sabato 6 novembre 2010

papaveri, di quando si parlava della fine del millennio (7)

Il 5 maggio scorso avevo iniziato a riproporre "Frammenti", una collana di foto-pensieri in cui raccoglievo/raccontavo dei segni che fossero capaci di rappresentare il varco della data del cambio del millennio.
Il primo numero aveva per titolo "MATTONI".
http://aurelio-vivereapierino.blogspot.com/2010/05/di-quando-si-parlava-della-fine-del.html
Il secondo numero, "NUVOLE".
http://aurelio-vivereapierino.blogspot.com/2010/05/di-quando-si-parlava-della-fine-del.html
Il terzo numero, "STRADE".
http://aurelio-vivereapierino.blogspot.com/2010/07/strade-di-quando-si-parlava-della-fine.html
Il quarto numero, "ORIZZONTI".
http://aurelio-vivereapierino.blogspot.com/2010/07/orizzonti-di-quando-si-parlava-della.html
Il quinto numero, "ACQUE".
http://aurelio-vivereapierino.blogspot.com/2010/09/acque-di-quando-si-parlava-della-fine.html
Il sesto numero, "MACCHINE".
http://aurelio-vivereapierino.blogspot.com/2010/10/macchine-di-quando-si-parlava-della.html
Continuando a seguire il filo conduttore fondato sul confronto rappresentato dalla contrapposizione-complementarietà tra l'uomo e la natura, questo settimo numero, intitolato "PAPAVERI", terzo elemento della seconda tetralogia, voleva rappresentare la capacità di intervenire sui meccanismi della natura.





Il settimo numero di "FRAMMENTI", realizzato nel mese di novembre del 1996, lo presentai nei locali dell'Ex Frantoio di San Domenico, in San Miniato, il 1° dicembre 1996.







primi pensieri
L'Uomo capace di annientare o modificare la natura.

"Macchine" potrà essere apparso nei primi pensieri, pur con la nota finale, un generico elogio alle capacità umane, soprattutto di quelle tecniche e tecnologiche. Ecco che allora voglio ricondurre su di un piano più realistico la contrapposizione e complementarietà dell'uomo con la natura. Perché nonostante tutto l'uomo resta subordinato alle leggi che la natura detta ed impone. Anche la stessa forza che spinge l'uomo a prevalere sui suoi simili, attraverso la forza o l'intelletto, ha origine nelle basi che regolano la natura stessa, e cioè l'istinto di sopravvivenza. Un istinto di sopravvivenza che si esplica in vari modi, dalla sopraffazione territoriale alla prevaricazione economica, per concretizzarsi nel concetto globale del "togliere per avere".
Così l'uomo va comportandosi con la natura stessa. Raggiunto un livello di bisogni che va oltre le reali esigenze di sopravvivenza, che passa attraverso l'abbondanza del cibo, la frivolezza dell'abbigliamento, il lusso dell'abitazione, si è innescato un percorso che coinvolge l'intera popolazione mondiale in una corsa alla omologazione. Se da un lato si va affondando ed allargando il solco che divide le varie parti del mondo, come anche le diverse componenti di ogni singola realtà sociale, dall'altro si assiste ad una uniformità di nuovi bisogni, che vanno ad insinuarsi anche in realtà socio-culturali distanti e contrapposte al modello dominante. Un unico modo di vivere sembra andare affermandosi sull'intero pianeta che si appresta ad approdare al terzo millennio.
Mentre l'attuale situazione segnala come motivo dominante dei pensieri umani l'affermazione del libero mercato, dentro al quale si cerca di ritagliarsi quel territorio da sottrarre da altri per esplicare la propria sopravvivenza, l'orizzonte è quanto mai scuro e tumultuoso. Lo sviluppo nell'unica direzione sta provocando tali e profondi cambiamenti all'interno dell'uomo, come all'interno dei meccanismi che, fragili ed incontrallabili, regolano la natura. Migrazioni bibliche traghettano disperati da tutto il mondo all'interno di società sature e vetuste. Culture millenarie che si sgretolano al cospetto dei nuovi modelli, ma che provocheranno contaminazioni tali e profonde da minare il modello stesso, impiantato su di una cultura alta ma mal diffusa, appartenente ad una esigua minoranza degli abitanti del pianeta. Il gran fiume di disperazione e fame si sta riversando in un piccolo mare, già intaccato da una situazione ambientale compromessa da errate politiche industriali, e quando la piena ne avrà riempito l'invaso, nessuno per adesso può o vuol fare previsioni.
Attorno a questa lotta intestina tra uomini in cerca di futuro, tutto viene coinvolto. Ma la ricerca di spazio per trarne i frutti per inseguire i propri bisogni ha anche altri confini. La natura è uno di questi, e l'uomo cerca di superarla, abbatterla, con la propria intelligenza, se così la si può chiamare, nel bene come nel male. I "PAPAVERI" che fanno da supporto nella realizzazione e costruzione di questo settimo frammento da portare come memoria del millennio che va tramontando, possono rappresentare uno dei confini esistenti tra l'uomo e la natura. Il papavero, per chi, come me, vive del lavoro della terra, è tra le erbe infestanti per antonomasia. Questo perché il papavero è un'infestante della cultura dei cereali, prodotto base dell'alimentazione umana. L'erba infestante è il nemico da combattere, quel male che non deve colpire la fase di produzione dei beni agricoli, perché ne comprometterebbe la quantità.
Già, la quantità, non la qualità. L'uomo esplica la sua capacità tecnologica e scientifica in campo agricolo soprattutto sulla strada dello sviluppo dei numeri. Se l'uomo ha fame di un prodotto, di esso ne serve una quantità tale da sfamarlo. Se poi, alla fine, questo prodotto è anche qualitativamente valido è un secondo aspetto, ma mai un problema. Sul mercato delle merci il prezzo è espresso in moneta per unità di peso. Una variabile come la qualità incide su questo prezzo in maniera molto relativa, per frazioni percentuali centesimali. La qualità ha quasi sempre influenze sui prezzi inferiore alla provenienza. Un sovrapprezzo di provenienza che spesso si vuol coprire da meriti la qualità, le famose denominazioni d'origine, ma rappresentano quasi esclusivamente il frutto di posizioni di forza di natura economico-politica.
In questo settimo frammento, che costituisce il superamento di un terzo del cammino di indagine su questo fine millennio, matura e mostra a pieno i motivi di fondo che giustificano e caratterizzano questa collana. Qui ben si evidenzia la complementarietà che esiste tra l'uomo e la natura, dove quest'ultima ciba attraverso il grano e gli altri prodotti della terra, l'uomo. Ma, a causa di motivi strettamente economici, egli non sopporta la presenza di erbe di natura infestante nei terreni coltivati, mostrando quindi al tempo stesso la sua contrapposizione alla natura, che combatte con sistemi capaci di annientarla o modificarla in direzioni imprevedibili e sconosciute. La produzione e la distribuzione delle risorse agricole sul nostro pianeta di questo fine millennio è quanto di meno solidale può realizzare una società. Impressionati, impauriti e travolti dalla piena degli uomini affamati che stanno percorrendo il mondo da un capo all'altro dei suoi mari, alla ricerca di una sussistenza fisica che prevarica e sopprime ogni altro suo bisogno, per adesso siamo capaci solamente di tenere gli occhi chiusi, in attesa del gran tonfo. Alla stessa conferenza mondiale sull'alimentazione, tenutasi a Roma nei giorni scorsi, è stata capace di accorgersi che la stragrande maggioranza degli uomini ha fame e che una piccola minoranza oltre a sprecare distrugge.

pensieri in foto
Ho già parlato delle diversità che esistono tra parola e fotografia nel campo della divulgazione del pensiero in un precedente frammento. Ma adesso torno volentieri a parlarne. Ho già affermato che questo, "PAPAVERI", è un frammento particolare, nel quale sto cercando di racchiudere tutti quanti i significati e le prospettive di questa collana, della sua volontà di completezza e valore artistico. L'idea del cofanetto nasceva da un'esigenza, completare con le parole ciò che mancava alle immagini, e viceversa. Tutto questo perché alle immagini fotografiche si collega il limite dell'incompletezza a causa della mancanza di vere e proprie convenzioni semantiche, capaci di dare ad una collezione un'unica, inequivocabile interpretazione di valore e pensiero.
Frammenti è nato anche sotto il presupposto di uno sviluppo da costruire con le influenze dei giorni che seguono. Mi trovo così volentieri a continuare in queste righe dialoghi che ho intrapreso e tessuto con i frequentatori di una mia mostra fotografica, con i quali abbiamo argomentato della fotografia, in merito alla sua realizzazione per la costruzione di un percorso di significati e messaggi. Abiurando per principio le cose fini a se stesse, la fotografia che non riesce ad andare oltre la sua perfezione estetica, fatta di tecnica e rigore, è da me considerata anonima ed insignificante nella creazione di una coscienza, e nello stimolo al moto di pensiero.
Considero chi si identifica ed apprezza quel tipo di immagini dei bravissimi artigiani, immensamente padroni della tecnica delle immagini, capaci di dare valore estetico a particolari soggetti, mestieranti di qualità. E queste parole devono essere lette per quello che vogliono significare, ciò un chiaro riconoscimento ad un lavoro importante svolto da molte persone. Ma per me la fotografia è anche altro. E' strumento del pensiero, capace di andare oltre la tecnica ed il mestiere, importantissimi, ma da superare per cercare di realizzare quello che le nostre emozioni imprimono sui nostri sensi. Certa scuola tecnica, fossilizzata su di un uso quasi standardizzato di elementi esterni come la luce e i colori, o pratici come fuoco e profondità di campo, purtroppo limitano la vera espressione. Espressione che non vuol assolutamente dire trasgressione, capovolgimento dei dettami tecnici, ma ricerca di un'immagine sempre equilibrata, che letta dall'osservatore riesce ad esprime il pensiero che l'ha motivata

Otto fotoFrammenti di papaveri cresciuti spontaneamente.
I foto-frammenti che propongo con "PAPAVERI" sono immagini raccolte in un giorno della primavera dello scorso anno, passeggiando per campi incolti vicino a casa mia, osservando questi magnifici fiori.





Come un mazzo, i papaveri del campo si offrono ai miei occhi. I petali aperti al sole, empi di colore e armonia.





I papaveri sono degli incolti fiori, dei luoghi marginali, dove l'azione distruttrice dell'uomo è più lieve e trascurata. Così essi sono liberi di crescere lungo i fossi, che ne rimarca la delimitazione.




Il papavero è fiore che annuncia l'estate. Tenero e delicato ha vita breve. Ma la sua pianta è capaci di creare un gran numero di fiori, che cresce in bocci chiusi, che lentamente schiude quando i petali sono del loro purpureo colore.





Il papavero è fiore leggero che il vento scuote ed agita con facilità. Basta una piccola brezza a far muovere questi esili steli, e scompigliare i vellutati petali.





Il campo incolto è un giardino fiorito, qui nascono spontanei un'infinità di fiori ed erbe. Dal livello del terreno fino alla sommità dei papaveri è una festa di colori e forme, tutte diverse tra loro, e tutte magnifiche.





E' un mare di natura, dove i colori si fondono tra loro, acquistando la consistenza di un unico, liquido strato. L'occhio ad un certo punto, nel gran caos delle forme perde il senso della realtà e riesce ad entrare nel magma dei colori.





I papaveri sono tantissimi, dal numero indecifrabile ed indeterminabile. Come una distesa carminia copre il campo intero, fino ai sui confini, la fila di alberi che chiude quel piccolo orizzonte da microcosmo.





Il papavero è vivo e splendido, se, sdraiati in terra, lo si guarda stagliarsi al cielo. Leggero e soave si gongola delle impercettibile brezze che il gran caldo del sole di tarda primavera richiama su quel campo fiorito.

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