oggi ero a Catania, con la mia macchina fotografica dentro la borsetta, a parlare di paglia, brassica e grano che quest'anno non nasce per la siccità.
Ed ero a trenta metri dallo stadio, dal Cibali.
E nonostante fossi così vicino, clamorosamente, ne ho visto solo uno spicchio di tribuna, in fondo alla strada.
Sono partito da casa, tra la pioggia, i fulmini ed un vento gelido. A Firenze mi sono bagnato dal parcheggio all'aeroporto.
A Catania, appena sceso dall'aereo mi son detto: ”Ma che giro con il cappotto”.
In città c'era una splendida luce bianca, e profumi di agrumi. Gli alberi germogliati e i ragazzi in camicia.
E a pranzo, tanto pesce... e fichi d'india!
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